SERIE B 2022-2023
IL TABELLONE

Tralasciando il grottesco finale di stagione, sintetizzato nel commento che accompagna il tabellino dell’ultima farsesca giornata, concentriamo l’attenzione sui numeri in campionato del Palermo (ora targato City Group), tornato al secondo tentativo in cadetteria dopo la splendida cavalcata degli ‘eroi’ guidati da Silvio Baldini. Arriva Corini: purtroppo, chi storceva il naso alla notizia del suo ritorno, non aveva torto. Nelle vesti di tecnico, l’ex regista si rivela poca cosa. Il match d’esordio contro il Perugia vede i Rosanero schierati con il modulo che ha portato alla sospirata promozione. Si vince facile, complice anche un’espulsione che lascia gli ospiti in inferiorità numerica e sotto di una rete, scaturita dal rigore realizzato da Matteo Brunori. Un segnale: si pensa che con qualche innesto di qualità, si possa tornare a volare. Il primo tempo al San Nicola è uno spettacolo: la ripresa, un incubo. Culmina con un pari che sta stretto, ma allo stesso tempo benedetto. Corini mostra ansia, quando Mignani mescola le carte con le sostituzioni. Le sue, quelle del ‘Genio’, non hanno il jolly ma il due di picche. Il match contro l’Ascoli sancisce la caduta del Barbera, dopo tanto, troppo tempo. Anche questo è un segnale: a preoccupare è la difesa, infilata come farebbe una lama col burro. Arrivano gli innesti, che suscitano un certo entusiasmo. Cambia definitivamente anche il modulo, che sin dall’inizio non convince proprio. Il numero nove è un capitale da sfruttare: l’allenatore, questo, non lo capisce. Il suo 4-3-3 lo lascia tutto solo, nonostante lo score non lasci a desiderare. Matteo chiuderà con diciassette realizzazioni, venti in totale considerando la tripletta in coppa. In due stagioni, fanno quarantanove: quasi quanto Luca Toni, con scenari ovviamente differenti. Il bomber, però, sbaglia spesso dal dischetto: Cosenza e Venezia ringraziano, vincendo per il rotto della cuffia. La disdetta dagli undici metri, non finisce mica qui: una maledizione. Quattro vittorie, tre pareggi e sette sconfitte: la zona retrocessione spaventa. A questo punto, dalla panca ci si ravvede: almeno in parte. Lo schieramento è più difensivo ed il golletto, spesso, non manca. Ne esce fuori una serie interessante, che ad un certo punto fa sperare addirittura all’ipotetica promozione diretta. A Marassi si cade, pur giocando bene. Ciò avviene soprattutto al cospetto delle grandi, quasi tutte battute tra le mura amiche. La regola del tre, che riguarda le reti subite, colpisce spesso, non altrettanto per quelle realizzate, nonostante qualche giornata di grazia del reparto avanzato: serve soltanto a limitare i danni. Al resto, ci pensa Pigliacelli, l’unico sempre presente. Il romeno Nedelcearu ed il capitano, si fermano a trentasei. Da sottolineare le quattro reti di Soleri, che conferma il talento a singhiozzo: non è colpa sua. Idem per Damiani: l’unico vero metronomo del centrocampo, viene sacrificato troppo, a vantaggio di Gomes. Risultato: l’ennesimo pareggio, sempre dietro l’angolo. Il francese non verticalizza, non tira in porta: la sua non è una bocciatura, tutt’altro. Una sorta di diamante grezzo: se non brillerà, lo dimenticheremo presto. Peccato per l’infortunio di Elia, tra i più positivi. Di Mariano copre bene il campo, corre tanto, ma tecnicamente il palermitano non ha convinto. Il resto, è ben poco: un campionato da anonimato, con uno spettacolo riservato tra gli spalti di uno stadio spesso stipato più del dovuto. Questa squadra, meritava meno attenzione: parole dure, ma che ci volete fare. Un’altra ferita da leccare, dopo una vita a tifare: per me e per che ci crede fino alla fine, è anche questo, che conta.
Dario Romano
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IL TROPPO CHE STROPPIA

Ne abbiamo viste di tutti i colori, soprattutto coloro che appartengono non proprio alle ultime generazioni. Radiazione (una pagina umiliante, una ferita di quelle che non si possono rimarginare), una retrocessione programmata da chi ci aveva portato a vedere cose che da tifoso del Palermo non avrei mai potuto immaginare, una finale playoff vergognosa, con i palloni scagliati in campo dalla panchina avversaria (una vittoria a tavolino negata pur se sacrosanta: della serie che anche in Colombia ci si sarebbe arresi all’evidenza), un fallimento evitabile che ci ha catapultato nei dilettanti e tanto altro, più nel male che nel bene. Non è questo il problema: ci può stare. L’amore per la squadra del cuore vince su tutto e le difficoltà non fanno altro che rafforzare il legame. Ero allo stadio, come molti di voi, quando abbiamo preso otto ‘pappine’ da un Milan stellare, durante un’amichevole che era meglio non disputare: un paragone imbarazzante. Eppure, quella sera Biffi e compagnia ce l’hanno messa tutta, dimostrando non molto tempo dopo che il bello del calcio sta proprio nel ‘miracolo’, nel Davide che abbatte Golia. Ma stasera…ha vinto quella sensazione che con lo sport non si dovrebbe mai avvertire: la toccavi con mano, fino allo scotto finale. Un Palermo senza allenatore, con gli avversari che invece ne avevano due, a remare ovviamente dalla stessa parte. Alla fine aveva ragione lui, il buon Silvio: che non se la sentiva di prendere in giro il pubblico palermitano. Adesso, possono fare pure lo squadrone, con lo stesso timone: tanto, è ovvio che questa me la segno. Un Palermo-Brescia che passerà alla storia, sotto il segno della vergogna. Perché il tifoso Rosanero non dimentica nulla: sia quando assapora il dolce, sia e soprattutto se a prevalere è l’amaro. Questo è servito su un piatto, non in un calice: un boccone di troppo. Che stroppia.
Dario Romano
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ULTIMA CHANCE

Ci ha sorpreso, il Palermo. Che in Sardegna meriterebbe il colpo grosso, in una gara giocata con personalità e convinzione. Sui forum, anche i tifosi del Cagliari si dichiarano impressionati favorevolmente dal complesso di Corini. Che tuttavia stecca, ma solo per il risultato. A contribuire all’esito nefasto, l’arbitro di turno. In vantaggio con Segre, i Rosanero non ci mettono molto a farsi raggiungere, come al solito. Ma tengono bene il campo, dando l’impressione di poter portare a casa almeno un punto. Privi di Brunori, squalificato, gli ospiti accusano il colpo di un’espulsione eccessiva, frutto di due ammonizioni consecutive a danno del capitano di turno. Fuori Marconi: per i Rossoblù di Ranieri, sale in cattedra Lapadula ed il gioco è fatto. Cosa prendiamo di buono: uno stato di forma accettabile, che potrebbe risultare determinante in vista dell’ultima chance per accedere ai playoff. Al Barbera, è atteso un Brescia che non può fallire. I maligni malignano un po’ troppo: dai, non ci credo che il Genio, toccato al cuore, non inviti i suoi a dare il massimo. Si annuncia il pienone: poi, sarà il fato, a decidere. Comunque vada, sarà un successo: c’è entusiasmo, nonostante tutto. Mi riferisco ad un campionato che il Palermo non ha disputato da grande, dove almeno due o tre delle eventuali avversarie per la promozione, oltre al Frosinone ed al Genoa già incoronate, sembrano obiettivamente più forti. Ma prima di approfondire il discorso, confermiamo almeno l’ottavo posto. Per riuscirci, bisogna assolutamente vincere, al cospetto di quella che resta pur sempre una Leonessa.
Dario Romano
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ZONA PLAYOFF

Siamo in ballo. Il Palermo, finalmente, torna alla vittoria, demolendo nel primo tempo una S.P.A.L. che all’intervallo si ritrova sotto di due reti a causa di una prestazione maiuscola dei Rosanero. Abili, ancora una volta, a mostrare pure l’altro volto. Complice un recupero considerevole, ad un certo punto, l’ennesimo triste pareggio sembrava dietro l’angolo. Per fortuna, l’ennesima occasione sprecata non si materializza: il team di Corini si prende i tre punti ed entra in zona playoff. L’ammonizione rimediata da Brunori risparmierà al ritrovato bomber la proibitiva trasferta contro un Cagliari in gran spolvero. Sarà dura, ma l’ultimo match del torneo al Barbera dovrebbe regalarci un sogno. A piccoli passi, si è raggiunto il traguardo programmato, la salvezza. Ma anche qualcosa di più. Quel qualcosa, poteva essere un molto, ma questo non è mica il Palermo del ‘percorso’, il Palermo in gran forma che la scorsa primavera ha fatto boom. Le note positive emerse al cospetto degli Estensi di Oddo, rappresentano un appiglio e poco altro. Dalle prestazioni confortanti degli esterni Buttaro e Sala, al ritorno al goal di Matteo, che per poco non realizza una doppietta, comprese le geometrie di un ottimo Gomes: l’uomo orizzontale, che purtroppo di verticalizzare o tirare in porta no, non se ne parla. Troppo poco, per pensare in grande. L’eventuale turno preliminare sarà in trasferta in gara secca, a Parma oppure in Sardegna. La forma stessa ad intermittenza, le assenze sulle fasce fanno il resto. Sognare, adesso, sembra un po’ troppo. Chissà: forse sto sbagliando. In cuor mio, lo vorrei tanto.
Dario Romano
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NON VORREI…

Dov’è finito il Palermo che batteva la Reggina e schiantava il Modena: quella squadra che nella ripresa mostrava, almeno, la voglia. Di vincere. Anche al Sinigaglia, si passa in vantaggio, ancora con un terzino: stavolta, tocca a Buttaro andare a referto, dopo il legno clamoroso di Matteo. Un Brunori non al meglio, ma lasciamolo stare: quindici reti realizzate, compresi quei rigori sprecati bastano e avanzano. Lui, nel campionato del primo obiettivo la salvezza, il suo l’ha fatto. Tornando alla gara contro il Como del famigerato Longo, non recriminiamo più di tanto. Rigore dubbio, ma ci può anche stare. Tanto, il pari sarebbe arrivato lo stesso, vista l’aria che tira. Il tappeto rosa in trasferta ormai è consuetudine, come la divisione della posta. Meriterebbe ben altro, il popolo che ti segue ovunque e comunque. Non vorrei…che alla fine i piani del Genio saltino. E sì, perché di pari in patta, la classifica si accorcia: la zona playoff è adesso ad un solo punto. I maligni sentenziano: pari alla prossima, sconfitta a Cagliari, probabile gamba indietro all’ultima giornata col Brescia. Perché al cuor non si comanda, in panca. Staremo a vedere: io, non voglio crederci. Un club che rinuncia al salto, proprio non lo accetto. Certo, se per l’anno prossimo fanno lo squadrone, posso pure perdonare. Ma attenzione: non si vince soltanto con le figurine.
Dario Romano
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DOV’È LA VITTORIA

Avanza così, il Palermo: a piccoli passi. I pareggi, sono ora quattordici, a fronte di dieci vittorie ed altrettante sconfitte. Di queste ultime, soltanto tre nel girone di ritorno, dove si poteva fare molto di più. Inutile girarci intorno: questo campionato sarà ricordato più per l’occasione sprecata che per altro. Eppure siamo ad appena due punti dai playoff a quattro giornate dal termine, con la sola trasferta in Sardegna a nascondere insidie. Sperare in un miracolo sembra troppo: Corini non sembra intenzionato alla pugna e la squadra non è da meno. Una compagine pure ridotta all’osso, dal momento che anche per Di Mariano il torneo è già finito. Contro il Benevento, l’ultima spiaggia per tentare il salto in alto ci lascia invece tutti giù per terra: più col morale che per il risultato. Da un certo punto di vista, dopo il vantaggio di Sala, che realizza la sua prima rete in Rosanero, abbiamo visto soltanto gli ospiti, capaci di raggiungere subito il pari e di farci vedere le streghe. Stregoni al di sotto delle aspettative nell’arco del campionato, ma tosti e determinati a conservare la categoria. Come il buon Mirko, che evita da ‘par’ suo il peggio, facendo in modo che si possa, tutto sommato, guardare ancora più lassù piuttosto che laggiù. Certo, la rete di Broh annullata nel finale sarebbe stata da incorniciare: un segnale per scuotere l’ambiente. Compreso il pubblico: merita più rispetto. Il vorrete ma non vogliamo stona troppo: non si scherza, con la passione. Si riprenderà al primo di Maggio, in quel ramo del lago di Como. Dov’è la vittoria!? Matteo, batti un colpo. Isolato in avanti, limitato da moduli e strategie da perdenti, il bomber resta, tuttavia, l’unico appiglio per un finale di stagione meno soporifero. Attendo una stagione trionfale, dopo queste settimane interminabili. Senza sogni, non si vive: anche nel calcio.
Dario Romano
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CON LEGGEREZZA

Ed è arrivata la doppia cifra: non è un bene, perché si tratta delle sconfitte. E pensare che il Palermo era ad un passo dal secondo posto. Da quel momento, una sola vittoria, una sfilza di pareggi e tre cadute. Tre restano i punti che separano i Rosanero dal treno dei playoff, sei dalla zona calda, quella che sarebbe bene tenere sotto osservazione. La causa di tutto questo: sicuramente quella ‘leggerezza’ ostentata da un tecnico che ha deluso, sotto diversi aspetti. Sono lontani i tempi del ‘percorso’ a spada tratta degli eroi guidati da Baldini: eppure, non è passato neanche un anno da quel mese di Giugno. Caro Palermo, con tutto il bene che ti voglio, mi lasci affranto. Per tutto quello che poteva essere e che oggi sembra impossibile. Al Penzo torna a segnare bomber Brunori: era ora. Raggiunge quota quindici e sembra lanciare l’atteso segnale della riscossa. Che invece arriva come un’onda: lagunare. Il Venezia ci asfalta, rifilando le solite tre reti puntuali come un orologio svizzero, quando non è giornata per strappare nemmeno un punto. E dire che il buon Pigliacelli, caduto nella trappola del suo stesso gioco, è rimasto imbattuto per una decina di gare. Un limite della compagine, dove da difesa di ferro si passa in un lampo a reparto colabrodo. I padroni di casa realizzano pure la quarta rete, poi annullata. Fino al contentino dal dischetto di Tutino, che cambia poco. Perché l’amaro resta, pesante come un macigno nello stomaco. Altro che leggerezza, caro Genio dei miei stivali.
Dario Romano
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ABBIAMO CAPITO

Dispiace fare queste considerazioni, ma dopo questo match l’amaro in bocca resterà per un bel pezzo, perché non si può far finta di nulla. Giorno di Pasquetta: al Barbera, la risposta del pubblico c’è. Eppure, lo ‘spettacolo’ latita, come tutto il Palermo. Che spreca l’occasione per rimanere agganciato al treno che porterebbe ai playoff. Per carità, siamo ancora in corsa. Il messaggio, però, è chiaro. La banda di Corini non ha sogni di gloria. La genialata dell’allenatore, che rinuncia a Valente e schiera Segre all’esterno per contenere Rispoli, si rivela una mossa assolutamente fuori luogo. Si cerca il pari, come al solito, con il Cosenza che sfiora pure il colpo grosso. La formazione di Viali è in forma ed il campo lo conferma: al resto, ci pensano i Rosanero. Timorosi, velleitari nel senso negativo del termine. E così, dopo aver assistito impotente ad una retrocessione dalla massima serie programmata dal compianto Zampa e ad una finale per la promozione caratterizzata dallo scandalo dei palloni lanciati in campo, ci tocca pure l’ennesimo affronto. Possiamo salire, ma si preferisce rimanere dove stiamo. Nel frattempo, vi offriamo pure un bel pacchetto conveniente per le gare restanti da disputare tra le mura amiche. Peccato che lo siano anche per le avversarie. Passano gli anni, ma gli eventi contrastanti ci insegnano soprattutto come uccidere una passione: vorrei prendermela con la cattiva sorte, con un pallone che di entrare non ne vuole proprio sapere. Invece, mi devo arrendere, ancora una volta, alle decisioni prese da lassù: dove volare è precluso. No, City Group, così non va. Abbiamo capito, ma capite anche voi: la bolgia si infiamma, non si annaffia.
Dario Romano
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RIMANEGGIATI

