I GIOCATORI

PRENCE

Helge Bronée, US PALERMO

Vecchi tempi, ma gli echi li sentiamo ancora. Purtroppo, sono rimasti in pochi, tra coloro che hanno visto Helge Bronée giocare ed impazzare (e pure impazzire, anche fuori dal campo) nel Palermo. Ci racconterebbero di un autentico fuoriclasse, bizzoso e allo stesso tempo ardimentoso. Raimondo Lanza di Trabia se ne innamorò, come capiterà a tutti gli astanti della Favorita. Dalla fredda Danimarca alla calda Palermo, il passo può sembrare lungo ma è anche breve: come diceva Johan Cruijff, ‘i danesi hanno uno spiccato spirito di adattamento, inoltre imparano presto le lingue e ciò rende tutto più facile’. Parole sante, Olandese Volante. Galeotta fu la partita Nancy-Grenoble: tra il Principe e l’amletico ‘Prence’ è colpo di fulmine. Un viaggio di piacere del nobile in Francia, si trasforma in uno sfizio da togliere: d’altronde, la classe non è acqua per entrambi. Raimondo, non se ne pentirà. Ed il Palermo ‘rischia’ di far la voce grossa. Ma è un fuoco di paglia: il progetto della ‘Juve del Sud’ tramonta per la dipartita improvvisa di un uomo tormentato. Si rompe anche il suo giocattolo preferito, quella valvola di sfogo che, nel suo piccolo, ha fatto la storia del calcio: un uomo nudo, la vasca da bagno ed un modo nuovo di concepire il mercato. Non dico altro. Perché, a questo punto, gli aneddoti si sprecherebbero: fiato sprecato. Sul personaggio, ho già detto in passato. Su Bronée, invece, qualcosa da dire resta. Immaginate una sorta di Ibra nel mondo che c’era una volta. Quello spirito vincente che prende il sopravvento: contro tutto. A costo di rimetterci il posto. Helge le ha provate pure tutte: si è cimentato in ogni ruolo, tranne in porta. In campo dava il massimo, dimenticando un concetto semplice semplice: che il calcio, innanzitutto, è un gioco di squadra e che quelli come lui potevano fare la differenza, a patto di saper aspettare il momento giusto. Ma la pazienza, in quella capa bionda, non alberga: neanche quando gli capita l’occasione della vita. Prima la Lupa, poi la Vecchia Signora: qualche lampo, mai il colpo di fulmine che colpì il Principe. Essere o non essere: è questo il dubbio che il biondo non ha risolto. Un biscotto danese da gustare ogni tanto, oppure un ribelle irrequieto, dallo spirito indomito. Capace comunque di lasciare il segno. Perché, non dimentichiamo: Bronée la mette per ben 55 volte in massima serie. E allora concludiamo: c’è del buono, in Danimarca.

