
Ed il golazo. Quella parabola, prima ascendente e poi discendente, che finisce in rete. C’è tutto il Palermo, nel goal del mio eroe. Uno squadrone, tanto grande con le grandi e tanto piccolo con le piccole. Punti buttati al vento, che sanciscono un sesto posto che nell’era precalciopoli vale tanto, ma che poteva luccicare anche di più. I pareggi in trasferta con Juve, Inter e Roma, la vittoria all’Olimpico contro la Lazio, condita dalla perla di Zizou Zauli e poi la disfatta al Barbera della Zebra. Riguardando la schierata dei Rosanero, allenati da uno stratega di quelli proprio con i fiocchi, non emergono punti deboli: lo stesso Matteo Guardalben garantì un alto rendimento, nonostante le sue credenziali iniziali portassero del malcontento. L’approccio con le gare alla portata, per gli uomini di Francesco Guidolin, resta un limite quantificabile: ci costa infatti un posto in CHAMPIONS, ma non preclude comunque l’accesso storico in Europa. Considero questa vittoria il punto più alto toccato dal Palermo dell’era Zamparini. L’Italia doveva ancora scoprire l’ennesimo scandalo di questo sport e le conseguenze della crisi economica avrebbero indebolito i club più prestigiosi. I Bianconeri li abbiamo battuti più volte, come le milanesi e le romane. Ma la prima affermazione di prestigio, dopo più di trent’anni, ha un sapore diverso. Poi, la doccia fredda: l’ho sentito per davvero, garantito. ‘Non so se essere contento per la vittoria del Palermo o dispiaciuto per la sconfitta della Juventus’. Amen. La partita è finita, andate in pace. Questi, vadano pure al diavolo.
Davide che abbatte Golia, anche nel calcio, è la cosa più bella che ci sia, ma quel folletto con il numero 90 è stato proprio un gran bel giocatore. Ha da poco appeso gli scarpini al chiodo. Io, nel mio piccolo, appendo questo quadro. Nick Hornby, nel suo celebre ‘Febbre a 90’ (leggetelo, poi mi ringrazierete), ci lascia una testimonianza unica sull’amore che ci lega alla squadra del cuore: ‘Io sono parte del club, come il club è una parte di me’. È un legame indissolubile, che ci accompagna per tutta la vita. Ti fa gioire, soffrire, esaltare, disperare. E non ti lascia mai. Il vero tifoso lo sa: ha le settimane scandite da vittorie e sconfitte. È come una fede: comincia là dove la ragione finisce. Ma si possono amare due squadre contemporaneamente? Alcuni lo credono, anzi, vogliono farcelo credere. Sono tantissimi i tifosi palermitani della Juventus, questa Vecchia Signora che ha fatto della Sicilia lo zoccolo duro del suo stivale. Trent’anni di serie inferiori, per il popolo Rosanero, hanno fatto il resto. La storia è fatta di ricorsi, come il calcio: dopo tanti anni, torna finalmente un Palermo-Juventus, alla 23a giornata di una SERIE A che aspettavamo tutti come una manna. All’andata, fu un pareggione: quello che vorrebbero rivedere i tifosi con il cuore rosabianconero, così saranno tutti felici e contenti. È fortissima la formazione di Fabio Capello: vincerà il campionato in carrozza e sempre in carrozza, l’anno seguente, andrà in SERIE B. Sul biglietto di prima classe, ci sarà scritto: Calciopoli. Mentre sul copione di questo match, torniamo a Davide, che si prende tutta la scena. La noia porta sbadiglio e chi scende in un’arena non si cura della musica che vogliamo sentire: è lui che decide come ballarla e quella sera vuole farci ballare tutti. Al 12’, su una ribattuta difensiva, stoppa e calcia un pallone che ha un destino già scritto: traiettoria ad uscire, si alza e si abbassa, come fosse destinato all’incrocio. Ed invece, finisce nell’angolino. In porta c’è un fuoriclasse, ma lo sa anche lui: il fato è ineluttabile. Il boato che segue è assordante. Il piccoletto corre e porta la mano all’orecchio: sì, lo sente bene, sono tutti cuori Rosanero. Teneteveli tutti i vostri Golia, io mi tengo stretto il mio Davide, che il 05/02/2005, sul prato del Renzo Barbera, ha il volto e il piede sinistro fatato del mio eroe, Franco o Ciccio Brienza, che dir si voglia.
Dario Romano
ILPALERMO.NET