Una sconfitta annunciata. Purtroppo, i ritiri d’eccezione non portano bene. C’è da sperare che Girona non prolunghi l’effetto nefasto che ci ha regalato Manchester. Per carità, sarà soltanto una coincidenza, ma col Parma si profilava una giornata tremenda. Lo è stato per il risultato, non per la prova. Un Palermo falcidiato dalle assenze, Brunori dall’inizio su tutti, se la gioca fino in fondo: un pari, sarebbe stato il risultato giusto. Il Tardini presenta una bella marea Rosanero, legittimando le ambizioni di un club che nella serie cadetta non può stare mica a lungo. Fa impressione, quel muro che colora un settore intero. Desta meno attenzione il match, un po’ troppo noioso e acceso dalla rete dei padroni di casa. La squadra di Pecchia è forte, ma non gira bene: probabilmente farà i playoff, ma abbiamo visto compagini più attrezzate. Tra queste, potrebbe esserci il Palermo, quello non rimaneggiato, quello che ancora non ha capito cosa vorrà fare da grande. Il pari di Soleri è una perla incastonata, ma purtroppo la memoria imperitura merita il conforto di almeno un punto, che in Emilia non arriva. La ribattuta di Coulibaly su un incerto Pigliacelli spegne i sogni di gloria. Che riprenderanno contro il Cosenza che, attenzione, si annuncia in gran forma: per i ragazzi di Corini, restano sette gare da giocare, non di certo proibitive, trasferta in Sardegna a parte. Torniamo almeno a ranghi completi: sarà il campo, la palla e la voglia, a decidere. Mal che vada, resta una consolazione: siamo pur sempre una neopromossa. A volte, non basta per fare la voce grossa.
Dario Romano
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STRIZZATI

Il match inizia nel peggiore di modi, con il Modena di Tesser che mette sin da subito a frutto i limiti della retroguardia Rosanero. A raccogliere proprio i frutti, uno scatenato Strizzolo. Un buon Palermo, almeno in fase offensiva, non basta: neanche il bel goal di Tutino suona la sveglia al pacchetto arretrato. Nella ripresa, tutta un’altra storia: i Canarini, ne usciranno strizzati. Già in avvio, Edoardo Soleri torna a vestire i panni del lungagnone e strappa il pari. Lo schema è perfetto: in un’area priva dell’assente Brunori, il bomber di scorta giganteggia. L’intesa con Valente è collaudata, ma dal pari in poi la scena passa ancora alle nuove leve. Tocca a Verre il guizzo vincente: oltre al talento, Valerio mette in mostra pure la scaltrezza che non guasta. A farne le spese, Gagno e compagnia, superficiali e puniti giustamente. Una volta in vantaggio, il Palermo si concede allo spettacolo, per la gioia degli astanti. Non è soltanto accademia: c’è tanta sostanza. Perché si finalizza di brutto. La rete di Aurelio spegne le velleità di un Modena ormai alle corde e, finalmente, anche Vido può entrare a referto, mostrandosi freddo e preciso dal dischetto. Cinque reti, proprio quando l’assenza di Matteo avrebbe fatto pensare a ben altro. Coincidenze, null’altro. Sappiamo bene quanto valga la punta di diamante. Che rientrerà col Parma, dopo una sosta che ci vede legittimamente nel gruppone dei playoff. Un esame importante, quello del Tardini. I Ducali rincorrono il Palermo e mica ci stanno: si aspettavano un campionato ben diverso. Intento, il gruppone dello squalificato Corini, sostituito in panca da un attento Lanna, farà tappa in Spagna: dopo l’esperienza di Manchester, si verrà accolti a Girona, meta meno lontana della galassia City Group. Ammettiamolo: suona strano. Certi film li abbiamo già visti, ma questa è tutta roba nuova, buona e giusta. Nota a margine: nel tabellino il Genio risulta presente. Mi affido alla prassi: l’allenatore del Palermo, del resto, pur se appiedato, non mi risulta avvicendato.
Dario Romano
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NON C’È TRE SENZA TRE

E fanno tre. Ma se aggiungiamo le altre gare non corroborate da un pareggio, arriviamo a sette. Sono le partite dove il Palermo, in difesa, naufraga di brutto. Un limite che ha caratterizzato la stagione, condizionandola più del dovuto. Poiché, nelle altre disfide, la retroguardia si è fatta bunker. Altro aspetto da sottolineare: esclusa la sconfitta di Marassi, i Rosanero muovono la classifica da quindici giornate. Troppi pareggi, scaturiti quando la vittoria sembrava alla portata. Come col Cittadella, che tuttavia surclassa gli ospiti nelle battute iniziali. Sembra un match già compromesso, ma il Palermo reagisce, realizzando finalmente dal benedetto dischetto, dove si presenta Di Mariano, al posto di Brunori. Decisione presa in settimana, buona e giusta. Il bomber, dagli undici metri, ha sprecato troppo. Mentre in area di rigore, dimostra di non aver perso il fiuto: il goal del pari allo scadere della prima frazione è un capolavoro di tecnica e tenacia. Matteo ne paga lo scotto: chiede il cambio. Privo della punta di diamante, il Palermo ci crede lo stesso, sospinto da un Di Mariano in giornata di grazia. La sua doppietta, è una novità ben accetta. Poi, subentra il detto: non c’è due senza tre, che cambia di poco. Ed ecco, puntuale, la rete del pareggio di un incontenibile Maistrello, il migliore in campo per il team di Gorini. E Corini, continua sulla sua strada: cambi alla rinfusa, alla difesa più che all’arrembaggio. Il messaggio è come un miraggio, di una promozione che sembra più lontana. Non è programmata, non la chiediamo a gran voce: però, a conti fatti, alla portata. Lo è ancora, se torna la vittoria: non a singhiozzo, con il solito pareggio nel mezzo. A rovinare tutto.
Dario Romano
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IL MIGLIOR PRIMO TEMPO

Aggressivo, determinato. Cosa manca a questo Palermo!? Purtroppo, lo spirito vincente. Perché le gare si chiudono, quando gira bene. Durano novanta minuti e passa, non soltanto un tempo. Il migliore della stagione è disputato all’Arena Garibaldi, intitolata al vulcanico e compianto Romeo Anconetani, simbolo del un calcio che c’era una volta. Il complesso di Corini suona una musica avvolgente, che lascia momentaneamente le briciole ai Nerazzurri di D’Angelo. A dirigere l’orchestra in campo, il sontuoso Valerio. Inutile discutere: Verre è di un’altra categoria. Quando si semina si raccoglie, ma il leit motiv vuole la sua parte. Il rigore sbagliato da Matteo è ormai l’ordine: di certo, non la regola. Il bomber, ha le polveri bagnate. Per fortuna, succede quello che altrettanto spesso non succede quasi mai: il goal di Di Mariano, a segno per la seconda volta in campionato con un tocco delicato, di quegli che non gli appartengono proprio. La rete del vantaggio è legittima, ma il punteggio sembra un po’ stretto. Il copione andato in onda nel secondo tempo, è di tutt’altra pasta. Il Pisa ci crede, sempre di più, mentre il Palermo arranca, pur senza mostrare segni di cedimento. Nel finale, il solito tiro che una volta si chiamava ‘della domenica’. La botta di Sibilli è impossibile da intercettare anche per l’ottimo Pigliacelli. Si conclude così con l’ennesimo pari, un match che temevo tanto: quanto visto al Barbera contro la Ternana, non prometteva mica bene. Ed invece, il Palermo mi ha smentito: purtroppo, soltanto fino ad un certo punto.
Dario Romano
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SPRAZZI FINALI

Un passo indietro, un punto solo. A posteriori, è andata anche bene, al Palermo. Che addirittura stava per fare bottino pieno: dopo il primo tempo, non l’avrei mai pensato. Lucarelli, bestiaccia nera, torna di corsa al capezzale di una Ternana che sembrava derelitta. Al Barbera, invece, gli umbri scendono in campo in gran spolvero. Idem per Pigliacelli: semplicemente, il migliore in campo, poiché in serata di grazia e per questo rendiamo grazie. I Rosanero, invece, rispolverano: ma si tratta soltanto dei limiti che, senza un Verre in mezzo al campo, tornano evidenti. La batteria dei mediani non illumina di certo il gioco, mentre i tre dietro soffrono. Partipilo è incontenibile, mentre Brunori impalpabile: la differenza non sta tutta qua. Le punte, a volte, bisogna accenderle. Sembra stregata, la porta del Palermo, ma la Dea bendata c’entra poco. Una traversa di Tutino, più che altro una scheggiata, è l’unica occasione degna di nota per i padroni di casa, in una prima frazione dove gli ospiti ci prendono a pallonate. Prendono pure un palo clamoroso. La sfera in seguito si rifugia su Mirko: una calamita. Solo nel finale la Ternana cala ed il Palermo, finalmente, cresce. Gomes è impeccabile, ma non vuole proprio tirare: Lanna, che in panca si sgola al posto dello squalificato Corini, nel finale getta nella mischia il piede caldo Soleri e l’oggetto misterioso Vido. Tocca a Iannirilli, metterci le pezze. Aurelio, per poco, non bagna il debutto con la nuova maglia in uno stadio bagnato ed infreddolito, ma la cicca. Pochi rimpianti, per una gara che alla vigilia sembrava proprio alla portata. Il cambio al timone ha giovato, al cliente di turno. Con Lucarelli alla guida tecnica, la Fere avevano sempre mostrato un’organizzazione rilevante ed uno spirito vincente. Ed è questo, che abbiamo soprattutto visto: tutto quello che non si addice, ancora, al Palermo. Gli sprazzi finali, nel calcio, non sempre bastano.
Dario Romano
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LA BARRICATA

Difficile, quasi impossibile. Affrontare il Südtirol è una bella gatta da pelare. E, come all’andata, il Palermo ci stava rimettendo ancora le penne, contro i Biancorossi guidati da Bisoli. La difesa è il punto forte, della squadra più a nord dello Stivale. La papera di Pigliacelli ci costò caro, come l’atteggiamento da rivedere di un Palermo che anche al ritorno ha rischiato più del dovuto. Andare sotto in avvio e dover recuperare, in una partita che si voleva vincere, complica tutto. La barricata dei padroni di casa concede ben poco, ma stavolta Corini non aspetta i minuti finali. Costretto a due cambi già nella prima frazione, non esita a gettare nella mischia il buon Soleri quando le compagini rientrano in campo dopo l’intervallo. Edoardo, proprio in mezzo al traffico dell’area avversaria, ‘sente’ l’occasione giusta e la mette di testa: prevale l’istinto di un attaccante che vede la porta come pochi. Diciamo ovviamente che sono in due, nella rosa, ma Matteo è imbrigliato e finisce stretto in una morsa inesorabile. Non è la giornata ideale, per Brunori. L’hanno scampata, i Rosanero, che tengono palla a lungo: dato sottolineato da statistiche illuminanti, ma fino ad un certo punto. Compresa una fitta rete di passaggi inconcludenti, dal momento che gli altri ci mettono molto meno, per tentare una conclusione più degna di nota. Mirko è comunque attento: certo, sulla botta di Cissé non poteva proprio fare altro che soccombere, ma sulle altre non cede, aiutato da un cappellino che al Druso, illuminato da un bel sole, si è reso indispensabile. La sconfitta di Marassi ha interrotto una striscia positiva che poteva divenire impressionante: che strano, il calcio. Non si è colto neanche un punto proprio in quella che è stata la prestazione migliore. Si chiude qui il periodo più difficile programmato dal calendario: da adesso, un Palermo più squadra può tentare l’assalto ad una posizione di prestigio. Lo scopo, meglio non dirlo. A patto che ci siano proprio tutti, nel nuovo percorso. Gli assenti di oggi, Verre e Valente su tutti, non si possono regalare alle avversarie.
Dario Romano
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CHE GOAL RAGAZZI

Chiamarla botta sarebbe riduttivo. Perché Verre ci mette tutto: l’astuzia, l’istinto, quel tocco di classe che nel calcio fa spesso la differenza, tra i comuni giocatori e quelli che il talento se lo portano addosso. La loro dote innata. Un pallone non più vacante a centrocampo entra in suo possesso: potrebbe nascerne un contropiede interessante, ma Valerio non ama correre. Preferisce spesso farlo fare al pallone, spinto con precisione a destinazione. Al 38′ minuto di Palermo-Frosinone la mette non proprio nel sette ma quasi, alle spalle di Turati, colto in abbondanza fuori dai pali. Il Barbera esplode: non potrebbe essere altrimenti. Che goal ragazzi: da cinquantacinque metri. È cresciuto tanto il Palermo, rispetto al recente passato. Affronta alla pari il Frosinone di Grosso, compagno di Corini ai bei tempi andati. La capolista assoluta, è affrontata senza alcun timore reverenziale. Il dente è avvelenato, ma per fortuna tra le due tifoserie solo qualche coro che ci manda a quel paese. I trentamila circa, rispondono con fischi sonori i cui echi invadono il parco della Favorita. Di palloni scagliati in campo, non se ne parla: quello di Verre, fa comunque tanto rumore, fino a prorompere in un boato assordante una volta finito in porta. Purtroppo, non basta e non avanza. L’occasione di Brunori ad inizio gara fa ben sperare, ma è un fuoco di paglia: i Ciociari, tengono bene. A brillare, è un Caso incontenibile: salta gli avversari come birilli, poi si becca un giallo per simulazione. Quando esce, tiro un sospiro di sollievo. Boloca ha già colpito, con una botta da manuale susseguente ad un calcio di punizione. A quel punto, temo il peggio, ma il Palermo non arranca. Piuttosto, prova a colpire con Marconi, sempre pericoloso in area. Di Mariano, lo sappiamo: corre corre, ma la porta non la vede neanche col cannocchiale. Finisce così, un match dal risultato giusto. Confermando quanto avevamo capito già: che i Rosanero se la possono giocare, la promozione. Il Frosinone, invece, se la merita proprio. L’unica big del campionato a non cadere al Barbera, prossimi avversari a parte. Non è un Caso (eccolo di nuovo). Ma quello, era un altro Palermo.
Dario Romano
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VA BENE LO STESSO

Una sconfitta ‘accettabile’. Contro un Genoa maturo, dove ha brillato soprattutto l’islandese Guðmundsson, autore del vantaggio che ha rotto l’equilibrio. Manovra bene, il Palermo, ma quando il Vecchio Balordo inizia a spingere con una certa convinzione, si soffre fino alla resa. Non finale, poiché c’era tutta una gara da giocare. E qui viene fuori il meglio, al punto da recriminare: per un rigore solare sulla conclusione di Verre. Per le occasioni sciupate, soprattutto quella di Edo nelle battute finali: dove spesso, nel calcio, gioie e dolori scelgono i destinatari. Stava ancora lasciando il segno, l’attaccante di scorta. La sua occasione da due passi è il preludio, invece, del raddoppio finale di un Grifone cinico, maturo. Possiamo dirlo: va bene lo stesso. Certo, una vittoria avrebbe permesso ai Rosanero di avvicinare il secondo posto, facendo sentire il fiato sul collo, agli uomini guidati dall’ex Gilardino. Che invece allungano, ma non ne facciamo un cruccio. Sognare un’eventuale promozione diretta resta lecito, ma con la realtà bisogna fare sempre i conti. La compagine di Corini è cresciuta: la conferma, arriva proprio dal Ferraris. Dove un pari ci sarebbe potuto stare, eccome. Eppure, ci avevo pensato, tutta la settimana: volevo più che altro la ‘prestazione’, prima del match al Barbera contro il Frosinone capolista. La risposta, l’ha data il campo. Avanti tutta, Palermo.
Dario Romano
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AVANTI UN’ALTRA

