
Non erano i Kiss, ma la banda del Palermo. Che, ogni tanto, suonava anche il rock. Tra tutto quel ben di Dio col cuoio capelluto, spicca Rosolo. Figlio d’altri tempi, ma tranquilli: non dei fiori. Perché il virgulto, in campo, morde come pochi. Il destino di una vita da mediano: utile, all’occorrenza, anche in retroguardia. Mossa sprecata: perché è la corsa, il suo punto di forza. La carenza, il tocco di palla: poco importa. Il resto della truppa, è baciata dal talento. E dopo un quattordicesimo posto, si sfiora il salto in alto: ai Di Cicco, Volpecina, De Stefanis, Lopez, Montesano e La Rosa, si aggiunge De Rosa. E non è la stessa cosa: il Palermo, vola. Sospinto in un primo tempo dallo sciagurato Egidio, il team allenato da Nando Veneranda ha proprio nel centrocampista cremonese il più presente e nell’ex attaccante dei Rossoneri la punta di diamante. Li schianta pure, a dimostrazione che le leggi, nel calcio, contano. Poi arriva Gianni: ebbene, contano anche i numeri. Mimmo Renna ha tanta manna: la banda suona, le prende talvolta, ma lo spettacolo è assicurato. In tutto questo, Rosolo ha la sua parte non indifferente. Ci mette del suo, con quella corsa matta manco fosse Furia: ed urla, al cospetto del cannoniere d’eccellenza. Vuole De Rosa nel cuore dell’area, del Verona. Ma il calcio è anche istinto: Gianni lo sa, dove arriverà quel pallone. Prima dalle sue parti, poi dritto in porta. Una bomba. E la Favorita può esplodere. Bandiera del Varese, da cui proviene e dove chiude, almeno a certi livelli, Rosolo resta un’icona anche del Palermo bello dei primi anni ottanta, dove mette anche la sua firma con tre reti. Due campionati diversi, ma con un elemento inconfondibile. Son passati quarant’anni: dici Vailati e tutti sanno, di chi stai parlando.
Dario Romano
ILPALERMO.NET