
Il decennio che lascia il segno: gli anni ’70, tutti d’un fiato. Da lasciarci a bocca aperta. Semplicemente, l’era Barbera. La morale, sempre quella: gigantesca, con tanto di pugno allo stomaco. Altro che farfalle: il senso di profondo rispetto che ti assale e ti fa provare amore per il Presidentissimo che non hai mai conosciuto: è un sentimento ricambiato. Ci ha portato a lezione, condotti con una mano nella mano e con l’altra nel cuore. Cuore Rosanero, autentico e tremendamente sincero. Renzo valorizzò giovani siciliani come Trapani, Arcoleo, Troja, Vullo, Borsellino ed essendo appassionato di altri sport fece del Palermo una polisportiva, come l’illustre e nobile, in tutti i sensi, Principe Raimondo Lanza di Trabia. Un personaggio caratterizzato da uno stile d’altri tempi e connotato dall’amore verso i colori del club, specchio riflesso di una città intera. Il tutto a sue spese, andando anche oltre le proprie possibilità. Come la squadra stessa, promossa e retrocessa, ma capace di raggiungere due finali di COPPA ITALIA con l’etichetta di cadetta. Quella coppa maledetta. Scippata e rubata oppure rubata o scippata poco importa. Gettata comunque al vento, perché a volte il cuore non riesce ad andare oltre l’ostacolo. L’ultimo dei Gattopardi ci ha raccontato, con le lacrime agli occhi, che cosa non avrebbe mai dimenticato: il pianto dei tifosi che rientrano moralmente a pezzi, sul traghetto della speranza e dell’amarezza. Dario Mirri ha sempre dichiarato che al primo posto, nel Palermo di Hera Hora, avrebbero contato soprattutto le certezze morali. Abbiamo visto di tutto, salendo fino in paradiso e scendendo nel baratro dell’inferno. Adesso, ci tocca una sorta di purgatorio, ma con base solide come mai dalle nostre parti. Dove vincere non sarà l’unica cosa che conta. Buon sangue non mente, ovviamente. Ma quanto ci manchi, Presidente.
Dario Romano
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