Cadono tutte. Una legge che non lascia scampo, quella del Barbera. Dove lo scalpo finisce in bacheca: quella targata Rosanero. Un peccato, averci lasciato le penne contro avversari alla portata: tutt’altra storia. Era un altro Palermo. La banda che annienta pure la Reggina, è ancora in fase di assestamento, con ampi margini di miglioramento in vista. Corini non sbaglia, come all’andata: quando ha schierato le nuove leve impaurite, insicure: gli uomini di Inzaghi se li mangiarono con tre bocconi. L’intento era lo stesso, nella gara di ritorno: ma il Palermo tiene. Lascia a loro l’iniziativa, pronto a colpire in un contropiede che resta soltanto un intento. Ma in avvio di ripresa, cambia tutto. Si ruba palla e tocca a Matteo: un rischio troppo grosso, per chiunque. L’attaccante avanza palla al piede ed entra in aria: o lo falci o son dolori. Oppure rigori: come questo, sacrosanto. Brunori, stavolta, non sbaglia. Sarà scritto da qualche parte: il copione, prevede che non ci possiamo mai rilassare. Una palla avvelenata rovina tutto: non si capisce bene, ma l’ultimo tocco sembra quello di Marconi. E Brunori esce, afflitto dai crampi: ha dato, come sempre, tutto. Dentro Soleri, l’uomo dei goals nei minuti finali. Così era l’anno scorso: bei tempi, chissà che non tornino quei fasti. Ed eccolo, il gioiellino incastonato. Questo, resterà a memoria: imperitura. Matějů è migliorato tanto, bisogna dirlo. Adesso spinge e lo fa meglio, soprattutto quando proprio non te lo aspetti: nei minuti finali. Ruba palla in pressing, giunge al vertice e poi crossa: te lo aspetti più sul fondo, dov’è accorso Gennaro, già in palla e quindi sarebbe cosa buona e giusta. Ed invece, la sfera è destinata ad una meta più vicina: la testa di Edo, che la spizza quanto basta. Finisce dove un portiere non può proprio arrivare. Me la segno, questa rete. Non soltanto perché decisiva: è troppo bella. Tutino potrebbe metterci una pietra sopra, ma calcia dal dischetto proprio male, dopo un saltello di troppo. La concessione dell’ennesimo rigore è dovuta ad una gomitata rifilata allo stesso Soleri. Pochi minuti in campo, ma da protagonista assoluto. Dei nuovi arrivati, dentro anche Verre ed il danese Graves, che si cala nella bolgia dando battaglia. Sta crescendo, questo Palermo: che si prende il sesto posto e non teme più nessuno. Darà battaglia: da Marassi alla sfida col Frosinone, al Barbera. Avanti un’altra.
Dario Romano
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FA TUTTO LUI

Un filotto importante: quattro vittorie ed altrettanti pari. Il Palermo è in serie positiva, ma a contare è più che altro la svolta, che arriva al Del Duca. Gara rimandata di un giorno: bello spavento e, fortunatamente, null’altro. Si rivede piuttosto l’incubo dell’andata, che al Barbera tagliava la retroguardia Rosanero come la lama col burro: ci prova fin dall’inizio, solo che stavolta la difesa è un’altra cosa e lo stoppa a dovere. Per Gondo, non è aria. Il resto, lo fa il vento giusto, che spinge tutto da una parte: ed ecco l’uragano targato Matteo. Lanciato in fondo, sembra ciccarla ma non sbaglia: Leali si tuffa, ma non basta. Il terminale offensivo, che sa fare reparto da solo, spreca un altro rigore, una sorta di maledizione stagionale, ma una volta sventato un epilogo ingiusto, dal pareggio all’ipotetico svantaggio, il numero nove risale in cattedra, da par suo. Che rete, da spellarsi le mani. Riparte, tiene palla e aspetta, aspetta. La retroguardia dell’Ascoli targato Bucchi lo segue e lo teme: sono in tre, a retrocedere. Non si accorgono che l’hanno sospinto ben dentro l’area. Arriva, da dietro, il quarto: è il momento giusto. Tiro a giro, che di solito apprezziamo da più lontano. Il pallone si alza, forse più del dovuto e leggermente deviato. Invece, la traiettoria è quella giusta. C’è tutto Brunori, nel catino dei Piceni: fa tutto lui, perle e sberle. Un repertorio completo, ad uso e consumo di un complesso che cresce di partita in partita. Convinzione, consapevolezza e forza. Questa, arriva dagli innesti: interessanti e mirati. Debuttano Orihuela e Verre, elemento che con Iachini fece la differenza. Più verticalità, unita all’apporto di fantasia che non guasta. Nei piedi di Tutino, l’imbeccata giusta sarà un’arma decisiva, da qui alla fine di un torneo più interessante del previsto. Corini ci ha visto giusto, a cambiare modulo: si è beccato troppe critiche, anche ad opera del sottoscritto. Questo è il calcio, caro Genio: lo sai meglio di tutti noi.
Dario Romano
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LA LEGGE DI IVAN

Ancora lui, sotto la pioggia. La legge di Ivan risuona al Barbera, non più un fortino inespugnabile, ma esperienza orribile per le cosiddette grandi. Di un campionato forse già scritto in alto, come l’anno scorso. La terza piazza, oggi, sembra una faccenda che ci riguarda. Lo stesso Corini si fionda, felice come raramente lo abbiamo visto da quando siede in panca: soprattutto, quella del Palermo. Che con il cambio del modulo, ha svoltato. Sette gare senza sconfitte, un filotto interessante che nessun altro coinvolge. Una difesa che se non ne prende tre ne prende una o nulla: un punto forte, utile a tenere botta e aperte le partite, dove nel finale può succedere di tutto. E così, contro i Galletti, le Aquile si chiudono a riccio ma non disdegnano le beccate, fino a quella che fa male, a poco dalla fine. La Bari di Mignani è squadra forte, ha talento, ma al Barbera non ha preso il sopravvento. Resterà una delle favorite nella lotta dei playoff, sempre che la Reggina non perda smalto. Gli Amaranto arriveranno dopo il match in trasferta al Del Duca: chissà, magari ci lasceranno anche loro lo scalpo. In uno stadio, speriamo, non sferzato da acqua e vento. Lo scotto da pagare è al botteghino, ma col maltempo sto Palermo sa fare centro. Una compagine che, a quel punto, potrebbe avere anche un nuovo volto. Ha esordito Tutino, voglioso di spaccare tutto: con quel gesto ha aperto solo un varco, infilato da Marconi. Mica poco: mi accontento. Per il resto, mi aggrappo al sogno: di un percorso arduo, ma non impossibile. Non succede, ma se succede…
Dario Romano
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UNO E TRINO

Il Palermino di Corino. Che inizia male, malissimo. Succede spesso, dopo le soste ormai indigeste. I Grifoni dominano e le Aquile restano a guardare. Sulla prima rete in avvio, stendiamo pure un velo pietoso. Il rigore seguente è dubbio, confermando quanto si è capito già da tempo: la moviola è da groppo in gola. Esultanze annullate, che ci allontaneranno sempre più da una passione rivoltata da novità rivoltanti. Servisse davvero a qualcosa: una volta ci prende, tante altre neanche a parlarne. Torniamo alla gara: Marconi la riapre, scoprendosi nuovo cecchino dell’area di rigore. Servono le reti di tutti, anche se non ti chiami Brunori. Cui ci aggrappiamo speranzosi dopo che Valente rimette tutto in discussione, col supporto di una deviazione benedetta. La terza rete dei locali, spettacolare, sembrava averci messo una pietra sopra. E Matteo non tradisce: la mette eccome. Dal Curi ne esce un Palermo uno e trino, che inizia il girone di ritorno con un punticino, pur subendo le consuete tre reti. Un sinonimo di sconfitta, stavolta acciuffato per il rotto della cuffia. A parte il pari col Pisa al Barbera, la regola del tre ci aveva sempre affossato. In attesa dei rinforzi, un Palermo adesso ridotto all’osso, poiché sfoltito a più non posso, attende i Galletti: scontro tra bomber, con il nostro numero nove da ora in doppia cifra e, si spera, più supportato adeguatamente, oltre che motivato giustamente. La sua solitudine, il punto debole di un reparto avanzato che non può prescindere dal suo talento: un patrimonio da sfruttare. Genio, vallo a capire.
Dario Romano
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CHI NON RISICA…

La vedo male. Mirko deve già parare ed è appena iniziata. La Leonessa vuol tornare a ruggire e correre nella savana. Cambia la guida, quando la vigilia del match al Rigamonti è dietro l’angolo. Si rifugia, il Palermo, ma non ci mette molto a capire: il Brescia di Aglietti, non morde. Corini è costretto ad un mezzo passo indietro: Nedelcearu è assente annunciato, Valente e Štulac danno forfait e la panca non lo convince. Vido a supporto, ma è un pesce fuor d’acqua, Di Mariano staziona largo a destra ed il centrocampo è più di spada che di fioretto. Anche i padroni di casa lamentano una coperta troppo corta, ma più che importa è l’atteggiamento. I Rosanero crescono, potrebbero far male. Primo tempo soporifero: la sveglia, alla ripresa. Quando un appoggio errato di Damiani scatena un contropiede apparentemente gestibile, che tuttavia si materializza nella porta ospite. Un incubo, ma il risveglio è in un lampo: l’azione è bella e la conclude Segre, che in area la fa spesso da padrone. A questo punto, le Rondinelle si rintanano e le Aquile potrebbero affondare. Di Mariano corre, ma tra conclusioni e cross non ne azzecca una, Floriano subentra ma non arriva la scossa, Šarić scalpita a bordo campo e dall’ingresso in poi le prende e basta. E Soleri, l’uomo goal dei minuti finali, che resta in naftalina. Chi non risica non rosica: si poteva vincere. Lo dice anche Eugenio al microfono: l’allenatore, piano piano, ha portato il Palermo a due passi dalla zona sogno e più lontano da quella a rischio. Chiude l’anno ed il girone d’andata con un filotto da bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: a voi la scelta. Quella giusta, spetta ora alla dirigenza: partenze e arrivi in imminenza. La differenza, tra la voce grossa e la permanenza, sta tutta qua.
Dario Romano
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TUTTO BENE

La migliore prestazione della stagione. Iniziata proprio mentre si conclude la kermesse iridata qatariota. Una finale al cardiopalma, ovviamente per i diretti interessati. Bella da vedere per i neutrali: ci siamo anche noi, pronti ora per assistere al Barbera ad un match di tutt’altra pasta. L’autorete della Lega è palese: avrebbero dovuto cambiare proprio l’orario, piuttosto che posticiparlo. Ma l’abbaglio non influisce più di tanto: lo stadio è pieno almeno metà. Al cuore Rosanero, non si comanda. Partono meglio i sardi dell’ex Liverani: l’erede in campo di Corini non se la passa bene. Per lui, in arrivo altre streghe: perché il Palermo ci crede, ad una prestazione di livello ed a tre punti di ragguaglio. Štulac si procura un rigore e Brunori non fallisce: il periodo nero di Matteo è ormai soltanto un ricordo. Per lui, una chiamata in Nazionale: uno stage, ma tanta roba. Attaccano i padroni di casa, ad inizio ripresa: trovano il raddoppio con Segre e potrebbero chiuderla con Di Mariano. Benedetto ragazzo, che da pochi passi non la butta dentro. Poi, il cardiopalma passa dal Qatar al Barbera: stavolta, ci riguarda. Pavoletti la riapre quando sembrava finita ed invece inizia un’altra partita. Ne abbiamo visti tanti, di recuperi miracolosi ai Mondiali, compreso l’atto conclusivo: ci tocca toccare ferro, anche per una gara dov’era andato tutto bene. Il recupero è troppo cospicuo: dalle streghe riservate agli ospiti, passiamo ai nostri fantasmi. Ma i tre punti finiscono in saccoccia: sospiro di sollievo. Genio, un uomo in più a centrocampo serve eccome: te ne sarai reso conto. Se vuoi fare ancora più male, hai in panca un bel po’ di manna. Il ritocco, a tempo debito: il mercato, è dietro l’angolo. Siamo più vicini ai playoff che ai playout: chissà che non inizi un nuovo, splendido percorso.
Dario Romano
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CAMBIARE PER NON CAMBIARE

Il pavido Corini. Che rinuncia, per una volta, a Matějů e rilancia Štulac titolare. Una mossa coraggiosa, apparentemente. Perché si rinfoltisce il centrocampo, con una pedina pensante: il peso, è già a disposizione. Segre combatte da par suo, Gomes aggiunge quel fioretto che non guasta, mentre Sala si disimpegna largo a sinistra, dirottando Di Mariano sul lato opposto. Risultato: ne esce un buon Palermo, che ribatte colpo su colpo alla volitiva formazione di casa. De Rossi, accostato ai Rosanero in quel di Agosto, mette in campo un complesso scornato ma avvolgente, veloce, intraprendente. Si soffre, più di tutti il gigante: Nedelcearu ha perso il babbo, ma ha voluto esserci ad ogni costo. Becca subito un giallo, ma reagisce e disputa una gara perfetta. Lo svantaggio non demoralizza gli ospiti, che reagiscono con calma, senza perdere la testa. Matteo si è ormai scrollato di dosso il periodo nero e ritrova il rosa: è a quota otto. Ripresa: si rischia qualcosa, ma Mirko risponde presente, come sempre. Papera a parte. A quel punto, si potrebbe affondare e tentare il colpaccio, perché gli Estensi hanno il fiato corto: hanno speso tanto. Ma al Genio sta bene: immette un confuso Šarić e cambia le punte, per non cambiare niente. Ed arriva un punticino che ci sta tutto. Dal mio punto di vista, un pari alla volta è come accettare una mezza sconfitta. Chi non osa nulla, non speri in altrettanto.
Dario Romano
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SOLO UN TEMPO

Dura tanto, il Palermo. Che sin dalle battute iniziali sembra trasformato: il Como del fischiato Longo è preso d’assalto e soffre in silenzio, ma un palo di Segre e le ribattute su Brunori non ripagano lo sforzo. La squadra di casa appare più determinata, quadrata, volitiva. Le mosse imbastite da Corini, sembrano dare gli auspicati frutti: Di Mariano spostato a destra e soprattutto Vido al posto di Valente, il che consente il disporre di una torre in alternativa al sempre isolato numero nove. Ma le novità ripagano solo a metà: perché l’allenatore, nella seconda frazione, non affonda il colpo. Piuttosto, torna indietro, consentendo agli avversari di uscire più spesso dalla loro metà campo, fino a sfiorare il vantaggio. Un film già visto, che non piace ai più, compreso il sottoscritto. Un atteggiamento che indispettisce: diciamolo chiaramente. Il Palermo di Silvio, con questo passo, non sarebbe mica arrivato in fondo al suo percorso trionfale. Si accontenta, invece, Eugenio, che voleva una grande vittoria pur ribadendo obiettivi tutt’altro che lusinghieri: li sbandiera ai quattro venti, imperterrito. Una sorta di bandiera bianca, sventolata con addosso quel completo che più nero non si può. Per il rosa, bisogna attendere. La nota lieta, il rispolvero di Štulac: che botta, nel finale. Potrebbe mordere anche su punizione: un’arma in più. Fin qui, in naftalina: come il Palermo. Da vorrei, ma non posso. O non voglio.
Dario Romano
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IL RISCATTO DI MATTEO

E tanta rabbia. La stessa provata da chi ha assistito ad una partita scialba: per fortuna, quella del primo tempo. Nella seconda frazione, tutt’altra storia. A scriverla, San Matteo: ferito, umiliato oltre il dovuto. Per carità: lo abbiamo perdonato, ma qualche voce fuori dal coro deve aver lasciato il segno. Forse un bene, perché il numero nove del secondo tempo, contro il Benevento è tornato sontuoso. Gomes, un gioiellino a centrocampo, giganteggia: lotta, ruba palla e la mette in banca. Matteo è lanciato a campo aperto e stavolta non sbaglia. Poi, ci regala una perla: una botta da quaranta metri o poco più e quel palo che grida vendetta. La sua, l’attaccante l’ha già avuta: un gesto di rabbia, rivolto a chi l’ha sparata grossa. Dopo il suo riscatto, il Palermo tiene: gli Stregoni attaccano, ma non inquadrano la porta e si scoprono, con Vido e Soleri pronti a colpire nel finale. Poco male, se il raddoppio non arriva per un soffio. Il team di Cannavaro ha i suoi problemi, apparsi più gravi del gruppo di Corini. Che è indubbiamente Brunori dipendente: un limite da aggiungere a quelli già noti. Lo scontro diretto al Barbera contro il Como giunge, a questo punto, proprio a pennello: si può mettere ulteriore fieno in cascina, in attesa di un ritocco doveroso ad una rosa da rivedere. Lo sarebbe anche il modulo: ma, da questo orecchio, il ‘Genio’ non ci sente.
Dario Romano
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NON È PIÙ CALCIO

