
‘Palermo-Casarano-4-1. Quattro reti di Musella: così, per inciso.’ La voce, è quella rassicurante di Paolo Valenti, che durante 90° Minuto ci comunica i risultati della SERIE C, GIRONE B. Il Palermo di Franco Liguori, al Provinciale di Trapani (la Favorita si sta facendo bella per l’imminente kermesse iridata), asfalta i malcapitati ospiti, grazie ad una prestazione da incorniciare del suo attaccante. All’anagrafe, Gaetano Musella: ma lo chiamavano ‘il genietto di Fuorigrotta’. Parte proprio da Napoli e dal Napoli, la sua parabola. Che tocca l’apice nella fase iniziale. Forse, troppo presto. Dopo il prestito in terza serie, al Padova, lo scugnizzo entra in scena al San Paolo. Dove ancora non hanno visto Maradona, ma il palato è fino già di suo. In attacco, spopola Claudio Pellegrini, capocannoniere dei Partenopei che vedremo al Palermo, nella disgraziata stagione 1985-1986. Quella che prelude alla radiazione, per intenderci. Una sola rete a referto, per l’ex Viola. Pellegrini porta il terzo di questo nome, ma sicuramente è una brutta copia dell’originale. Perché, dopo gli Azzurri, la punta, a cominciare da Firenze, ha sparato a salve. Musella, invece, le sue cartucce le ha ancora tutte da spendere: ci aggiunge anche i colpi ad effetto. Per questo, l’ho sempre reputato un fantasista, piuttosto che una seconda o mezza punta. Al Catanzaro, al Bologna: il talento è intatto. Lo score, però, a singhiozzo. Poco importa, poiché ti ci manda lo stesso, in porta. Piede destro raffinato, nel breve ti spiazza e sguscia, regalandoti quell’impressione che solo i campioni, sanno dare. Quando il pallone orbita dalle loro parti, sta per succedere qualcosa. E succede che dopo Nocerina ed Ischia Isolaverde, il folletto veste il Rosanero: luce per i nostri occhi. Ormai è un giocatore di categoria, ma in grado di fare quel che più conta: la differenza. Se in giornata di grazia, una sentenza. Come il 18/03/1990: chiedete al Casarano. Musella tocca quota undici, in una stagione da quinto posto e da secondo in coppa: contro la Lucchese, perdiamo ai rigori. Unica consolazione: il Palermo, almeno, torna a casa. Il capocannoniere, invece, saluta. Dispensa calcio ad Empoli, a Castellammare di Stabia. Con le Vespe, punge che è un piacere, come ai bei tempi. Lo scatto non è più lo stesso, ma la raffinatezza resta. Il Genio si concede un’ultima uscita a Latina, prima di intraprendere una nuova avventura. In Campania, da allenatore, le gira un po’ tutte. Puteolana, Sorrento, Casertana, Ercolanese. Poi Sanremese in Liguria e Campobasso, in Molise. Non è nulla di eccezionale, per Gaetano. Che il meglio lo ha dato in campo, dove avrebbe meritato uno scenario alla sua altezza. Quello del debutto, dove era iniziato tutto, è durato troppo poco. Ho sempre pensato che il dono del talento, se non sei proprio un fuoriclasse, possa raffinarsi. Allenarsi con altri campioni, carpirgli i segreti, i colpi da maestro. Chissà, con Diego a due passi, piuttosto che ad un passo, il tocco divino avrebbe fatto di Gaetano un mostro. Ma nessun rimpianto, per quello che poteva essere e non è stato. Tanto rammarico, invece, per come ci ha lasciato l’uomo. Con un alone di mistero. E con tanto di quel sapore amaro che si porta dietro. E allora, dal nero passo al rosa. Il dolce, me lo serve quella voce rassicurante: ‘quattro reti di Musella: così, per inciso.’
Dario Romano
ILPALERMO.NET