
Sono passati quattro anni dal cambio di denominazione della competizione: il torneo per eccellenza dello sport più amato e seguito del Belpaese passa da DIVISIONE NAZIONALE a SERIE A. La formula del GIRONE UNICO è la vera rivoluzione: coinvolge tutto lo Stivale in gare di andata e ritorno. Per i tempi, non proprio comodo: stretta e lunga, l’Italia, unita da un pallone a miracol mostrare. Potrebbe bastare, se non fosse per i venti di guerra all’orizzonte. Distraiamo le masse, presto inorgoglite da un cielo sempre più azzurro: il calcio è anche questo. Senso di appartenenza, campanilismo, ma ormai anche propaganda. Lo scopo dei più grandi: aggiudicarsi la coppa, di stile imperialista, che vedete in bella mostra. Non poteva essere altrimenti: felici e contenti, coloro che possono partecipare per la prima volta. È il caso del Palermo, che ha dominato la serie cadetta e debutta. Esito amaro: il dolce arriverà, più buono del previsto. I Rosanero mostrano nel petto un’aquila di tutto rispetto. Non è il logo ufficiale, che resta quello romboidale, davvero niente male. Ma a prevalere, sono i Leoni. Le Bianche Casacche non vivono più l’epoca d’oro, chiusa dieci anni or sono. Ma annoverano un virgulto dal futuro assicurato: il giovanotto da tenere d’occhio si chiama Silvio Piola. Non è il solo lungagnone a spiccare sul terreno di gioco: dalla parte opposta, figura ‘Il Vichingo’. Il brianzolo Carlo Radice, che ha trascinato il Palermo a suon di reti e per i vercellesi rappresenta il pericolo pubblico. Ad innescarlo, il nuovo arrivato: mica uno qualunque. Héctor Pedro Scarone Beretta è un campione. Certificato dal titolo iridato da poco conquistato, ma soprattutto per la fama che si porta appresso. A cominciare dall’apelido, che per un sudamericano vale quanto un passaporto. Lui è un grande: a detta di Giuseppe Meazza, semplicemente il migliore. E quindi i soprannomi si sprecano: ‘El mago’, ‘el Gardel del fútbol’, ‘la Borelli’. Sui primi due, facile giungere a semplici conclusioni. Sul terzo, emerge il capriccio: l’uruguayano è un fuoriclasse, ma oltre la ‘garra’ c’è di più. Dalla diva del cinema alla dea Eupalla, il passo è breve, ma Scarone è un colpo che vale da solo il prezzo del biglietto. Un pezzo da novanta, messo a disposizione dalla sagace opera del duo Barresi-Municchi: il Presidente ed il Direttore Sportivo di un Palermo ben attrezzato, dopo il salto in alto. Nel reparto avanzato, un punto fermo è l’argentino Américo Ruffino. Il tango, dalle nostre parti, da tentazione diverrà tradizione. L’ungherese Gyula Feldmann schiera i rosa con il ‘metodo’: è il modulo in voga. Archimede Valeriani in porta, in difesa due terzini d’antan, che non arano la fascia: Plinio Paolini e Luigi Ziroli. Guglielmo Piantoni e Alessandro Gambino i mediani, con Gennaro Santillo al centro. La cavalleria è tutta in avanti: lo stesso Radice, Giovanni Chiecchi, ovviamente Scarone, Ruffino e Antonio Blasevich. Origine jugoslava, vanta novanta gare e quaranta reti con l’Ambrosiana. L’ex nerazzurro, è un altro fiore all’occhiello. Non figura uno dei protagonisti indiscussi, per questa prima: si tratta di Ettore Banchero, già in campo al secondo appuntamento. L’attacco non è statico: tutt’altro. Anche i ruoli, spesso, svariano: puoi immaginare come punta avanzata Radice, per le caratteristiche fisiche da torre ed ariete. Ed invece, capita che giostri sulla destra: era il calcio di una volta. In Piemonte il Palermo tiene per più di un tempo: poi crolla nella ripresa. Le cronache raccontano di una prestazione all’altezza, ma si paga lo stesso il dazio. Nella ripresa, la Pro passa con Depetrini e Degara. Non segna Piola: non è ancora una notizia. Che arriva da Alessandria: cade la Juve, quella del ‘Quinquennio’. In Piemonte, il ‘Quadrilatero’ non è più forte come una volta: ma batte ancora. I Rosanero sono attesi a Roma, sponda Lazio: poi un altro debutto, nel nuovo Littorio. A Palermo, per il calcio, c’è un nuovo teatro. Ed una squadra nel salotto buono.
Dario Romano
ILPALERMO.NET