
Una montagna di muscoli, una cresta di riccioli, una castagna come una bomba. Piedi non proprio raffinati: eppure, a volte, ecco il colpo ad effetto. Un lancio millimetrato ma, in seguito, un altro da piede quadrato: sarà il caso, sarà il fato. Su Roberto Biffi ho già detto, ma qualche parola in più, non guasta. Del resto, ci penso spesso, a quegli anni ad un passo dal calcio che conta. Strano: ci siamo andati più vicini quando il Palermo era soltanto quello dei picciotti. A difenderci, nella pugna sportiva contro i club del nord, un milanese purosangue. Che svettava in campo, con quel fisico da marcantonio, quell’incedere un po’ macchinoso e tuttavia, a tratti, elegante. Con qualche atteggiamento sopra le righe annesso, poiché il virgulto è anche un ossesso. Temperamento focoso, da capitano coraggioso. Uno che la gamba non la tirava di certo indietro, con tanto di gomitate e capocciate. Mazzate e sportellate in campo e occhio alla parola di troppo: si infiamma anche la sala stampa. Ma non fermiamoci all’apparenza. Piuttosto, a ciò che conta. Le presenze, inattaccabili. La presenza, manifesta. Si sente eccome la sua assenza: quella del giocatore simbolo, la bandiera della squadra. Il ‘doble ancho’, l’armadio a due ante che è sempre meglio stia dalla tua parte. E se qualche volta i circuiti di mille valvole andavano in tilt, poco importava. Prima o poi, partiva il razzo missile. Se nello specchio: inevitabile, ineluttabile. Era ‘Biffi gol’.
Dario Romano
ILPALERMO.NET