LA COPPA SCIPPATA

Clamoroso al Cibali. Il vantaggio, firmato Ignazio, dura soltanto un minuto. Il giorno della Befana, a Catania, vale un punto. Ma non mi cruccio più di tanto. Varese, Ascoli, Ternana, perfino il Como (che chiuderà al quarto posto e quindi non sarà promosso), hanno dimostrato un altro passo. Settimi in graduatoria finale e andiamo comunque a sognare. Perché Fiorentina, Juve e Lazio hanno pagato dazio e siamo all’atto finale. È la prima volta, è la prima disdetta, di una coppa maledetta. Ai posteri, per sempre ricordata, come la coppa scippata. Tre finali di perse. Ma, nella memoria del tifoso Rosanero, la prima, quella del ’74, brucia di più. A Roma, l’atto finale è il 23 di maggio. Una di quelle date nefaste che impareremo ad odiare per sempre, al di là del calcio. Bologna-Palermo dovrebbe essere una gara a senso unico, con i rosa provenienti dalla serie cadetta. Alla vigilia, sembrano le vittime sacrificali. Sarà così, ma non per inferiorità tecnica. Intorno alla mezzora, Magistrelli porta in vantaggio il Palermo e lo fa con una rete da antologia. Il cross di Favalli è perfetto: lo stacco è veemenza, potenza, sentenza, l’essenza di questo sport. La sua testa sembra un piede che calcia al volo: se la vedrete, la rivedrete a più riprese. Il Palermo di Renzo Barbera e Corrado Viciani è in maglia bianca e spicca ancora di più nel video d’epoca, mentre mette sotto il team di Bruno Pesaola e sfiora più volte il gol della sicurezza. Il libro del calcio racconta che spesso Davide abbatte Golia ed è proprio quello che sta per accadere. Fino a quando i riflettori del destino puntano sui tre protagonisti dell’atto finale. Che, per i siculi, da poesia si trasformerà in tragedia, poiché si volge al nero. Si comincia con le due icone dei rispettivi club, Giacomo Bulgarelli ed Ignazio Arcoleo: i capitani fanno lo scontro fra Titani. Spalle alla porta, il mammasantissima Rossoblu crolla al cospetto di colui che nel ’96 sarà il gran condottiero del ‘Palermo dei Picciotti’. Fino a quel momento, l’autentico trascinatore in campo. Ma Gnazio, capitano di lungo corso, sceglie il traghetto sbagliato. Allarga le braccia, Giacomo cade ed entra in scena il nostro arbitro Moreno, il famigerato signor Gonella, recentemente scomparso e reo confesso. Rigore molto dubbio, trasformato da Savoldi, il futuro Mister Miliardo. I supplementari si disputano a porta romana e non solo perché il teatro è l’Olimpico di Roma. Una sola metà campo, quella del Bologna. La sequenza dal dischetto è decisa dagli errori di Vullo e Favalli. Chi ha sbagliato per davvero, portava il fischietto: in bocca.
