
L’annata dell’esilio, con una promozione sfuggita per un soffio. Difese arcigne, mura ciclopiche che soltanto un Gigante può scavalcare. Undici colpi posson bastare, per scardinare le porte e rinnovare speranze: fino all’ultimo secondo. Quell’urlo di Guido, l’ultimo, che purtroppo non arriva. Segnava sempre lui: Gaetano Auteri. Prelevato dal Monza, l’avversaria che ci toglie la doppia soddisfazione: nella stagione della rinascita, l’unica delusione è riservata alla coppa di categoria, sfuggita all’ultimo atto. Forti i Brianzoli, che annoverano tra le loro fila anche un giovane attaccante dal futuro assicurato: Pierluigi Casiraghi, un predestinato. Il destino di Auteri, invece, è la maglia del Palermo. Un peccato, non averlo ammirato all’ombra del Pellegrino. Il suo teatro, sarà il Provinciale di Trapani: poco male, a conti fatti. Conti che tuttavia non tornano. La matematica non è un’opinione, quindi i numeri non possiamo metterli in discussione. Ma invitano ad una riflessione: il calcio è cambiato. Se più bello o più brutto, dipende dai punti di vista. Gusti personali differenti, ma convergenti su un unico accordo: il calcio di una volta, apparteneva proprio ad un altro mondo. Non mi riferisco allo spezzatino, ai completini macchiati, alle rose troppo ampie, all’invasione straniera. Su certi aspetti, preferisco non pronunciarmi: su altri, posso soltanto disperarmi. Ma resto ad interrogarmi sul valore dei numeri, che vanno pesati correttamente, anche in base al periodo storico preso in considerazione. In sintesi, ritornando ad Auteri: quanto valgono undici realizzazioni in un’intera stagione, se paragonate alle marcature di Matteo Brunori. Senza dimenticare Edoardo Soleri, che è a quota sette e potrebbe chiudere il torneo attuale in doppia cifra. L’attaccante in prestito dalla Juve è ad appena quattro marcature da quota venti: può raggiungerla eccome, considerando che mancano ancora una decina di gare da disputare. A partire dal nuovo secolo, Luca Toni ha ridefinito il concetto di attaccante prediletto: mi fermo al Rosanero, poiché ha continuato a metterla ovunque e comunque. Trenta marcature in cadetteria, venti nella massima serie: inarrivabile. E allora, perché le realizzazioni di un Auteri, sembravano così tante ed invece non lo erano affatto: questione di peso, spiccioli d’oro. Andando a rivedere i risultati prevalenti a quei tempi, salta subito un dato agli occhi. Occhiali spessi così, con reti bianche col ruolo preponderante. Si segnava poco, in un calcio caratterizzato dal catenaccio, dalla difesa e contropiede che nel Belpaese è stato dogma e manna per successi insperati. Oggi si potrebbe dire che ci ha guadagnato lo spettacolo: partite più avvincenti, spazi da aggredire come prede assetate di sangue. E così, i numeri che possiamo analizzare pure nelle serie maggiori, finiscono con l’impallidire. Lo score di Maradona, Platini o van Basten, al cospetto di un Immobile. Per non parlare della Pulce o di CR7: gli extraterrestri dei tempi moderni. No, Ciro non è più forte del Pibe, di Le Roi o del cigno di Utrecht. Ha soltanto a disposizione più verdi praterie. Quelle che, in tutte le categorie, erano più spelacchiate e affollate. Per questo lo ‘Special One di Floridia’, che in panchina si è creato il suo nuovo mondo, nel nostro che era ed è tornato piccolo, resterà sempre un Gigante. E chi si dimentica l’urlo di Monastra: amorevolmente assordante.
Dario Romano
ILPALERMO.NET