
La storia del Palermo è condita da attaccanti di valore: Radice, Di Maso, Bronée, Vernazza, Troja, De Rosa, fino ai nostri eroi del calcio moderno. Vito Chimenti fa parte della batteria: colpi assordanti, per ventinove volte in due stagioni. Ancora impressi, oltre ogni immaginazione. Echi lontani, che tuttavia hanno rapito per sempre i nostri cuori Rosanero. Scandendo una settimana dietro l’altra, contando i giorni per poterlo rivedere in azione. Per gli over 40, prevale sempre la nostalgia: l’appuntamento domenicale, le maglie immacolate, lo stadio una bolgia. Inutile negarlo: per gli appassionati, si stava decisamente meglio. Ma la retorica affonda, quando a sommergerla è l’evoluzione. L’avvento delle Pay TV e la legge Bosman hanno creato un altro calcio. Quello che ci fa vedere pure gli sputi e le gomitate. Tranquilli, da questo punto di vista non è cambiato nulla. Basta leggere le interviste dei vari Causio, Furino, Benetti: pizzicotti, sussurri, offese gratuite. Non oso immaginare cosa ha dovuto sopportare un monumento come Tonino De Bellis. C’è anche dell’altro: il doping ed il mondo corrotto delle scommesse, che hanno fatto sempre da contorno. E allora non è cambiato poi così tanto, questo calcio. Già agli albori, la guerra tra Pro Vercelli ed Inter sembra mondiale, rispetto alla punica tra Palermo e Frosinone. Ne sentiamo e vediamo soltanto di più, quasi ogni giorno. A rimetterci, soprattutto la tradizione: completini improbabili, colori abominevoli, commenti vomitevoli. E un campo verde riempito da giocatori che indossano maglie da ciclisti, con spalti sempre più vuoti. Chimenti no: maglia immacolata, la Favorita gremita. Esulta, abbracciato da chi ha indossato i nostri colori come una seconda pelle e sempre dietro le quinte. Vito regalava spettacolo ed emozioni. Trasmetteva quella purezza oggi perduta. Soprattutto, la metteva che era un piacere. In più, la bicicletta, ti faceva vedere.
Dario Romano
ILPALERMO.NET