Fermo restando che la sconfitta è più che meritata: il Venezia, soprattutto nel primo tempo, ci ha preso a pallonate. Il pari a reti bianche al termine della prima frazione è un segnale: ci è andata bene. Ma nella ripresa, al Barbera, oltre alla pioggia, cala la notte. Scende proprio il male: lentamente, inesorabilmente. Quando vedi Brunori involarsi tutto solo, grazie al regalo di un avversario, lo sai che non può sbagliare. Ma Matteo non è più lo stesso: nonostante la doppietta di Cosenza, che per poco non si è fatta tripletta. Un altro segnale, quel rigore sprecato: stavolta, il più importante. Io non vedo il fallo dell’estremo veneziano: rimango piuttosto stupefatto dall’errore dell’attaccante. Chi ha il goal nel sangue, da quella posizione, non sbaglia. Poi, la giustificazione: c’è un contatto, ecco. E qui parte la sceneggiata di una sceneggiatura da libro Cuore. Tutta a danno del Palermo. Va bene, l’arbitro ha preso un abbaglio: ci può stare. Ma c’è un altro rigore: Matteo, non puoi sbagliare. Ed invece, combina un disastro: non tanto nell’esecuzione, respinta dove l’estremo difensore te la offre su un piatto tutto da gustare. Lui, invece, se lo mangia. Succede questo, quando non sei più te stesso: un girovagare per il campo a cercare quel pallone giusto che non arriva mai. Il danno perpetrato da Corini è enorme: sta sprecando tutto il buono ed il bello che ci ha regalato il buon Silvio. Ma il ‘Genio’ lo sa, che se vuoi far male lo devi affiancare, quel benedetto numero nove: maledizione. Nel finale, quando ormai è sempre troppo tardi, ecco i cambi. E succede sempre qualcosa: il palo di Vido altrove, un rigore in Calabria, un goal che sembra una liberazione. Ma la gioia per la rete di Bettella è effimera: ancora una volta, entra in gioco quel meccanismo cervellotico che hanno creato per affossare ancora di più un calcio che non riconosco. Ricordo un’intervista a Noel Gallagher: la star degli Oasis venne interpellato riguardo il debutto della moviola in campo. Il tifosissimo di quella che è ora la nostra casa madre, ha espresso un concetto che mi è rimasto in testa fino a farne un tarlo: si allarga sempre più, come una ferita in una piaga resa evidente dalla brutta piega degli ultimi eventi. In sintesi: ‘ve lo immaginate!? La tua squadra segna e, ovviamente, si esulta. Ci si abbraccia, si perde la testa. Poi, svanisce una delle prerogative dello sport: l’immediatezza. Goal annullato, come non detto. No, non può durare.’ Che devo dire: si è andato anche oltre. Perché si è addirittura a centrocampo, pronti a ricominciare. Ma l’arbitro ha un dubbio: per noi, inizia l’incubo. Un fuorigioco passivo che più passivo non si può rovina tutto. No, questo non è più calcio. Non lo riconosco, ed è un peccato. Perché, per una benedetta volta, ho visto una gara non interrotta ad ogni minimo contatto. Sembrava una liberazione: prima dell’ennesima maledizione. Noel, che te lo dico a fare: avevi ragione.
Dario Romano
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CERTE PARTITE…

La spaccata di Matteo arriva al momento giusto: quando l’attardata massa rosa, finalmente, invade la curva del Marulla. Sembrava un segno del destino. Poi, ci si mette la legge dell’ex: un Rispoli incontenibile, che recupera, chiude quasi a rete e poi imbrocca un cross perfetto per Florenzi. Il più talentuoso del Cosenza torna in campo proprio contro il Palermo: un altro segno, stavolta nefasto. Come quel recupero che costerà più caro del previsto. La ripresa è per cuori forti: una rete balorda, scaturita da un tiro che si trasforma in assist, un pari che ci può stare, con un Brunori che torna a stupire e poi basta. Getto la spugna, senza sapere che mi toccava pure un altro boccone amaro. Quando Larrivey mette sul piatto le solite tre pappine indigeste, capisci definitivamente che ci risiamo, che la porta inviolata per tre gare era solo uno scherzo. Poi, quel fallo di mano: quando il Genio mette dentro anche Vido e si rivede il Palermo. Quello che sapeva e che sa ancora come far male. Matteo ci crede: da capitano indomito, lo ribadisce più volte al direttore di gara. Il tocco c’è stato: aspettiamo la conferma dalla sala VAR, facciamo come col Pisa. Si era al Barbera, stavolta in Calabria: poco importa. Rigore, pari e tutti a casa. Il pallone, spetterà di diritto al numero nove: se lo meriterebbe. Ma certe partite…
Dario Romano
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IVAN IL TERRIBILE

A volte la toglie, a volte la mette: determinante. Se aggiungiamo che si tiene botta da tre gare, la difesa è da elogiare: segna pure uno del reparto, guidato da un Mirko mostruoso. E Ivan si prende lo scettro dello zar: il terribile. Lo spartito voluto dal Genio voleva proprio questo: contro un Parma falcidiato dalle assenze, c’era poco da sperare a prescindere. I Ducali, restano comunque uno squadrone. Piedi buoni, raffinati: a partire dal Mudo, che dalle parti del Barbera conosciamo fin troppo bene. Regista, trequartista, tuttocampista: quel nascondere il pallone per farlo riapparire come per magia. Fino al regalo concesso: perde palla, in un campo che tiene, nonostante tutto. Quando arriva il diluvio, il misfatto che costa caro al complesso di Pecchia: svetta Marconi e per gli emiliani son dolori. Il Parma domina, ma non punge, mentre il Palermo si chiude a riccio e riparte in contropiede. Un giochino che non piace, ma frutta punti: due pari e due vittorie e si abbandona il fondo. Il momento, è topico: dall’inizio del campionato, il migliore della serie. I meriti, di tutti: presi singolarmente, nulla da eccepire. I demeriti: un modulo che non convince, che ci ha messo tanto, a compiere il rodaggio. E ci restituisce una squadra da cardiopalma: tutti dietro la palla e pronti a pungere quando e a chi capita. Una musica che non sorride al numero nove: impelagato a lottare, circondato da maglie avversarie. Così è, se vi pare.
Dario Romano
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PIGLIATUTTO

La saracinesca. Mirko sventa tutto, comprese le reprimende per quella papera al Barbera costata troppo cara: era dietro l’angolo, fino ad arrivare in porta. Prendere o lasciare: io prendo eccome. Pigliacelli è questo: un portiere con i fiocchi, altro che saltimbanco. Oltre i piedi, c’è di più. Il rischio, è del mestiere. Il resto, tutta bile per Falcinelli: che perde e non soltanto ai punti. La sontuosa prestazione del portierone coincide con quella all’altezza della squadra. Contro il Modena di Tesser, il Palermo riassapora la vittoria, che in trasferta mancava dalla notte magica di Padova, quando il percorso di Silvio ha intravisto il traguardo. Un miraggio, quel Palermo, oggi trasformato e guidato dal Genio contestato e confermato, nonostante l’avvio di torneo più che balbettante. E non è tutto oro, quello che luccica a Modena. Matteo si sblocca dal dischetto e Nicola non fa rimpiangere l’infortunato Elia, che rivedremo chissà quando. Per lui, il campionato sembra finito. Una tegola grossa, compensata dalla buona vena del sostituto: più spalla per Brunori e meno propenso del titolare a raggiungere il fondo per metterla al centro. Forse un bene, ma la punta sembra ancora troppo isolata. Corini deve rifletterci: ritrovata un po’ di serenità, mediti sulle soluzioni. Sono tre punti importanti che fanno morale, ma attenzione: senza le parate del portierone, il tormentone del #coriniout più virale che mai.
Dario Romano
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CONTENTO LUI

Un passo indietro, senza la regola del tre a farla da padrone. Stavolta, la porta resta inviolata: purtroppo, anche l’altra. L’unico segnale positivo di una gara scialba. Perché il Palermo non sfonda ed il Cittadella ringrazia. Ospiti che sfiorano pure il colpo grosso nel finale, ma quel poco da recriminare spetta ai padroni di casa. Una traversa di Valente su punizione e basta. Corini si dichiara soddisfatto: contento lui. Intanto, imperversa l’hashtag #coriniout. Ogni commento, è superfluo. Sono lontani i tempi degli esoneri: alcuni ingiustificati ed altri, colpevolmente, ritardati. Nel Palermo del nuovo corso, fin qui ha avuto la meglio soltanto la pazienza: della dirigenza, autoctona ed oltremanica, non certo della tifoseria. Il rischio, è uno scollamento, oltre che un disastro sportivo. I punti contano, a fine campionato. E, di questo passo, si rischia più del dovuto. Perché i giocatori ci sono, la voglia non manca: a regnare, un’intermittenza manifesta e poca convinzione. Eugenio stenta: avrà capito che il suo modulo non è adatto alla causa, eppure insiste, cambiando tutto quando mancano solo pochi minuti al termine. Risultato: un Brunori mortificato, isolato nell’area avversaria, tra le maglie strette di giocatori che non sono da terza serie. E pensare che in panca scalpita quel Soleri dei dispiaceri, finali, altrui. Edoardo è ormai la terza scelta. Il jolly offensivo, per il Genio, è Vido: il signor palo. A Modena non sarà ultima spiaggia: il City Group non ha fretta. Una scelta coraggiosa, senza dubbio. Sarà il campo, a confermare o smentire tutto. Sempre che non sia già (e su questo insisto) troppo tardi. Da segnalare il debutto di Devetak: non male. In un ruolo tra i più coperti della rosa, ma dagli interpreti non proprio convincenti. Uno dei fattori, al momento, tra i più determinanti. Ma se il serbo tornerà in naftalina, causa l’evidente dipendenza dell’allenatore dalla presenza, funesta, del ceco che non ne azzecca una, vorrà dire che il timone non si vuol proprio raddrizzare. Questo, scusate, è masochismo. Una nota sull’arbitro: non si può fischiare tutto. Questa, scusate ancora, è incompetenza.
Dario Romano
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ANCORA TRE

La costante. Nonostante un miglioramento evidente. Singolarmente, una buona prova, un segnale di ripresa che non basta. Succede che il Pisa la mette comunque, rendendo proibitiva un’impresa che sembrava già fatta. Ed arrivano, ancora, le tre pappine indigeste. Forse, Corini avrà capito che Brunori non può fare tutto da solo. Ne giova lo stesso Di Mariano, finalmente sbloccato. Ancor di più Elia, autore di una doppietta tuttavia non corroborata dalla soddisfazione di una vittoria. Che manca ormai da troppo tempo: non ci eravamo più abituati. Deve lavorare tanto, questo Palermo, che sta accumulando un ritardo preoccupante. Due sole vittorie in nove giornate: troppo poche. Contro i toscani, subentra il rammarico finale, con quel palo di Vido che avrebbe mandato giù lo stadio. Ma il pari ci sta: la formazione di D’Angelo non ha rubato nulla, anche se ai punti avrebbe dovuto accettare la sconfitta. Rosanero più quadrati del solito, con Gomes e Broh che chiudono e ripartono, mancando del piede giusto per imbeccare l’uomo che possa essere altrettanto. Non si può avere tutto, ma l’assenza di un regista pesa, sempre che non si torni al bel modulo del ‘percorso’ tanto caro a Silvio. Quello che il Genio non inquadra neanche col binocolo. Al Barbera, il Cittadella sembra l’avversaria giusta. Ma attenzione: purtroppo, guardo ancora al bicchiere mezzo vuoto. Perché il Palermo di oggi, in trasferta, le avrebbe prese. Tre pere a gara, sono troppe: comunque e dovunque.
Dario Romano
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CALIMERO

Il Genio nero. Arrendevole, impotente. Chissà cosa gli passa, per la testa. Te lo chiedi inevitabilmente, quando lo vedi a bordo campo, rivolto verso uno spettacolo che non potrà continuare ancora a lungo. Fermo restando che, a divertirsi, sono gli altri: semplicemente, giocatori e tifosi avversari. Non voglio prendere in giro Eugenio Corini, un totem nelle vesti di capitano Rosanero, ma un timoniere piccolo piccolo dalla panca. Sembra Calimero e fa pure tenerezza, con quella polo o maglietta. Richiama, suo malgrado, all’amaro che caratterizza la nostra storia. Il rosa, non lo vediamo dal San Nicola, con una spruzzata riservata al Barbera: vittima, la corazzata Genoa. In un fortino inespugnabile che adesso è anche terra di conquista. Poi, il buio assoluto, già comparso al cospetto di un Ascoli che sembrava il Real Madrid. A Terni, la compagine di Lucarelli ne fa tre come la squadra di Inzaghi: con la differenza che, rispetto alla Reggina, la Ternana colpisce duro nella seconda frazione, quando ha capito che si poteva affondare senza rischiare. Un film già visto, che preoccupa tanto. Come lo stato di quiete trasmesso da Albione. Il messaggio di aiuto, non è pervenuto. Il Palermo di Zampa è soltanto un ricordo, nel bene e nel male. Ma attenzione: ad esagerare, nelle scelte sbagliate, ci si può scottare. Due match tra le mura amiche attendono questo Palermo confuso e infelice, ridotto alle scuse, di fronte ad una curva inviperita di ultras arrabbiati al Liberati: la pazienza di Manchester, al Barbera non alberga. Sarà la svolta. Dolce, o amara.
Dario Romano
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MANCHESTER, ABBIAMO UN PROBLEMA

La papera di Pigliacelli: la aspettavamo. Quello che non ti aspetti: un Palermo che non possiamo neanche definire irriconoscibile. Perché i Rosanero si son fermati a Bari. Quando Corini perde la calma e reagisce all’arrembaggio finale dei Galletti cambiando tutto: uomini in campo, innanzitutto. E la mentalità. Quella vincente, che ti fa arrivare prima sul pallone, che ti fa mordere le caviglie, che ti fa ripartire con un unico scopo: fare male. Dal San Nicola in poi, soltanto un barlume contro il Grifone. Il resto, un disastro. Squadra slegata, svogliata, timorosa. Un modulo che non convince neanche il suo artefice, che contro il Südtirol cambia faccia più volte ai Rosa ma non l’avventura. Ci poteva stare il pari, senza dubbio, ma il problema è un altro. E, a questo punto, se ne saranno accorti anche in terra d’Albione. Manchester non è Zampalandia e può, alla lunga, far piacere. Ma attenzione, City Group: guardate cosa succede oltre la Manica. Qui, la coperta, è troppo corta. Nuovi arrivi roboanti ma inconsistenti, un Brunori al di sotto dei suoi livelli, un tecnico avvolto tra pensieri evanescenti. Lo ricordo, il Genio, che sulla panca del Brescia urlava ed incitava a più non posso. Un film che al Barbera ed altrove non abbiamo visto. Risultato: fortino di nuovo espugnato e trasferte da tregenda. Fiducia incondizionata!? Fino ad un certo punto. Con tutto il rispetto, il popolo vuole la sua testa. Commenti all’unisono, nel mondo affidato ai leoni da tastiera. Che, forse, questa volta non hanno tutti i torti. Terni è l’ultima spiaggia, per Eugenio. Poiché una promozione non la pretendiamo, ma tornare sotto non ce lo possiamo permettere. Da Palermo a Manchester: rispondete, se ci siete. Qui, abbiamo un problema.
Dario Romano
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FACCIAMOCI DEL MALE

