
Questo signore era decisamente meglio vederlo in maglia Rosanero, che trovarselo contro. Lo sguardo truce, con il suo vitis, il bastone di legno di vite in dotazione ai centurioni, sempre pronto a colpire duro. Mille battaglie col cavallo di battaglia: la rete. I difensori di allora lo sanno: il loro incubo aveva il volto torvo di Giorgio Lunerti. I miei precedenti, avevano le fattezze alabardate di Franco De Falco e svariate di Gigi Marulla. Che dipartita assurda, la sua: stroncato da una bibita ghiacciata. Leggevi le formazioni avversarie e scorgendo il loro nome raccomandavi il Palermo a Santa Rosalia. Lo stesso timore reverenziale, mi attanagliava con Lunerti, che cala da San Benedetto e mette a ferro e fuoco il girone meridionale della SERIE C, con mantelli diversi ma con lo stesso monologo: quello del goal. Monopoli, Turris, Benevento, Reggina, Foggia e se più ne aveva di più la metteva. Strano vedere le effettive realizzazioni rispetto alla memoria: la fama è gloria. Quando, nell’estate del 1990, arriva in rosa proprio lui dalla Campania Puteolana, si capì che la promozione sarebbe stata alla portata. E così fu, nonostante un inizio di stagione al di sotto delle attese, con l’esonero di Liguori avvicendato da Ferrari. Undici reti e missione compiuta. Il bomber ha continuato a seminare il terrore nelle aree avversarie, collezionando maglie e marcature. Un attaccante di categoria con il marchio del goal addosso. Palla in area, tra una selva oscura per lui limpida e cristallina. All’improvviso, la sfera schizza, come in un flipper. Con quelle gambe a colpire come il legno: di vite. Ha segnato Giorgio. Per una volta, non mi faceva paura.
Dario Romano
ILPALERMO.NET