
Prima o poi, doveva capitare. Più di ottant’anni di storia, la metà trascorsa per buona parte nei piani alti. L’attico mai raggiunto, ma un posto nel palazzo buono è spesso guadagnato. Ogni tanto, si è spesso sognato, anche più del dovuto. Ma quando l’ascensore non sale più, prima o poi ti manda giù. E arriva l’onta della prima retrocessione del Palermo dalla serie cadetta. La disdetta, si materializza dopo una salvezza per il rotto della cuffia. Gianni De Rosa saluta: il bomber lascia il promontorio per un vulcano. Dal Pellegrino al Vesuvio, il passo è un addio più deleterio del previsto. Per sostituirlo, arriva un giovanotto che di primo acchito sembra uno straniero. Ma Hubert Pircher è italiano: nato a Bressanone, il virgulto pare un predestinato. Paga qualche infortunio di troppo, ma debutta col botto in quel di Bergamo. Il rodaggio è spesso interrotto, ma il coraggio non manca: alla prima occasione in massima serie, trova la rete e più di un estimatore. Dall’Atalanta all’Ascoli, l’attaccante mostra di saperci fare, soprattutto se tirato a lucido. Sei marcature in pochi mesi gli valgono un presunto viaggio premio in Spagna. Pensateci: se non fosse stato per la pubalgia che lo rimette ai box, al posto di Franco Selvaggi il ‘Vecio’ avrebbe insignito, suo malgrado, proprio Pircher del titolo di campione del Mondo. Il destino, però, gli riserva altro: ovvero, il Palermo. Gustavo Giagnoni è reduce dal flop col Cagliari. Il tecnico sardo scende in B ma cambia isola. Le premesse sarebbero allettanti: la squadra è valida, l’ambiente bello caldo, in tutti i sensi. Dovrà fare a meno del colbacco che lo contraddistingue, ma anche dei buoni propositi. Si parte male con l’eliminazione in coppa, dove fa ancora bella mostra il mitico sponsor VINI CORVO. Il nuovo, Pasta Ferrara, non porterà fortuna. L’inizio del campionato, invece, è meno sconfortante. Reti bianche a Trieste, debutto in casa di misura sulla Sambenedettese. La porta è inviolata, fino alla terza: il ritorno in Sardegna costa la prima sconfitta, cancellata dall’affermazione contro il Catanzaro. Si segna poco, si subisce ancora meno. Segnali incoraggianti, fino a quando il Palermo ingrana la quarta ed inquadra la porta che è una bellezza. Cinquina al Pescara, due reti alla Pistoiese con Pircher protagonista. La difesa è il punto forte: in trasferta, non si fa voce grossa ma si tiene e basta. E potrebbe bastare, per sognare in grande. Quando, a Dicembre inoltrato, Gianni De Biasi la sblocca in zona Cesarini col Campobasso, i Rosanero salgono addirittura al quarto posto. Dopo, cambierà tutto: perché il Palermo non vince più. Fino a Marzo, quando si strappano due punti all’Empoli. Il reparto difensivo si è fatto colabrodo, la Favorita da fortino a terra di conquista ed in trasferta è spesso bandiera bianca. Il cambio al timone è ormai inevitabile: a Giagnoni, subentra Graziano Landoni. Al cuor non si comanda: l’ex regista dei rosa è un palermitano adottato. Prova la scossa: a Cava, il vantaggio di Massimo De Stefanis arriva vicini allo scadere. C’è un rigore nel finale: per la Cavese, trasforma Roberto Amodio. Giuseppe Volpecina vive una stagione particolare: incide sotto rete, a dimostrare che a mancare è proprio lo stoccatore eccezionale. Il capocannoniere sarà De Stefanis, che arriva a quota undici. Non bastano, come qualche bugia che Giampaolo Montesano ci riserva ancora. Fino alla farsa di Cremona: tre reti per parte che destano più di un sospetto. Fatale il pari col Cesena, inutile la vittoria finale col Monza. Un punto in meno equivale al baratro. La classifica è cortissima: Atalanta, Como e Cremonese staccano il biglietto, ma senza impressionare più di tanto. Tra i Rosanero ed i Grigiorossi, giunti al terzo posto utile per il salto, il distacco è di undici punti: non sono molti. Pistoiese, Cavese ed il Catanzaro fanalino, ci fanno compagnia al piano più sotto. Io, piango a dirotto: negli anni ottanta, ne vedrò di tutti i colori. Gioie e dolori: non potrebbe essere altrimenti. La storia è scritta da quei colori: dolce e amaro. Scoprirò il senso della mia passione: nel calcio, la serie non conta. Anche dopo l’onta: non sarà nulla, al confronto di un incubo dietro l’angolo.
Dario Romano
ILPALERMO.NET