Che tristezza: vedere un attaccante con i fiocchi sacrificato a mal partito. Perché è questo, lo spartito che offre, si auspica soltanto momentaneamente, il Palermo affidato al Genio. Non voglio criticare Corini, non voglio neanche aggiungermi alla moltitudine di allenatori virtuali che abbondano, nello Stivale. Ma dannazione, i numeri parlano. E ci raccontano che Matteo Brunori è esploso grazie ad un modulo che l’ha lanciato alla ribalta, lancia in resta. L’appoggio di Luperini, che gli liberava spazio e lo strazio di un marcatore aggiunto, le scorribande di Floriano e Valente, più stretti, più vicini al centravanti, nel ruolo di trequartisti e letali, all’occorrenza, tanto quanto la punta di diamante. Le tre S del nuovo centrocampo, fin qui, non battono colpo, mentre Elia e Di Mariano non sembrano valere più di tanto i due protagonisti, nelle vesti di alfieri, della promozione. La zona nevralgica appare statica, con il solo Segre a tentare una fortuna che col Frosinone non gli arride: a segno contro l’Ascoli, ha sfiorato un pari che ci poteva pure stare, ma eravamo abituati ad un Palermo maramaldo, pronto a colpire fin dalle battute iniziali. La rete di Moro, favorita da una deviazione che ha trasformato un tiro destinato a lato in oro, ha cambiato i piani di un pari che sembrava stare bene a tutti. Rispetto e timore, a prevalere su entrambi i fronti, per tutta la prima frazione. Cui segue un arrembaggio con qualche rischio di troppo in contropiede, in una ripresa frammentata dalla solita girandola assurda: lo spettacolo viene a mancare, tra dieci cambi e ci si deve rassegnare a contemplare quella lancetta che scorre inesorabilmente. Unica nota lieta: tanti insulti da entrambe le parti, ma senza incidenti. Temevo questa gara, per le ruggini inevitabili. Vince Grosso e Corini incassa la terza sconfitta. A Manchester, non sarà una gita: ci si allenerà, si giocherà pure un’amichevole dal sapore internazionale. Affiatamento, è la parola d’ordine. Si sfida il Forest, sperando che il Genio si illumini. Altrimenti, nel perseverare, vorrà dire: ma sì, facciamoci del male.
Dario Romano
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IL CAPITANO

A segno ancora: in totale, fanno trentacinque. Nell’anno solare, supera pure il lungagnone per eccellenza. La differenza, rispetto alla gara contro l’Ascoli che è costata la sconfitta, è rappresentata da una gara che lo vede assoluto protagonista. Perché il capitano fa sentire forte la sua presenza: più coinvolto da un centrocampo composto dalle tre ‘S’ novelle e di buone speranze, più pericoloso in area e non solo. Matteo veste anche i panni del baluardo e sventa, in doppia battuta, la disperata ricerca di un goal che per il Vecchio Balordo non arriva. Il resto, è opera di Mirko: Pigliacelli, le piglia tutte. Buon piglio, per il Palermo, fin dalle battute iniziali, ma ci si mette poco a veder le streghe. Per fortuna, solo un fantasma: Ekuban si rivela la brutta copia di Gondo e manca la rete da posizione più che favorevole. Gli uomini di Blessin dimostrano un certo affiatamento, ma soffrono le ripartenze dei Rosanero, caricati a mille dopo la disfatta di Reggio. Dopo un primo tempo concluso con un pari giusto, la sgroppata di Di Mariano: Ciccio, sulla sua fascia di competenza, al quarto della ripresa, cambia volto alla partita. Una deviazione fortunata libera un rapace affamato che non si fa pregare più di tanto. Poi, la reazione annunciata, respinta al mittente da un portiere sorprendente e da un fuorigioco certificato dal VAR. Bravo il Palermo, che per un bel pezzo sarà condizionato dai lavori in corso, ma col conforto di tre punti importanti conquistati contro un avversario dalla caratura non indifferente. Il Genoa, la gran favorita, cade proprio nello stadio che dimora all’ingresso di quel parco che così si appella: si torna a far festa, in un’estate infinita. L’atmosfera da notti magiche, al Barbera o Favorita che dir si voglia, è ancora di casa.
Dario Romano
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LAVORI IN CORSO

Molteplici, le ragioni del tracollo di Reggio. Innanzitutto, diamogli tempo: il Palermo è cambiato e non dimentichiamo che proprio questo, era richiesto a gran voce. Quando Corini ha provato a centellinare l’innesto dei nuovi arrivi, è arrivato il disastro al Barbera, espugnato dopo una serie non indifferente. Un anno e mezzo: mica baubaumiciomicio. Contro la Reggina di Pippo Inzaghi, spazio alla nuova cavalleria. Con un centrocampo che, a detta di molti, pare tra i più attrezzati della categoria. I piedi buoni ci sono, lo abbiamo visto. A mancare, ovviamente, è l’intesa. La mentalità vincente, mettiamola da parte. Per l’undici titolare della scorsa stagione, bisogna guardare più che altro in panca. E poi, il modulo. Sembra una sciocchezza: tra il 4-3-3 ed il 4-2-3-1 la differenza sta tutta in un uomo che staziona più arretrato. Ma è proprio questo, il punto. Luperini agiva tra le linee, portando scompiglio in fase offensiva e dettando i tempi del pressing alla mediana. Štulac è un regista alla vecchia maniera: qualcosa che mancava dai tempi di Liverani, erede nel ruolo proprio del sommo Genio. Inoltre, Elia e Di Mariano stanno larghi: meno sulla trequarti, rispetto a Valente e Floriano. Risultato: la solitudine del numero nove. Pur eletto capitano, Matteo non sembra più lo stesso. Per carità: due gare al di sotto delle aspettative ci possono stare, per uno che la mette spesso e comunque. Contro l’Ascoli, non la vede quasi mai, ma che rete ha fatto. A Reggio, invece, un miraggio. A toccare con mano, piuttosto, l’atteggiamento di un reparto difensivo troppo distratto e ‘molle’. La marcatura a zona sui corner è follia pura, come il permettere ad un solo giocatore di fare ciò che vuole in area di rigore. Errori banali, frutto di una confusione che ci può stare. Il paradosso: il reparto della rosa più affollato, risulta il meno attrezzato. A preoccupare, anche quel mordere le caviglie che abbiamo visto fino al primo tempo della gara al San Nicola. Poi, il buio. Il tempo per rimediare, non manca. Ma è il Genoa, prossimo avversario, che mi spaventa: lavori in corso, per il Palermo. In attesa del Vecchio Balordo, per un incontro che profuma tanto di SERIE A.
Dario Romano
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UN ANNO E MEZZO

Dalla Juve Stabia all’Ascoli, il passo è lungo un anno e mezzo. Quasi, visto che era il 07 Marzo. Si trattava del debutto casalingo per Giacomo Filippi, reduce dal clamoroso al Cibali. Quattro sberle dei campani e via al sogno playoff. Il percorso di Silvio ha portato ben altro, mentre adesso tocca al Genio, che al cospetto dei Piceni ha toppato, ammettiamolo. Ma non mettiamolo in croce: la fiducia alla vecchia guardia ha il suo perché: il Palermo, fin qui, aveva fatto bene. Cambiare in fretta, un segnale non edificante. Eppure, a conti fatti, un errore. L’assenza di Marconi libera spazio a Lancini ed una prateria a Condo: la lama sul burro, l’ivoriano che ha spaccato tutto. Il resto, è una frittata condita dalle incertezze in serie di un Nedelcearu da rivedere: anzi, da inorridire. Rosanero irriconoscibili, già dalle battute iniziali. Neanche il goal del puntuale Brunori ridesta la squadra, infilzata a tempo scaduto da un contropiede spettacolare, soprattutto per l’esecuzione finale. L’innesto delle nuove e sapienti leve rinvigorisce uno spartito che tuttavia cambia ben poco. Basta altrettanto a Jacopo: Segre riapre gara e speranze, chiuse in quella botta assurda di Leo Štulac. Come a dire: la rivoluzione non è ancora finita, ma si è perso un tempo e la partita. Cristian Bucchi si prende la sua rivincita: ha imparato a sue spese i segreti del Palermo. Al ritorno, troverà un avversario più forte, più rodato. Siamo un cantiere aperto: ne uscirà una rosa più competitiva, più adatta ad una categoria tosta. Questo, lo sapevamo. Avevamo undici eroi e passa: il tempo, non scherza. Ci si può ritagliare uno spazio, a buon diritto. Prendere qualche fischio di troppo. Poi, un nuovo inizio: sta cambiando tutto.
Dario Romano
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BROGBA

L’accostamento con l’ivoriano d’oro è fuori luogo: ma il gioco di parole, letto in rete, mi è piaciuto. Anche il ruolo, è ben diverso. Ma Jérémie Delphin Broh Tonye non ha nulla da invidiare, ad un bel po’ di virgulti del pallone. Il giocatore che avevo ammirato contro il Perugia, a Bari mi ha definitivamente conquistato. Una forza della natura, devastante in progressione palla al piede. Ma c’è anche dell’altro, in un Palermo che ha confermato quanto di buono avevamo visto. Almeno, nel primo tempo. Ammettiamolo: anche il doppio vantaggio, poteva stare stretto. Nonostante quattro elementi locali di buon livello che hanno creato spavento: Maita, Botta, Folorunsho e Cheddira. Ma chiddici: ai quattro Galletti ruspanti, rispondono le Aquile ficcanti. Elia, Broh e Valente dilagano, mentre a sinistra Crivello e Floriano sbagliano spesso. L’ex barese, tuttavia, si è impegnato allo spasimo, pagando in precisione. La pecca dell’egoismo, invece, tocca a Brunori: che volete, la ricerca della rete è il suo pane. Dolce e qualche volta amaro: è tradizione e facciamocene una ragione. Come nell’episodio del pareggio: molto dubbio, ma Damiani ci ha messo del suo. Un’ingenuità costata cara: l’esperienza conta, a questi livelli. I tre cambi hanno rivoluzionato i padroni di casa, che sono apparsi all’improvviso più mobili e determinati. Nulla può, Pigliacelli, autore di una parata miracolosa ed ancora uomo aggiunto con qualche rischio di troppo. Quando Cheddira segna, la frittata era già fatta. Nel finale, si immola Marconi: un’espulsione che vale un punto. Gli arrivi di Bettella, Štulac e Di Mariano, rivolteranno il Palermo come un calzino. C’è tanto di buono, non dimentichiamo. Il Genio, può metterci del suo: tra dieci giorni, avrà soltanto l’imbarazzo della scelta.
Dario Romano
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L’EREDITÀ

Fa caldo, pure troppo. Mi chiedo quanto durerà, l’atteggiamento di un Palermo che corre, quando occorre, a più non posso. Detto che a stancarsi dovrebbero essere gli uomini di Castori. Che girano a vuoto, a caccia di un pallone che invece gira e rigira tra i piedi di Pigliacelli, Sala, Marconi, Damiani. Quando il Perugia ci prova, arriva il treno targato Broh. Giganteggia: è presente ovunque. La ripartenza, innesca la punta ed il gioco è fatto: se la prende Brunori, son gioie per noi e dolori altrui. E così, la prima al Barbera si materializza in vittoria, perché da Baldini a Corini è cambiato poco o nulla. Non sarà sempre così, ma il Genio non è un matto: l’eredità l’ha colta e luccica come la sua capa. Ci aggiungerà quel che verrà: a sentire le campane, tanta roba. E allora, perché non sognare. Perché le avversarie non son tutte della stessa pasta. C’è tanta manna, nella serie cadetta. Gente d’esperienza, che ha calcato i campi del gradino ulteriormente superiore. Eppure, il materiale a disposizione del tecnico di Bagnolo Mella non è niente male. Si è partiti con cinque elementi diversi, rispetto alla formazione tipo adottata del buon Silvio. A dettarla, anche l’esigenza: a centrocampo, la coperta non è soltanto corta. Dopo lo stesso Broh e Damiani, proprio manca. La buona novella, è rappresentata da un portiere che gioca con i piedi e che accentua l’inferiorità numerica degli ospiti. E poi, da un Elia incontenibile, già d’intesa con un Brunori imprescindibile: che assist pazzesco. Tutti sospinti da un pubblico straordinario e da una mentalità che è ormai un marchio di fabbrica. Il Palermo ha cambiato proprietà, allenatore e giocatori. Tra arrivi e partenze, non è ancora finita. Ma a far la differenza, è l’eredità: figlia di quel celebre percorso che non sembra ancora finito. Il suo frutto, ha il sapore dolce della vittoria: sospinta da una mentalità vincente. Non è poco: per questo, ogni scelta viene ponderata. A questo Palermo, non servono soltanto dei giocatori. Uomini, innanzitutto. Il resto, lo farà il campo.
Dario Romano
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IL GAP

Non male il primo tempo, per il Palermo guidato da Di Benedetto. Stefano mette in campo una formazione quadrata, attenta in difesa e pronta a colpire. La missione, è compiuta soltanto per la prima frazione. Nella seconda, tutto il GAP al cospetto dei Granata viene a galla. Da sottolineare che la prima marcatura è un po’ viziata dal direttore di gara, che fa da blocco a discapito proprio del Palermo. Si può recriminare anche per un vantaggio sfumato per un soffio: chissà, ma lo spartito non sarebbe cambiato più di tanto. Bene De Rose, ottimo come sempre Brunori, che ha riservato numeri da alta scuola in un teatro consono al suo talento: un peccato, ma resta a secco, una volta tanto. Poi, subentra una superiorità devastante: le lunghe leve degli uomini di Ivan Jurić prendono il sopravvento, mostrando un divario fisico, oltre che tecnico, davvero incolmabile. Da rivedere l’estremo difensore: Mirko Pigliacelli è sembrato poco attento e reattivo, mentre mi ha impressionato il romeno Ionuț Nedelcearu, anche lui tuttavia coinvolto nella resa della ripresa. La fumata bianca riguardo il rebus allenatore si è intanto conclusa: niente sorprese. Come preannunciato, il Genio è tornato. In bocca al lupo, Mister. Il centrocampo era il tuo regno ed è scoperto, il reparto. Sai cosa serve: chiedi le pedine giuste. Perché il Torino, ovviamente, è più forte, ma questa serie cadetta non scherza. C’è sempre un GAP da colmare: da non dimenticare la disfatta col Pisa. Una sgambata che ha lasciato il segno: da allora, è cambiato tutto. Non è passato tanto tempo: lo stesso che, adesso, stringe di brutto.
Dario Romano
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PAROLA DI MATTEO

Ne abbiamo sentite tante. Troppe, nel gran rifiuto di fine Luglio: con tutto il bene che ti voglio. L’addio di Silvio lascia un nervo scoperto, inutile nasconderlo. Non mi ha convinto più di tanto, soprattutto per i tempi. Dai proclami sbandierati al vento ad un soffio scaturito dal malcontento, il passo è stato troppo breve. Ce ne faremo una ragione. E mentre dalla stanza dei bottoni si sfoglia l’ampia rosa dei papabili allenatori, riecco i colpi di Brunori. Denari ben spesi, per un attaccante ancora più forte di ogni ottimistica previsione. In spaccata, di testa, dal dischetto: un repertorio completo, che lo porta alla prima tripletta in maglia rosa. Si spalanca anche la porta di casa, dove entrerà il pallone. Tra fiumi di parole e fulmini a ciel sereno, il tuono ha il suo rombo: altro che percorso. La parabola dei Rosanero è scandita dalla parola di Matteo. Stefano Di Benedetto schiera il Palermo con lo stesso modulo di Baldini: saggio, ci mancherebbe altro. Ma è su questo punto che bisogna battere il chiodo: che stia ben fisso. Il profilo di Eugenio Corini, prima certo e adesso soltanto in pole, garantisce serietà e professionalità, la conoscenza giusta dell’ambiente ed una dose di riconoscenza non indifferente. Ma non convince, ammettiamolo. In panca, il Genio non ha impressionato. Mi ha colpito, d’altro canto, il non voler agire in fretta. Il City Group sta vagliando: è cosa buona e giusta. Spero tengano conto anche del modulo che ci ha portato in alto: le vittorie in serie in trasferta nascono dall’approccio tattico e psicologico. La mentalità: un altro punto da tenere in considerazione. Battuta l’onesta Reggiana dell’ex Aimo Diana, ci si appresta ad una gara dal sapore dolce della massima serie. Godiamocela, perché la festa di un Giugno indimenticabile, nella nostra testa, non è ancora finita.
Dario Romano
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SERIE C 2021-2022
NOTTI MAGICHE