Dario Romano
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UNA SERA DA LEONI

La prima pagina del ‘Giornale di Sicilia’ del 31/08/1995: una reliquia. L’omaggio è per Ignazio Arcoleo, immortalato a fianco di una porta che i Rosanero hanno violato per tre volte. In alto, campeggia il titolo principale: l’attacco della NATO alla Serbia. Sono passati più di vent’anni e la solfa, non cambia: ci sono ancora, i venti di guerra. La pugna andata in onda alla Favorita è di ben altra pasta: ‘una sera da leoni’. Non sarà l’ultima: il ‘Palermo dei picciotti’ ha appena iniziato a dare spettacolo. Non è la prima volta che vediamo Davide abbattere Golia: sempre in coppa, il leone per eccellenza espugnò il Meazza al secondo turno. Meno di un anno addietro, Beppe Iachini mostrò un altro Diavolo a Capello. Che al ritorno vide pure le streghe: partita epica. In sala stampa, Don Fabio apparve proprio stremato, ma sollevato per un esito che sorrise ai Rossoneri dagli undici metri: nonostante l’inferno di una Favorita vestita a bolgia. Stavolta, è gara secca: la vittima, il Parma di Nevio Scala. Che rinuncia al suo mantra: per il debutto di Hristo Stoichkov, giunto in Emilia in pompa magna, l’allenatore dei Ducali detentori della COPPA UEFA, schiera una formazione inedita. Rinuncia al suo punto forte, quella difesa a cinque che è come un marchio di fabbrica. Lascia a briglia sciolta Gianfranco Zola ed è cosa buona e giusta, affida la regia a Massimo Brambilla e appoggia l’unica punta con la brutta copia di un Tomas Brolin tutt’altro che in forma. Lo svedese non è più lo stesso, dopo l’infortunio: presto ai margini, lo attende il Leeds ed un mesto finale di carriera. A Palermo, invece, è tempo di fiori d’arancio. Il matrimonio con l’ex mammasantissima si è materializzato e promette nozze mai viste. Arcoleo ci ha pensato spesso, al suo ritorno: quasi ospite fisso delle emittenti locali, dichiara a più riprese il suo intento, esibendo tanto di prove sul campo. Con il Trapani ha sfiorato il miracolo: quarto posto e salto in alto vietato dal Gualdo. La società di Andrea Bulgarella ha vissuto un sogno: una stagione da incorniciare, nonostante l’esito finale. Sia chiaro, ben oltre le attese. Protagonista assoluto: Nino Barraco, presto in rosa arruolato. Ciccio Galeoto lo sa bene, cosa ci attende. Il terzino giunge dalla ciurma del capitano di lungo corso e avverte: ‘vedrete il Palermo correre’. Me la segno, questa: giunto in curva, mi aspetto una gara tosta e nulla di più. Non avevo fatto i conti col Vasari. I filmati degli Acesi hanno fatto un gran bel giro: ci hanno mostrato una trottola, una scheggia impazzita e dotata di quel talento che non guasta. ‘Topolino’ non corre e basta: salta gli avversari come birilli, ma nella sua città racconterà un’altra storia. Perché la mette pure che è un piacere. La curiosità di vederlo all’opera è tanta, come la gente accorsa. Più di ventiduemila paganti, ma alla Favorita gli spalti vuoti son davvero pochi: siamo circa in trentamila. I Rosanero hanno espugnato Acireale al primo turno: con una rete per tempo, ad opera dello stesso Galeoto e di Massimiliano Pisciotta. I palermitani, abbondano anche in campo. Comunque vada a finire, a spiccare è anche la fame di undici leoni a caccia delle povere pecorelle smarrite. Altro che ‘Dream Team’, per Hristo: il bulgaro, vivrà un incubo. Scornato da gran favorito: lo ha già vissuto ad Atene, con l’imbarcata del Barça di un presuntuoso profeta. Stretto tra le maglie di Robertone Biffi e Ciro Ferrara, i morsi di Iachini, i raddoppi di marcatura: sembrano troppi, gli uomini in rosa. Dalla curva, si nota la stessa cosa. I Rosanero, non solo corrono: pressano di brutto, scambiano di prima, cercano la porta con insistenza. E già al settimo, la sbloccano. I terzini del modulo a zona architettato da Ignazio, arano il campo ma non si limitano a far su e giù dalla fascia. Quando possono, irrompono e fanno danno. Iachini vede l’inserimento di Giovanni Caterino, tutto solo a sinistra. La difesa non intercetta la sfera ed il biondo la stoppa, se la aggiusta, mentre si avvicina sempre di più alla porta. La sua bomba è una saetta che fulmina Luca Bucci nel sette. Il boato assordante accompagna la sua capriola liberatoria. La sberla non rinsavisce il Parma: Scala lamenterà la mancanza di condizione, ma la lentezza dei suoi è solo una scusa. La verità sta nel mezzo: è il Palermo, che ha un altro passo. Io mi aspetto una