EL CABALLO

CHRISTIAN LA GROTTERÍA

La progressione palla al piede. Sembra proprio un puledro, partito al piccolo trotto fino al botto finale. Una serie infinita di finte, impercettibili ma imprescindibili. Mi ricordano quelle del Divin Codino, quando ad Italia ’90 si beve i boemi a piccoli sorsi, fino a farci ubriacare. Roby esercita dei movimenti infinitesimali, che non lasciano scampo agli inseguitori. Dove andrà ed è già sgusciato via. Christian La Grottería fa lo stesso, ma nel suo piccolo. Poiché trattasi di un livello ben diverso, ovvio e ci mancherebbe altro: ma nel rivederlo, quell’andare continuo che parte dal torace e finisce negli arti inferiori, tipico dei campioni, mi si stropicciano gli occhi. Perché è la prima volta, nella mia vita. Il mio Palermo, finalmente, ha un diamante nella rosa. El Gaucho proviene dalla Pampa, portandosi appresso più di un soprannome, come la tradizione argentina vuole. Ed il secondo apelido, lo si apprezza di più già ad Ancona, la sua prima destinazione oltreoceanica. El Caballo è di razza purosangue: un fuoriclasse. Per la categoria, attenzione. A volte crescono, a volte si fermano: la dimensione, resta. Mentre l’universo continua ad espandersi ed il tempo scorre: anche per un cavallo al galoppo. Purtroppo, con una caviglia non proprio al meglio. Questo il limite del mio nuovo idolo e di migliaia di ragazzine. Christian è bello a vedersi: criniera al vento, fa del campo la sua prateria e ruba l’occhio, fino al traguardo agognato. Quel pallone dentro o fuori a fil di palo, per un soffio. Lui ha dato tutto mentre, per un attimo, mi sento più all’ippodromo di fianco che allo stadio. Il preludio ad un viaggio più avvincente: questo, è appena cominciato. Il nuovo secolo, per il Palermo, è come un Big Bang. Si parte proprio da qui, dagli investimenti di Franco Sensi. Salvati per il classico rotto della cuffia e destinati a trionfi neanche lontanamente immaginati. Christian è la ciliegina di una torta ancora tutta da impreziosire. Scalpita presto, il giovanotto. Che rinuncia all’università per scegliere il calcio. Gimnasia e poi Estudiantes, il club delle streghe: La Bruja e La Brujita Verón. Le origini calabresi aiutano il virgulto a calarsi nella parte: ai Los Pincharratas, oltre al talento, serve sangue caldo. La garra, qui, è di casa. La realtà, però, è un’altra cosa. Christian non è ancora un professionista e per sbarcare il lunario tira, di fatto, la carretta. In serie cadetta, tra le due San Martín, di Mendoza e San Juan. Fioccano reti e l’occasione di una vita: un viaggio di sola andata per l’Italia. La Grottería firma per l’Ancona. Due stagioni in terza serie, caratterizzate entrambe da un epilogo vincente: una salvezza ed una promozione ai playout e playoff. A condire il tutto, le dodici marcature dello straniero. Che in Sicilia cancella in un colpo solo i ricordi dei vari Hoop e DittgenSensi sborsa due miliardi da record e rinnova la tradizione Albiceleste in salsa Rosanero. Il Totem resta Ghito Vernazza, la bocca si spalanca con El FlacoLa JoyaEl Mudo e tutti muti. Intanto, non sapendo, ci accontentiamo del Caballo. Che è tanta roba, si avverte nella serata di gala. Alla Favorita si asfalta il Catania e Christian impazza: troppo forte, quel Palermo, spentosi fino a sciogliersi in un finale al fulmicotone. Una promozione per cuori forti. Il pezzo forte, si manifesta ai livelli più consoni. C’è una Bomba tremenda, nel team di Bortolo Mutti. E c’è soprattutto lui: La Grottería. In stagione, il suo nome vuol dire capocannoniere di una squadra niente male. Undici marcature, arricchite dai giochi di prestigio di un reparto avanzato da urlo. Che nervi, quando lui non gioca oppure non è al meglio. Ho sempre avuto la sensazione che, tirato a lucido, avrebbe fatto ben altra carriera. Che invece si attesta su un calcio minore. Al culmine del suo splendore, il sogno ad occhi aperti svanisce: perché ci sono anche i fulmini a ciel sereno. Il Rosanero dell’argentino mette nel conto anche l’amaro. Un’auto che brucia, pettegolezzi sopra le righe, di quelle lasciate a libera o dubbia interpretazione. Io mi fermo a quanto visto: tra un goal, una giocata da slogare la mascella, una ciccata dopo l’ennesima cavalcata. Varrà lo stesso per i tifosi del Padova, della S.P.A.L. e del Bassano. Dove arriva il fatidico chiodo ed inizia l’avventura da dirigente e allenatore. Christian non lascia l’amato calcio, fino al galeotto amore che lo destina a Padova, a due passi da me. Il bar Kolar, di sua proprietà, val bene una caffè. Ed un semplice ‘grazie’, al Caballo che mi fece impazzire.

Dario Romano
ILPALERMO.NET

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