L’inizio, desta più di un sospetto: ammonito Dall’Oglio, troppo presto. Poi, la spinta in area su Brunori: Perenzoni, ignora. Tira una brutta aria: un’impressione spazzata dall’atteggiamento giusto. Il Padova, non spaventa: tutt’altro. Perché il Palermo è sceso in campo sospinto da una bolgia maestosa e da una condizione atletica superiore. Emerge questo, da più di un mese a questa parte, fino all’atto finale: un fattore determinante. Poi, è rigore: sacrosanto. L’arbitro ed il VAR han visto giusto, scacciando anche i dubbi iniziali: i ricordi di Frosinone non si possono cancellare. Matteo, sposo novello, non tradisce dal dischetto. Donnarumma balla e copre bene la porta, ma la finta lo inganna e sceglie il lato opposto ad una conclusione perfetta. Il Barbera esplode: l’ennesima notte magica inizia nel migliore dei modi. Senza patemi, nonostante gli anatemi dei gufi: hanno dato gli uomini di Oddo favoriti a prescindere da tutto, compreso il risultato dell’andata. Una mezza sentenza, certificata dopo una settimana che è sembrata infinita. Siamo ad un passo, ma occhio: tranquillo, ci pensa Silvio. Che sostituisce i due ammoniti (oltre a Dall’Oglio, un confuso Lancini) e suona l’ennesima carica. Perché non è tempo di barricate: con questo Palermo, non le vedrete. Il Padova arranca, non ci crede: ha il fiato corto. Intanto, i Rosanero sfiorano il raddoppio, fino all’espulsione del capitano patavino: finiranno in nove. Baldini si sgola per mantenere ordine: le briglie, troppo sciolte. Lo stesso Odjer, tampona e riparte in cerca di gloria. Non c’è storia: la missione è compiuta. Bravi tutti: attenti, concentrati, vogliosi. In una cornice da sogno, si materializza un percorso lineare, che da Monopoli in poi ci ha visto trionfare in ogni dove. Interessava questo, all’allenatore: l’esito finale. Una promozione meritata, senza attenuanti concesse ad avversari inferiori, sotto tutti i punti di vista. Sembrerà paradossale, ma l’avversaria della semifinale, la Feralpisalò, è sembrata più squadra, rispetto ai Biancoscudati. Sia all’andata, nonostante il punteggio pesante, che al Barbera. Idem per le precedenti: Triestina ed Entella. Un percorso netto, da grande squadra. Anche quando è sorta la complicazione: inevitabile, in un mini torneo piuttosto lungo. Il momento peggiore: il doppio svantaggio riacciuffato con gran piglio al secondo turno. Otto gare, quattro notti magiche per una primavera indimenticabile. Il sogno di una notte di mezza estate potrebbe riservarci altre sorprese: liete, perché il cielo è sempre più rosa, sopra al Barbera. Non succede, ma se succede…
Dario Romano
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COL MARMO

La lista, ormai, è lunga. Monopoli e Bari più le quattro nei playoff. Senza dimenticare il colpaccio ad Avellino. Questa col Padova, resterà l’ultima della stagione. L’ennesima affermazione in trasferta, per una squadra che l’allenatore ha forgiato da par suo: col marmo. Ormai, le sonore vittorie del Palermo lontano dal Barbera non si possono etichettare come frutto del caso. C’è tanto lavoro: psicologico, innanzitutto. Ma non solo: Silvio non è tornato a Palermo con la cavalleria. Gli uomini a disposizione sono praticamente gli stessi: a parte gli innesti di Damiani e Felici, ai margini, la rosa non si discosta mica dalla truppa che con Filippi non ha reso come sperato. Son questi, i meriti di un tecnico che ha dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che il timone conta eccome. La rete di Floriano in avvio è frutto della convinzione, dell’alto rendimento di un reparto offensivo da paura. Il resto, proviene dalle retrovie: il salvataggio sulla linea di Marconi è l’immagine e la somiglianza di un capolavoro migliorato di settimana in settimana. Una squadra attenta e concentrata, anche a non prendere cartellini decisivi. Ne fa le spese il solo Damiani: per l’atto conclusivo, sarà pronto Dall’Oglio. Poteva andare peggio. Idem per il risultato finale, ma attenzione. Un pari sarebbe stato più giusto, ma anche il raddoppio non avrebbe fatto gridare allo scandalo. Perché non ha fatto barricate, il Palermo. Matteo ci ha provato, anche nel finale. Ma Brunori ci riproverà, tra una settimana: questo è certo. Basta che il buon Massolo non vada più a caccia di farfalle e se ne resti in porta: dove sprigiona tutt’altra sicurezza. Ci siamo, ormai: ad un passo da un sogno che, a colpi di scalpello, si sta pian piano realizzando. From Massa Carrara, with love. Per me è apnea: immersione totale per farci l’amore. Con chi, è ovvio: ma col Palermo, che altro.
Dario Romano
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IN FINALE

L’epilogo era stato già scritto, grazie ad una sontuosa prestazione dei rosa in quel di Salò. Ma la serata del Barbera ha riservato anche altro: una festa del calcio, che ha coinvolto tutti. Dal pubblico, sempre più numeroso, agli avversari, usciti a testa alta, privati del pari di Khadim nel finale soltanto per una questione di centimetri, ma appagati per aver partecipato da protagonisti ad un ottimo campionato ed alla sua appendice. I ragazzi di Vecchi partono a spron battuto, esaltando un ottimo Massolo, attento sui tiri dalla distanza a ripetizione. L’ennesima sentenza di Brunori arriva allo scadere della prima frazione e, per una volta, possiamo goderci lo spettacolo senza patemi d’animo. Nella ripresa la musica cambia, perché per gli ospiti crederci era un dovere, ma se non è cosa poi si molla. Ed il Palermo gioca più tranquillo, stando attento anche al cartellino giallo, che equivarrebbe ad un disastro. Missione compiuta anche su questo fronte: Baldini esaurisce i cambi anche allo scopo, rilanciando Somma che prende pure la traversa. La rete annullata alla Feralpisalò ci regala anche la vittoria: la prima in casa nei playoff, dopo gli scalpi colti in trasferta. Sull’altro fronte, il Padova la ribalta e la spunta in pieno recupero ai danni di uno speranzoso Catanzaro. All’Euganeo, domenica prossima, si disputerà la finale d’andata contro la gemellata. Siamo ad un passo da un sogno che si sta realizzando: oltre all’esito sportivo, immaginare una città così stretta intorno al Palermo, con numeri da capogiro, era già qualcosa di straordinario. Merito di Baldini e dei suoi eroi: li chiama così, i Rosanero. E poi dicono che l’allenatore non conta. Silvio merita un approfondimento: non è ancora tempo. Prima, bisogna vedere come va a finire.
Dario Romano
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DEVASTANTI

Oltre ogni più rosea delle previsioni. Il Palermo di Silvio non finisce di stupire: a Salò, un dominio assoluto, ingigantito dall’ottima prestazione degli uomini di Vecchi, volenterosi ed impotenti di fronte ad un’avversaria devastante. La Feralpi ci prova, ma il campo è ben presidiato dai Rosanero, pronti a mordere e far male. Perfetto Damiani, scelto al posto di Dall’Oglio. Saggio capitan De Rose, l’uomo di raccordo. Sontuoso Luperini, ai suoi massimi livelli: così ne giova tutto il complesso, che si ritrova con un uomo in più a centrocampo ed in attacco. Dove Brunori fa sfracelli insieme ai suoi fratelli. Un doppio schiaffo alla fine del primo tempo, con due reti capolavoro del duo tremendo. Il miglior Floriano lo stiamo vedendo nel momento giusto: anche questo è un buon segno. Ma anche il resto della serata, porta bene. Quando l’ottimo arbitro Ferrieri Caputi ricorre al VAR per assegnare il rigore che la potrebbe riaprire, entra in scena Massolo. Abbiamo un para rigori e non lo sapevamo. Ma il buon Samuele non si limita a questo: come già sottolineato, fa presenza ed infonde sicurezza ad un reparto difensivo che appare trasformato. E nel finale, ecco l’ennesima perla: targata, come spesso capita, Soleri. Ormai ad un passo dall’ultimo atto, ma occhio: una selva di diffidati, da tenere buoni buoni. Il momento è decisivo, ma bisogna affrontarlo a ranghi completi: undici giocatori più i rinforzi dalla panca e la carica dei trentamila e passa. Baldini meriterebbe una statua: ha cambiato tutto ed in meglio. Diamogliene atto.
Dario Romano
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DIECI ANNI DI VITA

Un match diverso, rispetto al primo turno. Contro la Triestina, abbiamo visto un Palermo attendista ed in preda alla paura. Secondo appuntamento al Barbera delle grandi occasioni, dove stavolta cala l’Entella: stesso vantaggio maturato in trasferta, ma una gara di tutt’altro tono. Attacca bene il Palermo, che meriterebbe il vantaggio e paga un arbitraggio a dir poco scandaloso. Il peggio, doveva ancora arrivare: con un rigore regalato ed un punteggio troppo rischioso. Fino al raddoppio degli ospiti: sul due a zero, ho perso dieci anni di vita. Non sarò stato il solo: certi film li abbiamo già visti e sono quelli che, nel tempo, hanno lasciato più di un segno. Poi, chi subentra dalla panca restituisce la pariglia e si esce dal coma. Due boati assordanti, alle reti di Edoardo Soleri e Giuseppe Fella. Due capolavori, frutto del centravanti di scorta, assoluto protagonista. Sfiora la doppietta, ma basta che alla fine entra e nella maniera più spettacolare. Grazie ad un giocatore che da oggetto misterioso potrebbe rivelarsi un jolly strepitoso. Nel giorno di un Matteo Brunori che spara a salve, batte forte, oltre al cuore, la ragione di un allenatore che non sta sbagliando nulla. Mettendoci anche quel fuoco che sta infiammando una città intera ed i suoi figli lontani. Siamo in semifinale e ci attende il doppio confronto contro il Feralpisalò: ha fatto fuori la Reggiana, una tra le favorite dei playoff. Catanzaro e Padova si giocano l’altro posto per il doppio atto finale: addio teste di serie, per i Rosanero andata fuori e ritorno in uno stadio da record. Sorteggio amico: anche questo è un buon segno e mi ci aggrappo.
Dario Romano
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SAN GREGORIO

Recuperi, ripartenze: una mina vagante. Determinante, la mette ad inizio ripresa e la strada è in discesa. Dagli undici metri, l’altro Santo in campo torna a referto dal dischetto. Dopo Matteo, le stimmate son tutte per Gregorio. Che cresce di gara in gara, dopo un inizio di torneo balbettante ed un ritorno più che convincente. Adesso, anche Luperini è devastante. L’Entella si inginocchia, ma attenzione: la squadra di Volpe promette battaglia: al Barbera, sabato prossimo, ci attende un’altra serata per cuori forti. Silvio Baldini sugli scudi: accende l’ambiente, conferma le sue scelte e ci azzecca pure con i cambi. Interessante notare come con Massolo titolare la difesa tiene: il portiere infonde sicurezza e suona la carica, dopo averla sventata. Sembra un Palermo più cattivo, pronto a chiudere, ripartire e far male. Lo spartito è adatto per le trasferte, mentre in casa è tutta un’altra cosa. A parte la spinta del pubblico, le responsabilità aumentano e le gambe fanno giacomo giacomo. Dalle semifinali in poi, saranno proprio le mura lontane a decidere: il trend più congeniale, al momento, per un Palermo che deve stare attento anche ai cartellini. Troppi diffidati e non siamo neanche a metà dell’opera. Un peccato la disattenzione che porta Merkaj ad accorciare le distanze: l’albanese ha rappresentato la spina di un fianco per il resto ben coperto. Sarà l’osservato speciale: da quando è entrato in campo, i padroni di casa son sembrati di tutt’altra pasta. Il sapore dolce della vittoria, però, è rimasto eccome. Dagli altri campi, nulla di rilevante: ordinaria amministrazione. Per lo straordinario, è ancora presto.
Dario Romano
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SOLD OUT

Tutto esaurito, come ai bei tempi. Che potrebbero tornare prima del previsto. Sognare, non è reato e non costa nulla. Eppure, l’abbiamo scampata bella. Il rigore parato da Samuele Massolo nel primo tempo ha tenuto a galla il Palermo, forte della rete di vantaggio ottenuta al Nereo Rocco. Quando la Triestina segna, manca un quarto d’ora e passa: i fantasmi li caccia il tempo, ormai agli sgoccioli, mentre alle streghe ci pensa Gregorio. Luperini chiude il sipario di uno spettacolo andato in onda più che altro sugli spalti. Brutto, questo Palermo, il peggiore della stagione tra le mura amiche. Bisogna capire che, per tutta la truppa Rosanero, il Barbera pieno come un uovo rappresentava un’arma a doppio taglio. Un collaudo andato a buon fine per l’esito e meno per la prestazione: servirà eccome. Il sold out ha rappresentato un’occasione sfruttata a metà. Gli emissari del City Group, presenti in tribuna, avranno capito le potenzialità di una piazza calda, soprattutto se accesa dalla miccia giusta. Ci si infuoca anche per altro, come il colpo proibito del portiere alabardato: ha innescato una reazione a catena che ha rischiato di far venire giù lo stadio e non per l’effetto di un goal. Il lancio di oggetti al suo indirizzo costerà una multa, oltre alla figura di certo non lusinghiera agli occhi dei probabili investitori. Che proprio dall’impianto vorrebbero iniziare la loro opera: sembra che abbiano già espresso i primi intenti. Il succulento sarebbe riservato ad un pubblico umorale e troppo spesso occasionale. L’era Zamparini ci ha restituito il contrappasso di un entusiasmo sopito troppo presto. Il tifoso imborghesito e poi deluso, ha abbandonato lo stadio e si è rifugiato in un limbo oscuro, in attesa di una luce che lo riporti a nuova vita. Le prestazioni del Palermo di Silvio Baldini fanno da barlume, ma per il nuovo Big Bang, bisogna attendere. C’è un obiettivo da centrare, sputando sudore e sangue. La vittoria di Trieste ha fatto rumore, mentre la rete di Gianluca Litteri ci ha fatto tremare. Come a dire: fino all’ultimo, ci sarà da soffrire e siamo soltanto all’inizio di un mini torneo per cuori forti. Scrivo dopo l’esito del sorteggio. Ci tocca l’Entella, con l’andata in trasferta. Campo sintetico e piccolo: e sì, siamo ancora all’inferno.
Dario Romano
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SE SON ROSA, FLORIANO

L’attesa per il debutto alla fase nazionale mi ha riservato più di un timore. Il Nereo Rocco di Trieste non è un impianto qualunque: poco male, almeno il campo sarà all’altezza. Ma il Palermo, lo sarà altrettanto!? Troppe soste, proprio quando tutto sembra girare per il verso giusto. Ed invece, i rosa mostrano che nulla è cambiato. A questo punto, la speranza di un buon esito per il mini torneo che ci aspetta è più che lecita. Partono bene, gli uomini di Baldini, senza timori reverenziali e consapevoli della propria forza. La stessa che abbiamo visto nel finale di un campionato condizionato dalla vicenda Catania e da un cambio al timone che ha trasformato a poco a poco i Rosanero. Letali in attacco, più attenti in difesa. Nella prima frazione, la perfezione. Il protagonista d’eccezione, stavolta, è Roberto Floriano. La sua doppietta è una mazzata, iniziata e conclusa a pochi spiccioli dall’intervallo, compreso il recupero. Un doppio vantaggio meritato, perché il Palermo ha attaccato dall’inizio, concedendo poco o nulla ad una Triestina sembrata più che altro confusa e sorpresa. Dicono che gli Alabardati rendano meglio lontano dal Rocco: staremo a vedere. Il due a zero stava un po’ stretto, ad un Palermo che volava soprattutto a destra, grazie ad un Valente in gran spolvero. E pensare che era dato in dubbio alla vigilia. Per una volta, non figura Brunori, tra i marcatori: anche questa è una notizia. Matteo prende una botta: tira il fiato e nella ripresa mostra eccome la sua presenza. Ma anche la Triestina non scherza: alza la testa, il baricentro e le occasioni fioccano. E si sprecano: passando da una traversa alle parate in serie di Massolo, apparso sicuro e attento. La disattenzione finale rovina il tutto: nulla di irreparabile. Aggiunge quel pizzico di sale da assaporare al ritorno. Con il Barbera che si annuncia colmo come ai tempi che furono. Una rete di vantaggio da amministrare ed un avversario da non sottovalutare: si faccia tesoro, di quanto visto più nel secondo che nel primo tempo. Quando al Nereo Rocco si è visto un Palermo più forte e meritevole: proprio come lo avevamo lasciato al San Nicola. Con quel gran goal come preludio: se son rosa, Floriano.
Dario Romano
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IL TABELLONE