Dario Romano
ILPALERMO.NET

PUGLIA

Fernando, US PALERMO

In Brasile era noto con il semplice cognome: già, questa, è un’eccezione. Forse, perché il nome della regione suonava bene. Ma nel destino di José Ferdinando Puglia c’è la Sicilia: meglio per il Palermo, soprattutto. Il virgulto si segnala in patria nell’ex Palestra Italia, ovvero il Palmeiras di San Paolo. Nel Verdão, la mette per ben ventidue volte: non è una punta di razza, ma affianca un purosangue del goal. Lui sì che l’apelido se lo porta dietro: ‘Mazola’, per la somiglianza col celebre Valentino. José Altafini non ha bisogno di presentazioni, ma è la rivelazione di un giovanissimo Pelé nel mondiale in Svezia a segnare la svolta: il primo trionfo iridato della Seleção, è il vaso di Pandora che racchiudeva i fenomeni del Fútbol bailado. Inizia l’invasione, ma di quelle che fanno bene. A tanta manna, non rinuncia un Palermo che vuol farsi bello. Ed ecco il primo brasiliano in assoluto ad indossare la maglia Rosanero. Il colpo è grosso, poiché Fernando, come verrà unanimemente ribattezzato, alza di non poco l’asticella: giostrando tra le linee, ma mostrando una dote fondamentale, per distinguere i buoni giocatori dai fuoriclasse. Il suo governo a centrocampo è impreziosito dal tocco magico negli ultimi metri, probabilmente dovuto alle origini di una carriera troppo onesta e nulla più. Un moto d’orgoglio, il rifiuto della corte di una Beneamata guidata da un Mago che non l’ha impressionato più di tanto. A rimanere sorpreso, lo stesso Helenio, scornato dal fiuto del goal riconosciuto ad un giovane di bell’aspetto e non solo: perché vederlo in campo alla Favorita, era spettacolo garantito. L’aneddoto con Herrera è stato raccontato a più riprese, facendo passare in secondo piano la sostanza. In abbondanza, per un giocatore che disputa all’ombra del Pellegrino la sua stagione migliore, sulla falsariga delle gran prestazioni con lo Sporting di Lisbona. Per intenderci, quando totalizzava una media di una rete a partita. Poi, succede qualcosa: le sirene bianconere, che non portano bene. Un fuoco di paglia, visto che Puglia indosserà la casacca della Vecchia Signora in una sola occasione: trasferta in coppa, in quel di Brescia. Il Fernando che torna subito al Palermo non è più lo stesso. Ci aveva visto giusto, in quell’aereo che dal Portogallo lo stava portando fino alla Conca d’Oro. A volte, basta un tocco lieve, un incedere breve, senza grilli per la testa: piuttosto che il passo più lungo della gamba. Con questo giocatore si apre una tradizione importante: quella dei brasiliani in salsa rosa. A seguirlo ed accompagnarlo, un non altrettanto brillante Faustinho. C’era anche la ciliegina: al già presente Rune Börjesson, si aggiunge un altro svedese d’eccezione. Un fuoriclasse, ma Nacka Skoglund farà soltanto sei apparizioni: la stagione del salto di qualità, finisce nel baratro. Nel nuovo millennio, si rivede un po’ di samba con Marco Aurélio. Il picco, con Amauri e Fábio Simplício: tanta roba. Non me ne vogliano: ma a Palermo, nonostante tutto, preferiamo il tango.

Dario Romano
ILPALERMO.NET

INCONFONDIBILE

Rosolo Vailati, SSC PALERMO

Non erano i Kiss, ma la banda del Palermo. Che, ogni tanto, suonava anche il rock. Tra tutto quel ben di Dio col cuoio capelluto, spicca Rosolo. Figlio d’altri tempi, ma tranquilli: non dei fiori. Perché il virgulto, in campo, morde come pochi. Il destino di una vita da mediano: utile, all’occorrenza, anche in retroguardia. Mossa sprecata: perché è la corsa, il suo punto di forza. La carenza, il tocco di palla: poco importa. Il resto della truppa, è baciata dal talento. E dopo un quattordicesimo posto, si sfiora il salto in alto: ai Di Cicco, Volpecina, De Stefanis, Lopez, Montesano e La Rosa, si aggiunge De Rosa. E non è la stessa cosa: il Palermo, vola. Sospinto in un primo tempo dallo sciagurato Egidio, il team allenato da Nando Veneranda ha proprio nel centrocampista cremonese il più presente e nell’ex attaccante dei Rossoneri la punta di diamante. Li schianta pure, a dimostrazione che le leggi, nel calcio, contano. Poi arriva Gianni: ebbene, contano anche i numeri. Mimmo Renna ha tanta manna: la banda suona, le prende talvolta, ma lo spettacolo è assicurato. In tutto questo, Rosolo ha la sua parte non indifferente. Ci mette del suo, con quella corsa matta manco fosse Furia: ed urla, al cospetto del cannoniere d’eccellenza. Vuole De Rosa nel cuore dell’area, del Verona. Ma il calcio è anche istinto: Gianni lo sa, dove arriverà quel pallone. Prima dalle sue parti, poi dritto in porta. Una bomba. E la Favorita può esplodere. Bandiera del Varese, da cui proviene e dove chiude, almeno a certi livelli, Rosolo resta un’icona anche del Palermo bello dei primi anni ottanta, dove mette anche la sua firma con tre reti. Due campionati diversi, ma con un elemento inconfondibile. Son passati quarant’anni: dici Vailati e tutti sanno, di chi stai parlando.

Dario Romano
ILPALERMO.NET

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