reazione, nonostante tutto. Basterebbe un calcio piazzato, una giocata del tamburino sardo, un’incursione di Dino Baggio, un colpo ad effetto del Pallone d’oro. Ma c’è il mio numero uno, come ultimo baluardo. Gianluca Berti è attento, mentre le sporadiche occasioni degli avversari nascono soltanto da spunti individuali, annebbiati da spazi e tempi sempre più stretti. Mentre mi stropiccio gli occhi, cede Antonio Rizzolo: anche lui sembra incontenibile, come nella stagione maledetta di una retrocessione assurda. Sguscia a sinistra ma prende una botta: al suo posto, entra Giovanni Di Somma. Non c’è una vera e propria cantera, ma è pur sempre un altro figlio della casa. Mentre l’attaccante umbro lascia il campo e non solo quello, il ‘Palermo dei picciotti’ prende sempre più corpo. All’intervallo, le mie preoccupazioni aumentano: a quel ritmo, si pagherà dazio. Ripresa: la favola che si materializza in tutto il suo splendore. Che potesse far male, si era già capito: ma non fino a questo punto. Il funambolo col numero sette sulle spalle onora i grandi del ruolo: è il suo turno. Lo schiaffo arriva ancor prima che nel primo tempo. Al secondo, ‘Speedy’ aggancia in area, resiste al contrasto, se la passa dal sinistro al destro in un millesimo di secondo e tira forte. Sembra una botta alla Totò Schillaci, quelle della non lontana Italia ’90. Ma la serata è ancora più magica perché non è ancora finita. Fila tutto liscio, anche quando Hristo ci prova da distanza ravvicinata: la paratona di Berti toglie ogni speranza al Parma, che alza definitamente bandiera bianca. Bucci anticipa il sempre più indemoniato Vasari di un soffio, ma si arrende ancora nel finale. Da sinistra a destra, Caterino sciabola per Tanino che colpisce al volo. Una spaccata in corsa da vedere e rivedere: per capirci qualcosa. Dalla curva, l’effetto è un flipper che finisce col muovere la rete. Quel tanto che basta per capire: è entrata ed è qui la festa. Sogno o son desto: entrambe, le accendo. La calma è imposta dalla ragione, non dal cuore: siamo soltanto ad inizio stagione. Ma non era un fuoco di paglia. Questi leoni avevano appena iniziato a ruggire. Il loro gregge, a crederci. Perché uno spettacolo del genere, da queste parti, non si era mai visto. Il ‘Palermo dei picciotti’ nasce in una serata di fine agosto. Soltanto per la mia generazione, ha rappresentato uno spartiacque. Non c’è un prima, non c’è un dopo: soltanto perché è durato troppo poco.
Dario Romano
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L’INVASIONE

E con questa, ne abbiamo perso tre su tre. Il nostro triplete, ma nel senso negativo del termine. Stavolta, non ci siamo giunti da cadetta, alla finale della coppa che resta maledetta. L’avversario, non era proprio alla portata: l’Inter di Leonardo, subentrato al silurato Rafa Benítez, è ancora quella che con José Mourinho ha vinto tutto, tranne il titolo di campione del mondo. Aggiudicato in seguito, col tecnico poi epurato. Poche le nostre recriminazioni, considerando i precedenti con Bologna e Juve. A parte il controllo sbagliato del Flaco e la scelta infelice di Delio Rossi, che lascia perplessi. Javier Pastore contro i Nerazzurri ha pure sbagliato un rigore, in quel campionato dove un posto in CHAMPIONS l’avremmo meritato. Insomma, la Beneamata non gli porta granché bene. Il mio malcontento, parte dalle formazioni che fanno il loro ingresso in campo. Perché non lo vedo, il Romário del Salento: Fabrizio Miccoli, scalderà la panca. Motivatissimo già alla vigilia, quando dichiara in conferenza stampa che vorrebbe vincere un trofeo con il Palermo. Mi dispiace per il nostro Mister più amato, ma questa non gliel’ho proprio perdonata. Ci trafiggerà il solito Eto’o, con due infilate che son ripartenze tramutate in sentenze. Il gol di Muñoz ci rimette in partita per quattro miseri minuti, prima che salga in cattedra il Principe Milito. A questo punto, non mi resta che accontentarmi della platea. Uno spettacolo che non si era mai visto: una vera e propria invasione della capitale. Caterina ‘the voice’ Bruno a suonare la carica, le nostre legioni assiepate in un Olimpico fremente come fosse il Colosseo. Poi, ecco i gladiatori. E parte la mattanza. Mi resta il ricordo di quel colore che, quella sera, l’ha fatta da padrone. La combinazione cromatica che ha caratterizzato tutta la mia vita. Tanto rosa, con un po’ di nero.
Dario Romano
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