L’anno scorso abbiamo vissuto un campionato anomalo, per i fatti noti che ci hanno reso stufi. Ma anche questo torneo è stato caratterizzato da un andamento tutt’altro che regolare. Il Covid ha influito ancora, ma anche la vicenda Catania e quei punti prima tolti e poi restituiti ai club in tempi più che sospetti. Il resto è reso ancor più indigesto dal solito spezzatino, risparmiato soltanto per le battute conclusive. Dove abbiamo scoperto un Palermo di alto livello: la buona nuova, è proprio questa. La conferma di Filippi ci stava: aveva fatto bene, nel finale di una stagione che, pur senza l’apporto del lungagnone, si poteva chiudere in trionfo. Purtroppo, Lorenzo Lucca ha alzato bandiera bianca nel momento decisivo. Di che pasta è fatto, lo ha dimostrato anche nel torneo cadetto. Il settimo posto ha condizionato troppo l’esito degli spareggi: andare fino in fondo, partendo tutt’altro che in pole position, sarebbe stato un miracolo. L’esonero del secondo di Boscaglia è stato altrettanto giusto, come lo era stato il suo avvento. Troppo dimesso, il Palermo in versione trasferta. Mentre in casa si faceva la voce grossa. Limiti caratteriali, ma anche la sensazione che al timone mancava qualcosa. La ciurma che tira la gamba indietro è una sorta di ammutinamento. Filippi, almeno, ci ha visto giusto, quando affermava che Brunori è l’attaccante più forte della categoria. Ma Matteo esplode definitivamente dopo la sosta di fine anno: l’arma in più del redivivo Silvio, tornato in panca dove si salta quasi come ai bei tempi. Baldini rende il Palermo più incisivo, più forte: piovono reti, ma da entrambe le parti. Perché in porta entra altrettanta acqua. E dire che la difesa, pur senza brillare, ci aveva tenuti a galla. Mentre il rendimento di Brunori e Soleri ci costringe a rispolverare il pallottoliere, scopriamo che a turno un po’ tutti, là davanti, si fanno spazio lasciando il segno. A rimetterci, i più giovani: Silipo e Felici, tutt’altro che contenti. Relegati dai veterani: Valente su tutti, il rigenerato Luperini e quella sorta di corrente alternata targata Floriano. Una carrettata di reti, con il Barbera inespugnato e le vittorie convincenti al Partenio, a Monopoli e all’ultima che rovina, parzialmente, la gran festa del San Nicola. Ed ora, spazio ad una formula troppo complicata. Da qui ad un’eventuale finale, il passo non sarà breve. Al momento, sappiamo che il Palermo è in un buon momento e suscita spavento. Desta altrettanto sgomento, il rendimento delle avversarie: Padova e Reggiana avrebbero meritato la promozione diretta. Ma anche i Rosanero, quando scendono in campo con l’atteggiamento giusto, hanno dimostrato di meritare ben altro. Partono da questo presupposto, i playoff che in passato non ci hanno sorriso più di tanto. Bocconi amari: dal campo agli spalti, compresa una panchina con brutti ceffi da rapina. Il bello, deve ancora venire: vediamola così. Senza pensare a nuovi acquirenti sparsi ai quattro venti: non è tempo, per i voli pindarici. Piuttosto, concentriamoci. Si apre il sipario per la vera posta in palio. Il sapore del boccone, è ancora tutto da scoprire.
Dario Romano
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TERZI

La sosta forzata non ha influito più di tanto. La sgambata del Barbera con la Primavera, andata in scena al posto di un derby più succulento, ha tenuto in forma un Palermo che al San Nicola conferma quanto già visto nelle ultime settimane. Silvio Baldini ha trasformato i Rosanero, bisogna dargliene atto: buon pressing, recupero palla e ripartenze, più voglia e tanta cattiveria. Non guasta, facendo la differenza, la maggiore attenzione del reparto arretrato. Improvvisamente, la porta si è chiusa e con un Brunori in stato di grazia, è come partire sempre con una rete di vantaggio. Fosse il solo: come già spesso sottolineato, a turno, partecipano tutti alla festa del goal. L’ex Floriano si traveste da guastafeste e la sblocca di giustezza, realizzando una marcatura più che meritata. La Bari non ci sta: vuol festeggiare la promozione come si deve, ma il Palermo tiene. E poi quella mano di troppo: punizione ribattuta in piena area ed è rigore. La manona dell’estremo difensore locale, invece, non basta. Per Matteo, sono venticinque in totale: tante, tantissime. Il biglietto da visita da esibire per il mini torneo che ci aspetta è anche questo: fa paura, adesso, il Palermo. Il terzo posto è un bel passo in avanti, rispetto alla scorsa stagione. Ma guardate le seconde degli altri gironi: Padova e Reggiana hanno superato e non di poco quota ottanta. Il Catanzaro, che ci precede di un solo punto, ha chiuso a 67. Pur considerando le due gare col Catania tolte a tutte, la differenza è da prendere in considerazione. Non le ho mai viste all’opera, le due avversarie più temibili sulla carta, ma i numeri spaventano, pur fino ad un certo punto. Perché, pensandoci bene: un Palermo così, non ha proprio nulla da temere.
Dario Romano
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MOMENTANEAMENTE

Succede di tutto: prima, durante e dopo il match di Monopoli. Il Catania viene estromesso dal campionato, facendoci balzare al secondo posto, poiché vengono decurtati sei punti proprio ai pugliesi. Ci rimettono pure il Catanzaro e l’Avellino: non il Palermo, ma soltanto momentaneamente. Perché è vero che al Cibali abbiamo perso all’andata, ma il derby al Barbera, previsto alla prossima e penultima giornata, salta. Verrà meno la possibilità di guadagnare tre punti sul campo, mentre le avversarie dirette disputeranno delle gare che sulla carta sembrano non altro che passeggiate. Ci rimane l’ultima a Bari: dopo Pasqua, avremo chiaro se ambire alla seconda piazza sarà utopia o speranza. Intanto, i Rosanero hanno la consapevolezza di aver guadagnato almeno la quarta posizione. Non male: un passo in avanti, rispetto alla scorsa stagione. Figlio di un attacco che fa faville, con un Brunori inarrestabile, un Soleri sfolgorante ed un Valente luccicante. Realizzazioni da manuale, da categorie superiori: loro tre, almeno la cadetteria, se la meritano davvero. Da registrare anche la porta inviolata per la seconda volta consecutiva: in vista dei playoff, il segnale è confortante. E così il Monopoli si allontana ulteriormente: la formazione di Colombo ha pagato il dazio più pesante, scendendo in campo demotivato, contro un Palermo che Baldini e le disgrazie altrui hanno reso motivatissimo. Un’altra siciliana sparisce dal calcio che meno conta: prima i rosa, poi Trapani e Catania. Se aggiungiamo le altre, è un’ecatombe.
Dario Romano
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IL RULLO

Alla fine, a perderci sono gli assenti. Son lontani i tempi di uno stadio gremito, quel catino di una volta. La colpa di tutto questo è lo spezzatino indigesto, il telefonino molesto ed un Palermo meno forte del previsto. Sette sconfitte pesano, nonostante lo spettacolo che ogni tanto vediamo al Barbera. Dove a farne le spese, stavolta, è il malcapitato Picerno. Che è di un altro livello, rispetto alla Fidelis Andria, ma quando i Rosanero giocano d’impegno, si prendono lo scalpo e non lasciano neanche eventuali briciole. Un rullo compressore sintetizzato dalle trentatré reti della coppia d’attacco, raramente schierata in contemporanea. Devastanti, Brunori e Soleri, che con i numeri ancora non hanno chiuso un computo via via sempre più interessante. Alla scorpacciata partecipa Floriano, a conferma che il reparto offensivo gode di ottima salute. Nulla da dire, infatti, anche della prestazione di Valente e Luperini. Tiene pure la difesa, l’anello debole di una squadra che si appresta a disputare l’appendice decisiva. Se in prima, seconda od altra fila, dipenderà dalle tre gare ancora da disputare. Compreso il derby col Catania: è l’ultima in casa, prima di rendere visita alla Bari. Galletti promossi, matematicamente e meritatamente. Per il salto in alto, tocca all’aquila, spiegare le sue ali.
Dario Romano
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FESTIVAL

Uno spettacolo per pochi, pochissimi intimi. Il vituperato stadio, umiliato dai report seguenti il disastro della Nazionale, fa da scenario all’ennesimo atto osceno del calcio italiano. Mi chiedo il senso, di un recupero infrasettimanale ad un orario indigesto. Un peccato, per chi non c’era: perché al Barbera è andato in onda il festival. Nello specifico, del goal e delle occasioni perse. Che in una gara ci possono stare, quando segni a ripetizione. Il Palermo dilaga, sospinto da un reparto avanzato con i fiocchi. Poca roba, il Taranto, che all’andata sembrava di un’altra caratura. Doppiette per il ritrovato Luperini e per Brunori, che raggiunge Moro del Catania ma senza il supporto di un bel po’ di rigori. San Matteo è il vero capocannoniere del torneo. Mentre Soleri è ad un passo dalla doppia cifra: un dato significativo, considerando il rapporto tra i minuti giocati e le sue realizzazioni personali. A stonare, le occasioni sprecate nelle recenti partite alla portata e le steccate di un reparto difensivo che, ammettiamolo, fa acqua da tutte le parti. Il dato preoccupante è questo: il Palermo, è come se partisse con una rete di vantaggio, ma concede troppo. Secondo attacco del torneo e quinto posto: si spiega dalla difesa, la mancata ascesa. Che potrebbe diventare possibile, se ci si lavorasse a dovere. Il tempo non manca, a Baldini, fermato dal Covid dopo le reprimende: sembra siano servite. Mancano quattro gare per raggiungere una posizione più confortevole e poi all’arrembaggio. Perché i playoff si giocheranno in attacco, nella speranza che ci si metta un bel tappo, a quel buco là dietro.
Dario Romano
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DI PARI IN PARI

Fioccano i pareggi, proprio quando il calendario ti dà una mano. Avversari di bassa classifica, le reti che arrivano comunque, grazie a Valente (che in primavera si conferma arma in più) ed al solito Brunori, impeccabile anche dagli undici metri. San Matteo realizza prima dell’intervallo, mentre Nicola raddoppia al decimo minuto della ripresa: una mazzata, per la Paganese. Apparentemente, dal momento che il Palermo ci mette del suo. E così, anche da Pagani si torna con un punto. Rispetto al pari col Potenza, stavolta la si ribalta, fino a a concedere l’ennesimo spettacolo orribile. Troppe ingenuità, da parte di un reparto che fa acqua. Baldini rispolvera Pelagotti e la frittata è fatta: il portiere è la guida della difesa, non puoi cambiare di gara in gara. Vero, la sciocchezza è di Crivello, anche lui tra gli esclusi di inizio stagione, ma il continuo ruotare nel pacchetto arretrato è un reato. Che il Palermo sta pagando a caro prezzo. Si allontana il secondo, ma anche il terzo posto non è più ad un passo. Quante occasioni perse, contro squadre alla portata. A questo punto sorge spontanea una domanda, poiché a pensar male, spesso, ci si azzecca. La promozione è desiderata oppure osteggiata dai rosa!? Gli sfoghi dei tifosi, dello stesso allenatore, lasciano un segno indelebile nel libro nero del giocatore Rosanero oppure è solo un caso. Staremo a vedere, senza farci illusioni. L’appendice dei playoff, con questo passo, non sarà uno spasso. Come quel film che abbiamo già visto.
Dario Romano
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LA STRIGLIATA

Il Potenza in vantaggio e poi arriva il raddoppio. Le notizie che arrivano dall’ennesima trasferta deprimono. Un film già visto, al punto che l’abitudine non lascia più adito alle speranze. Poi il Palermo, come capita qualche volta, si sveglia. E viene tenuto a galla dell’ennesima prodezza di Soleri, che nel rapporto tra minuti giocati e goals realizzati non scherza. Infine l’ennesimo rigore, a pochi secondi dallo scadere. Stavolta dal dischetto si presenta San Matteo, che la mette da par suo: di giustezza. Arriva un punto e mi accontento: poteva andare molto peggio. La strigliata di Baldini in conferenza è la conferma di quanto il tifoso pensa già da un bel pezzo. Ed è un peccato, considerando l’alto rendimento del reparto avanzato. Non so se servirà a qualcosa, perché è questa la rosa: che manca dei cosiddetti attributi, con il contributo di certi elementi che lascia spesso a desiderare, rendendo obiettivi e speranze sempre più vane. Pensateci: da due anni imploriamo l’arrivo dell’attaccante di categoria: quello che farebbe la differenza. Tra Lucca, Soleri e Brunori, ci siamo accorti che meglio di tanta manna non potevamo desiderare. Eppure, è arrivato un settimo posto e fin qui l’attuale sesto. Troppo poco, rispetto ai proclami ai quattro venti sbandierati. L’asticella cala sensibilmente dal centrocampo, inesorabilmente fino al reparto arretrato. Lo sfogo del tecnico è comprensibile, considerando che la media delle reti subite si è incrementata tanto quanto quelle realizzate: un’arma a doppio taglio, questo Palermo più forte in attacco. Che regala più di un tempo all’avversario e se la gioca al fotofinish. Ma il pari col Potenza è una mezza sconfitta: quel film già visto con un finale un po’ diverso. Soltanto più dolce del solito: col retrogusto sempre più amaro.
Dario Romano
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ERRORI FATALI

Si parte dalla formazione, con la difesa completamente rivoluzionata. La Fidelis Andria non è uno corazzata, ma l’azzardo è sempre un rischio. Si va sotto e ci può stare: ma il rigore, non lo devi sbagliare. E così l’abbiamo scampata bella, con una rete gonfiata dal pubblico e dal redivivo. Gregorio Luperini stacca su un benedetto corner, mentre il Palermo è messo all’angolo. Soprattutto, spazza l’incubo di una sconfitta che sarebbe stata pesante. Ma anche il pari pesa, per quella che doveva essere la gara del definitivo rilancio. Si rende così vano il colpaccio di Avellino ed è un peccato, soprattutto per l’ennesimo appuntamento mancato. Quando il Barbera si riempie, grazie all’obolo di un misero euro, la squadra fallisce. Abbiamo rischiato l’imbattibilità interna con la penultima: un dato sconfortante. Questi sono errori fatali, quelli che finiscono col costare caro: dagli undici metri, perché si presenta Floriano e non Brunori. Che stavolta (e questa è una notizia) resta a secco, non ritoccando il suo traguardo da record. Proprio a lui, non posso rimproverare nulla. Il secondo posto non è un miraggio, considerando che i Rosanero hanno una gara in meno. Ma ogni obiettivo finisce col diventare tale: dalla promozione diretta, anche quest’anno evaporata in fretta, alla posizione più comoda per affrontare quell’appendice che finisce spesso col fare male, anche ad anni di distanza. Io non ci credo, ma il bello del calcio è anche questo: nulla è già scritto.
Dario Romano
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NELLA STORIA

Alla fine ce l’ha fatta, ma non solo lui. Matteo Brunori la mette per l’ottava volta consecutiva ed entra di diritto nella storia targata Rosanero. Ma non solo, perché festeggia tutto il Palermo, che espugna nientemeno che il Partenio, dove l’Avellino teneva botta da un bel po’. Per la precisione, l’ultima sconfitta interna dei Lupi risaliva al Dicembre 2020. E dire che si era messa male, con il vantaggio degli Irpini. Ci mette poco, Brunori, che supera il record che condivideva da una settimana con Şükrü e poi fallisce a tu per tu col portiere. Può sbagliare una, ma non due volte: l’assist per Valente, infatti, è tutto suo. I rosa la ribaltano ad inizio ripresa e l’espulsione di Tito è per i padroni di casa la resa. Soltanto un tiro piazzato a far spavento: risponde alla grande Massolo, preferito a Pelagotti. Facciamo i conti, ma fino ad un certo punto. Con una gara da recuperare, abbiamo accorciato di brutto, pur restando momentaneamente al sesto posto. Il secondo, è comunque ad un passo. Quello giusto, lo sta tenendo il Palermo: la compagine di Baldini è in salute, pur non risparmiando le battute d’arresto fuori dalle mura amiche. Ma questa vittoria è tanta manna: per la classifica, per la fiducia. E per un attaccante sorprendente: Matteo Brunori Sandri. Roba d’altri tempi.
Dario Romano
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IL RECORD

