UN’ALTRA ATMOSFERA

L’erba è sempre più verde, al Barbera, dove si respira un’aria nuova. Il merito, è di tutti. Di Dario Mirri, soprattutto. Che ha preso il Palermo all’Inferno e lo ha riportato in Paradiso. Non siamo ancora dove si tocca il cielo con un dito, ma oltre l’atmosfera c’è una galassia tutta da scoprire e ne facciamo parte. Altro che Tuttolomondo: era appena ieri. Un battito di ciglia e dall’incubo siamo passati al sogno: con la differenza che si può toccare, giorno dopo giorno. L’addio controverso di Silvio, non sembra possa lasciare il segno più di tanto. È questo, il segnale che si evince dalla prima affermazione stagionale di un campionato spettacolare: per il blasone, le aspettative, le rose delle protagoniste. Contro il Perugia, il contraccolpo del fulmine a ciel sereno che ci ha colpito a fine Luglio, ha emesso più che altro il solito tuono: un rombo, ma non di centrocampo. Lo chiamavano centrattacco, poi centravanti, infine prima punta: per il Palermo, un diamante, quel nome da segnare col pennarello. Semplicemente, Matteo Brunori. Che acquisita consapevolezza dei propri mezzi, ha trascinato tutti quanti: a partire dai suoi alfieri, Floriano e Valente. Un rendimento più convincente da una benedetta primavera ad un’estate calda. Un lavoro immenso, quello del tecnico di marmo: il suo percorso, ha visto trasformare in oro un materiale apparso fin lì soltanto grezzo. Ma il lascito si tocca ancora con mano: balza agli occhi quella mentalità vincente che non si apprende: un po’ come il talento. Prendi l’arte e mettila da parte. Poi la manna, che abbonda: un’eredità tutt’altro che pesante. I Rosanero di Eugenio Corini sono apparsi motivati, quadrati, corti, in palla, in forma. Nonostante un caldo pazzesco, hanno retto fino in fondo. Mai speculando, ma cercando di chiuderla il prima possibile. La palma di migliori in campo, spetta agli autori delle due reti, ma tutto il complesso messo in campo dal Genio ha suonato una musica soave. Pigliacelli è un giocatore di movimento aggiunto: gli uomini di Castori, già in inferiorità numerica, sembra abbiano giocato in dieci contro dodici. Col pubblico, facciamo tredici. Mirko coi piedi ci sa fare: lo abbiamo visto sventagliare con disinvoltura, scegliendo spesso Sala, ma anche dialogare nello stretto coi compagni di reparto. Ottima l’intesa con Nedelcearu: i trascorsi dell’estremo difensore a Craiova fanno sì che parlino la stessa lingua. Qualche imprecisione per Buttaro, fra i più incornati dal Toro, ma il terzino mi ha ulteriormente impressionato. Il giovane, mostra personalità e corsa. L’egoismo non lo tradisca: la prossima volta, non tirerà in porta, se l’alternativa saprà di sfera in banca. Damiani una conferma: un settepolmoni di quelli che servono come il pane. Ma, a giganteggiare, è stato Broh. Il suo ritorno, come un acquisto col botto. Onnipresente, instancabile: un leone indomabile. L’ennesima nota lieta, è riservata ad Elia. Tale padre, tale figlio: diciamo anche meglio. E non è finita: perché Stoppa, gettato dall’allenatore di Bagnolo Mella nella mischia, mostra di che pasta è fatto. Gli accostamenti col Vasari, li lasciamo ai posteri. Ai nuovi arrivi, attesi con fermento soprattutto per il reparto di mezzo, il più scoperto, spetta il compito di alzare ulteriormente l’asticella. Purché si calino nella parte: perché, nel calcio, è la mentalità a fare la differenza. Per quel che ci riguarda, non ci resta che metterci comodi: tra gli spalti di un impianto destinato al rinnovo, di un centro sportivo nuovo di zecca. Non è fantascienza: abbiamo visto cose che voi umani…ma i tempi dei Zamparini e dei ricchi scemi son finiti. Nella stanza dei bottoni: oro, incenso e Mirri. E al Barbera: tutt’altra atmosfera.

Dario Romano
ILPALERMO.NET

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