
Quando il gioco si fa duro, occorre che i duri comincino a giocare. C’è una rosa da sistemare, per realizzare il minimo sindacale. Una piazza come Palermo non può stare in terza serie. Succede: perché, a volte, al peggio non c’è fine. Dopo la rinascita, per compiere la missione, il Palermo di Giovanni Ferrara si affida ad una sporca dozzina: ovviamente, nel senso buono del termine. Guardate: quei volti scavati, concentrati su un unico obiettivo. Gente, qui non si passa: abbiamo fretta. A Franco Liguori si affida una truppa di prim’ordine. Il ritorno, innanzitutto, di Giacomino Modica, talento precoce in origine e adesso pronto e maturo al punto giusto. Un giocatore di altra categoria: per il terzo gradino del calcio nostrano, un lusso. Silvio Paolucci e Giorgio Lunerti rappresentano una garanzia: il primo serve ad allargare le maglie strette delle difese arroccate, il secondo per le stoccate. Un centurione, Giorgione: dalla Campania Puteolana arriva con furore e saranno reti, di quelle pesanti. La difesa è collaudata, con Roberto Biffi lancia in resta tra i vari Pietro De Sensi e Giampiero Pocetta terzini e Fabrizio Bucciarelli nel mezzo. Il centrocampo è in buoni piedi (Massimiliano Favo e Rocco Cotroneo mordono e rilanciano), l’attacco punge sulle fasce (alla opposta di Paolucci ci pensa Donato, ad aprire i Cancelli) e azzanna l’area col centravanti di turno. Se non c’è Giorgio, ecco Sandro. Cangini è un cavallo: a volte dal piccolo trotto, a volte purosangue. Se tirato a lucido, non conosce ostacolo. In regia, regna Sua Maestà: la mia ammirazione per Modica è così svelata. Una corazzata, questa schierata in salsa Rosanero degli ‘Angeli dalla faccia sporca’. Eppure, mai dare nulla per scontato, nel calcio. L’amichevole con la Juve è un omaggio a Totò Schillaci ed alle notti magiche. Paolo Alberto Faccini va a segno e poi al Baracca Lugo: la classica toccata e fuga. Un assaggio di Roberto Baggio, di un altro livello e mi accontento. Poi, ci si cala nella parte che ci tocca, ma l’atmosfera si fa cupa: questo Palermo, non ingrana. Strano, perché l’inizio non è male: Siracusa battuta alla Favorita e vittoria sul campetto del Nola. Ma è il Catanzaro a far scattare l’allarme: tre schiaffi seguiti dal pari a reti bianche in casa con la Torres. Per la dirigenza, occorre una scossa. Ed ecco il ritorno di Enzo Ferrari. Da giocatore, autore di una stagione, tra le altre, da incorniciare. Cambio al timone e si cambia marcia. Parte indenne dalla città del Palio un cavallino rampante, che ne vince cinque e pareggia anche a Perugia. Poi, cede al Cibali e riparte da par suo. Eppure, il finale del girone e l’inizio del ritorno fan gridare allo scandalo: vuoi vedere che lo squadrone si scioglie come neve al sole. Giusta, l’impressione, ma stavolta si fa quadrato e si rinuncia allo scossone: nonostante un rendimento altalenante, che rischia di mettere ancora tutto in discussione. La verità è questa: regna l’equilibrio. Puoi vincere o perdere contro chiunque e puoi arrivare in vetta come precipitare in fretta. Campania, Battipagliese, il Catanzaro penalizzato di tre punti fatali e la Torres non evitano il baratro, ma tra il Giarre salvo a quote trentadue ed il Casarano terzo a quaranta, contiamo soltanto otto punti di differenza. Dietro la capolista Casertana, la spunta proprio il Palermo. Che ha messo abbastanza fieno in cascina da resistere alle vacche magre. Dopo l’inopinata sconfitta di Battipaglia, che segue la disfatta di Caserta, bastano tre vittorie e cinque pari per staccare l’agognato biglietto per il torneo cadetto. Cinque anni di assenza, dal calcio che meno conta ma che da queste parti contava eccome. E due partite che ti restano nel cuore: il tre a zero al Catania ed il pari con l’Andria. In una Favorita stracolma e piena di gioia. Riguardo il derby di ritorno contro gli etnei, rifatevi pure gli occhi: c’è il Tubo, a racchiudere il ricordo. Di un agognato salto in alto e poi di un viaggio: nel tempo.
Dario Romano
ILPALERMO.NET