
Quando Matteo Brunori sbarca a Palermo, non pochi esprimono il proprio malcontento. Del resto, dopo l’addio di Lorenzo Lucca, ci si sente depredati di un tesoro venuto improvvisamente allo scoperto e presto monetizzato per giusta causa. Impossibile trattenere il nuovo lungagnone: ce ne siamo fatti una ragione. Il nuovo arrivato non sembra proprio l’attaccante di categoria tanto invocato: l’italo-brasiliano di proprietà bianconera ha l’età giusta per una completa maturazione, ma i numeri non sono dalla sua parte. L’ultima stagione con l’Entella lo dimostra: la mette soltanto tre volte. Il resto della carriera parla di un buon intermezzo all’Arezzo e poco altro. E sì, Pietro Cianci sarebbe stato meglio: anch’io ci casco, ma ho preso un abbaglio. Poi ci si mette anche Giacomo Filippi, che in conferenza stampa sembra spararla grossa: per lui, Matteo è l’attaccante più forte del torneo. Punto e accapo: poi, si apre il cielo e non solo. Perché il nostro entra in gioco dopo il terremoto, quando dall’alto comincia anche a piovere. Con il ritorno di Silvio, l’avvento: perché il portento si materializza con una carrettata di reti. I meriti di Baldini vanno riconosciuti: gliene diamo atto e lo faremo a tempo debito. Intanto, commento il momento d’oro che sta vivendo il giovanotto: che trasforma in oro tutto ciò che tocca. Una dote innata, ammirata con un’altra rivelazione sbocciata all’ombra del Pellegrino. Anche Luca Toni, con i Rosanero, è esploso. Il lungagnone per eccellenza è stato il capostipite dei grandi centravanti e di tutti coloro che gli gravitavano intorno, nel Palermo di inizio millennio. A parte i numeri, che con Brunori impongono il rispolvero del pallottoliere, le differenze tra i due si sprecano. Le categorie c’entrano fino ad un certo punto: sono le caratteristiche a porli su due piani diversi. Più finalizzatore il primo, autentico panzer dell’area di rigore e opportunista al punto giusto: un po’ come il compianto Pablito. Gianni Agnelli, quando non si distingueva chi avesse avuto la meglio nel metterla dentro, ha confessato che non ci voleva molto a risolvere l’arcano: ha segnato Rossi. Sul pallone sporco, anche Luca ci passava una pezza: ed ecco la palla filosofale, l’invenzione dell’attaccante fenomenale. Gerd Müller e Pippo Inzaghi appartengono alla stessa pasta di cotal fatta. Ma Matteo no, è un’altra roba. Emersa in terza serie, ma che ci vuoi fare: il calcio ha diverse latitudini ed altrettante declinazioni. Non voglio fare paragoni, ma tra eroi della stessa maglia posso trarre le mie conclusioni. Giochi e voli pindarici che svelano cosa sto pensando, quando chi mi sta accanto se lo sta chiedendo: vaglielo a spiegare. Tanto, non possono capire. Che venticinque marcature nella stagione regolare e le altre che ci stan facendo sognare, ti fanno vacillare. Dove può arrivare, Brunori: un giocatore che non vive soltanto nell’area di rigore, ma svaria su tutto il fronte. E lo fa da par suo: rendendo semplici le giocate più difficili, a miracol mostrare perle incastonate che resteranno scolpite. Gli avversari come birilli, saltati con pallonetti e giravolte non fini a sé stesse. Perché il talento non è riservato al tocco morbido, al colpo ad effetto. Matteo la chiude di giustezza: con una bomba, una botta all’incrocio, uno scavetto. Non c’è un marchio: ma un repertorio completo. E quando non è cosa, non si dà per vinto: cambia gioco, cerca lo scambio. Vuoi che succeda qualcosa e allora lancialo: in campo aperto o attorniato, San Matteo è ispirato al punto che fermarlo è proibito. Una trasformazione che potrebbe avere più di una spiegazione: lui ci crede e tutti credono in lui. La motivazione non è tutto: c’è anche la tattica. Chi lo supporta, usufruisce degli stessi spazi che lui dona. Se ne sono avvantaggiati tutti, dalla trequarti. Dove luccica un astro immenso. È questo che penso, del ‘mostro’. Di quel volto da bambolotto con il taglio mai scomposto. Forse, avrà un pettine nascosto. Probabile, ma scherzo, perché non la prende quasi mai di testa: non è un limite. La capoccia, fuori area, serve più che altro a pensare. Calcio, ma quello di alto livello. Dove vorrei continuare ad ammirarlo: ovviamente, con la maglia giusta addosso. La casacca, come si diceva una volta, rigorosamente Rosanero: son questi i colori, per Matteo Brunori.
Dario Romano
ILPALERMO.NET