Tremendo. Gli aggettivi per Matteo Brunori si sprecherebbero. Per adesso, mi fermo a questo: vediamo fin dove potrà arrivare. Intanto, entra a braccetto nella storia Rosanero, raggiungendo ‘mamma lo turco’, all’anagrafe Şükrü Gülesin, che aprì gli anni ’50 con un settebello consecutivo. Nella sezione riservata ai viaggi nel tempo, troverete l’approfondimento sullo straniero dal tiro mortifero. Brunori, che di cognome fa anche Sandri e lo ricordano in pochi, ha dimostrato di rappresentare l’oltre di quella punta invocata a più riprese vanamente. Ammettiamolo: in molti hanno storto il naso, alla notizia del suo arrivo in prestito. Ma altro che Cianci, ‘ca t’accattu aranci’: piuttosto, pappine a ripetizione, per un attaccante dal rendimento costante, esploso definitivamente nel girone di ritorno. Dove stiamo vedendo un Palermo sempre più irresistibile al Barbera ed irriconoscibile in trasferta. Il vero volto della squadra, comparirà nel mini torneo che ci aspetterà: quella specie di lotteria che ci ha riservato, in passato, quell’amaro menzionato nel celebre motto. Non credo nei playoff, ma il calcio ci insegna soprattutto questo: lo scontato, nello sport, non esiste. Mi ritorna in mente la stagione maledetta, quella dei leoni e degli agnelli. Una retrocessione scaturita per una classifica avulsa scandalosa, ma caratterizzata da una squadra che alla Favorita sembrava una corazzata ed altrove soltanto cartapesta. Cinque pareggi, neanche una vittoria. Un peccato questo rendimento alterno, poiché le qualità emerse tra le mura amiche ci sono: non abbiamo gli occhi foderati di prosciutto. Non dimentichiamo che nello scacchiere offensivo di Silvio Baldini, certi talenti scaldano la sedia in panca. E le sostituzioni sanno fare la differenza. Impossibile non menzionare Edoardo Soleri, giunto a sette realizzazioni e con pochi minuti giocati. Anche dal dischetto, si è mostrato freddo: una dote non da poco. Quarta rete, invece, per Nicola Valente: la sblocca lui, contro la Vibonese fanalino di coda. Una realizzazione importante, perché un pari avrebbe fatto un effetto più roboante. Ci sta stretto, questo sesto posto, nel campionato del vorrei ma non posso. Abbiamo una gara da recuperare e qualcosa abbiamo rosicchiato: per adesso, aggrappiamoci a questo. Ed al battito di un colpo, di quelli belli forti. Nella tana dei Lupi, ci vuole il Palermo di Catanzaro o Francavilla: almeno nella testa. Con un po’ di fortuna, potrebbe essere la volta buona. I record sono fatti per essere battuti: al Partenio, vedremo se per Brunori si sprecheranno altri aggettivi. Faccia come il turco: con un bel tiro mortifero.
Dario Romano
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IL CALVARIO

Tanta buona volontà: almeno, riguardo questo aspetto, non ci possiamo lamentare. Anzi, ancora meglio che a Catanzaro, sia per la determinazione mostrata in campo che per le occasioni, che contro la Virtus Francavilla abbondano, fino all’ennesimo episodio che ci vede sfavoriti: il rigore contro, sembrato piuttosto generoso. E riprende il calvario che ormai è l’ordinario, quando il Palermo se la gioca lontano dal Barbera. Succede anche che i padroni di casa raddoppiano, pur disputando una gara per lo più sulla loro metà campo. Poi ci pensa lui, a trasformare dal dischetto una speranza interrotta a metà: una riscossa tardiva, che non sfocia nel pareggio. Matteo Brunori è arrivato a quindici realizzazioni e si avvicina al record nostrano di reti consecutive, che appartiene al turco Şükrü Gülesin. Può farcela, poiché la Vibonese è alla portata sua e dei Rosanero. Particolare tutt’altro che trascurabile, sarà pure ospite. Perché in casa gli uomini di Baldini non sgarrano, soprattutto quando l’avversario si mostra tecnicamente inferiore. Una condizione che non ci favorisce altrove: la dimostrazione è servita dalla compagine di Taurino, che ha avuto la meglio e ci precede in classifica senza una spiegazione logica. Un mistero, il Palermo dell’avvicendamento, purtroppo al di sotto delle attese. La formazione di Filippi viaggiava con una media non da promozione diretta, faticava a metterla dentro ma non cedeva più di tanto sul campo. Un aspetto comunque da non trascurare, poiché i risultati arrivano anche attraverso il gioco. Questa è più squadra, rispetto al recente passato. Può tornare utile, quando a decidere non saranno più i punti, ma i confronti diretti: quelli dei playoff maledetti.
Dario Romano
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LA MANITA

Il calcio è una religione, non è una scienza. Certi eventi, son difficili da spiegare. Noi tifosi del Palermo lo sappiamo bene: ricordate le reti di Centofanti e Rizzolo, nell’anno maledetto, sotto tutti i punti di vista. Una squadra fortissimi alla Favorita, leoni che si fanno agnelli al di fuori delle mura amiche. Peggio ancora rispetto ai Rosanero di oggi: in trasferta, colsero appena cinque pareggi, mai una vittoria. La compagine attuale, ora affidata a Silvio Baldini, si porta dietro questo difetto già dalla stagione scorsa: chiamatela mentalità, paura, difetto di concentrazione, impatto col match da dimenticare. Non ci sono punti in comune, tra le due facce della stessa aquila. Al Barbera, un Palermo in gran spolvero asfalta una derelitta Turris che all’andata ci aveva rifilato tre pappine e sappiamo altrettanto bene che furono anche poche. Un naufragio del genere lo abbiamo appena visto anche a Foggia. Contro i Satanelli di Zeman, ecco gli agnellini, tornate fiere come ci aspettavamo: ma non fino a questo punto. Arriva una ‘manita’ più che meritata, con diverse occasioni fin dai minuti iniziali. A rompere gli indugi per qualche difetto di mira, un’autorete clamorosa e parte la cinquina. Da sottolineare l’ennesima realizzazione di Brunori, arrivato a quota quattordici, la prestazione sontuosa di Floriano ed il ritorno al goal di Soleri. Tutto bene, tranne che alla prossima, dopo la sosta forzata del turno da recuperare, per non compromettere il manto erboso in vista del match che vale un posto al Mondiale, si torna fuori casa. La Virtus Francavilla è da temere: soprattutto perché ci ospita. Dipende da chi schiererà Baldini, rinsavito sul piano tattico dopo le sberle satanelle. Leoni oppure agnelli.
Dario Romano
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UN DISASTRO

Lo presero alla lettera. Alla vigilia, Silvio Baldini annuncia di aver suggerito ai giocatori di iniziare il match come se il Foggia stesse già in vantaggio. Detto, fatto. Satanelli già avanti dopo appena quattro minuti. Perché il tecnico ci ha messo indubbiamente del suo, rivoluzionando la squadra che aveva disputato la migliore gara stagionale. Difesa a tre, centrocampo a due, esterni d’attacco a fare i terzini. Un naufragio annunciato, mitigato inizialmente soltanto dall’ennesima realizzazione di un Matteo Brunori sempre più spesso incontenibile. Ormai l’attaccante viaggia ad una media di un goal ogni due gare: ha superato pure Lorenzo Lucca, il lungagnone che si conferma e imperversa nella serie cadetta. L’unico dato positivo di un Palermo che, lontano dal Barbera, finisce sempre allo sbando: da lupo ad agnello. La rete del pari, con infortunio annesso al portiere di casa, è soltanto un caso. Perché allo Zaccheria il Foggia mette in pratica i celebri dettami offensivi di Zdeněk Zeman e dilaga. Il centrocampo Rosanero è saltato sistematicamente, gli esterni idem ed i tre centrali ballano che è un piacere da una parte ed un dispiacere dall’altra: purtroppo, la nostra. Tre cambi nel primo tempo, a sconfessare se stesso, non possono bastare. Perché, oltre a quanto visto, il disastro prosegue a causa di un atteggiamento altrettanto osservato di volta in volta. Resta da considerare un dato di fatto: il Palermo che scende in campo tra le mura di casa è tutt’altra cosa. Professionalità, cause psicologiche, attaccamento ad intermittenza: vai a capire. Il calcio è un mistero, ma questo disastro si poteva evitare. Quattro pappine e datemi da bere: difficile da mandare giù, l’ennesimo boccone. Amaro, più del solito.
Dario Romano
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LA MIGLIORE

Venticinque gare, per assistere alla migliore prestazione stagionale. Assistere per modo di dire, dal momento che la Favorita è diventata un soggiorno per pochi intimi. Non salotto: per quello, rivolgersi altrove. Il Palermo, trascinato da un Brunori in stato di grazia, mette la freccia e svolta. Traffico permettendo, poiché la zona alta è affollata. Troppi punti persi presentano il conto: si spera che alla fine non risulti troppo salato. Sale e pepe, al momento, arrivano dal reparto avanzato, dove il terminale timbra regolare e gli altri non stanno a guardare. Devastanti, gli uomini della trequarti. E dire che anche stavolta abbiamo rischiato al di là dei nostri demeriti: fischietti avversi, che spuntano come funghi. Reputo eccessiva l’espulsione di Giron, autore del secondo goal su punizione deviata. Nella ripresa, la Juve Stabia non ha imitato il Messina e l’esperienza accumulata dai Rosanero ha fatto il resto. Un Palermo che ha disputato la ripresa con maggiore attenzione rispetto al derby, con la terza rete a garanzia ed un rigore a guastare, ma non più di tanto, la giusta festa. Cosa resterà di tanta manna!? La parola passa da martedì allo Zaccheria. Contro il Foggia di Zeman, non mi aspetto la vittoria, ma almeno il piglio giusto. Il secondo posto è ad un passo, ma non facciamolo scappare. Baldini sa dove occorre migliorare: soprattutto nella testa, nella cattiveria agonistica, nel crederci a tutti i costi. Il miglior Palermo della stagione non può ripartire con altre gare da dimenticare: ne abbiam viste troppe.
Dario Romano
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DOPPIA CIFRA

Il riferimento è a Matteo Brunori. Ad inizio stagione mi chiedevo chi avrebbe fatto le reti di Lucca, che quest’anno imperversa in serie cadetta e presto chissà, pure in Nazionale, dove il ruolo appare scoperto. Contro il Campobasso, l’attaccante fa doppietta e raggiunge la doppia cifra. Considerando che ancora mancano un bel po’ di gare alla conclusione del campionato, il bomber può rimpinguare il bottino. Niente male, mentre tutto il resto di questo Palermo è da velo pietoso. Partita pazza, come nel recente derby, ma in Molise ancora di più: dipende dai punti di vista. La realizzazione annullata, più dai padroni di casa che dall’arbitro, arricchisce un andamento del match già di suo al di fuori dell’ordinario. Baldini si lamenta, ma la ribattuta di Odjer non è entrata. Entrano invece le conclusioni del centravanti, che ancora una volta la mette (e stavolta per ben due volte), sfruttando anche le sfortune altrui. Il tecnico dell’avvicendamento ne faccia tesoro: con Soleri al fianco, Matteo fa il Santo ed incide maggiormente. Mentre Luperini, in quel ruolo, appare sempre più un pesce fuor d’acqua. Peccato, poiché il giocatore era stato una sorpresa dello scorso campionato. E adesso attenzione, perché la classifica piange ed anche il secondo posto si allontana. Cominciamo col cambiare in porta: Pelagotti non mostra sicurezza e, da adesso in poi, ogni errore costerà, tanto quanto tutto quello che si è perso. In una strada lastricata da buone intenzioni e da limiti fin troppo evidenti, tecnici e caratteriali. Ormai, ce ne siamo fatti una ragione.
Dario Romano
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L’ILLUSIONE

Con ZAMPALANDIA ho detto tutto quello che avevo da dire: caro Maurizio, grazie di tutto, del bello e del brutto. Per il resto, non speculo: ho letto troppo ed anche di più. Resta un fatto: hai lasciato il segno e qualche cicatrice. La storia ti appartiene e non ti dimenticheremo mai. Addio, Presidente. Non ti offendere: il Presidentissimo, per me, si chiama Renzo Barbera. Torniamo al calcio, a questi tempi bui che rischiano di non finire mai, in ogni senso. Tutto perfetto, almeno per un tempo. Poi, inizia la ripresa e cambia il vento. Tre punti certi e due persi. Il derby è questo, per il Palermo. Per il Messina, invece, un punto guadagnato e meritato. La prima frazione si svolge come il copione che ci aspettavamo alla vigilia. Rosanero all’attacco, per una vittoria alla portata. Due reti, la seconda di pregevole fattura, con Valente che bissa la perla di Felici col Monterosi. Il doppio vantaggio risulta anche stretto, viste le occasioni. Ma il calcio è anche questo: mai abbassare la guardia, mai credere di averla spuntata fino al giungere del fischio finale. La metamorfosi, si prende entrambe le squadre in campo e lo spartito è ben diverso. I Peloritani accorciano, ci credono, mentre gli uomini di Baldini si rimpiccioliscono. L’esito, a quel punto, appare meno scontato del previsto. Un pari giusto, per meriti e demeriti propri di entrambe le compagini. La certezza di una difesa di ferro che si squaglia come neve al sole e col portiere che ci mette del suo. Il tecnico qui sbaglia grosso: ha lanciato Massolo, che rispolvera Pelagotti. La porta esige un padrone ed al massimo un ospite non invadente. Lo sconveniente, riguarda anche le scelte discutibili di un fischietto indigesto: ci sto facendo il callo. A questo punto, mi aspetto una reazione bella forte. Vincere a Campobasso, col Palermo che abbiamo ammirato oggi nel primo tempo. L’altra versione, le prenderebbe contro tutte.
Dario Romano
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NUOVA LINFA

Era già accaduto con il Palermo di Pergolizzi. Gli innesti di Floriano e Silipo a rinvigorire una compagine scarica e apparentemente svogliata. Attacco anemico, le certezze volatilizzate al vento. Poi, arrivò la fine anticipata di un torneo che sembrava vinto quand’era ancora troppo presto. I Rosanero di Baldini quest’anno se la giocheranno fino in fondo, questo è certo, ma appare chiaro che la rinfrescata fornita dalle nuove leve avrà un ruolo determinante. Mattia Felici da queste parti non è certo una novità: lo conosciamo già. Ma è pur sempre nuova linfa, alimentata da quel tocco di fantasia che non guasta. La sua realizzazione, una perla. Invece, Samuele Damiani rappresenta il nuovo che avanza: debutto col botto, proprio il giorno del suo compleanno. Toglie le castagne dal fuoco ad un Palermo spento, tutt’altro che sulla stessa falsariga della gara disputata in Calabria. Il calcio è questo: un lampo che fa luce da una parte e tempesta dall’altra. Il Monterosi perde la testa, dopo lo svantaggio, rischiando pure di subire la terza rete. Una partita caratterizzata da una formazione sbagliata e riaggiustata dopo l’intervallo. Luperini in quel ruolo non convince proprio, come Crivello. Con Soleri a creare spazi per Brunori e Giron sulla fascia, abbiamo visto un’altra squadra. Che insegue il secondo posto: in vetta, la Bari non molla. La sveglia, per i Galletti, suona soltanto in Puglia.
Dario Romano
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TUTTO NUOVO

Una pausa di un mese, tra le festività e questa maledetta pandemia che chissà quando ci abbandonerà. Nel mezzo, il Palermo è cambiato e non poco. Si è cominciato con il benservito al tecnico: finisce così l’avventura di Giacomo Filippi, confermato a furor di popolo ad inizio stagione. A tratti ha fatto bene, ma non ha mai convinto del tutto. Per il salto in alto, ci vuole ben altro. La scelta del ritorno clamoroso di Silvio Baldini destava perplessità. Fermo da un bel pezzo, il toscano, silurato in malo modo da Zamparini nell’anno della magica promozione, ha accettato la nuova sfida senza pensarci più di tanto e con tanto entusiasmo. La prima contro il Catanzaro, con una difesa da inventare e con Brunori fuori forma ed escluso dall’undici iniziale, presentava più insidie che speranze. I calabresi, rinforzati a dovere, puntavano al bottino pieno. Ed invece, ecco quei Rosanero che non ti aspetti. Nulla di trascendentale, ma non abbiamo visto il Palermo in versione gita che eravamo abituati a vedere in trasferta. Ai punti, questa gara l’avremmo vinta. Tutto nuovo, anche nell’atteggiamento. Buon pressing, qualche spunto favorito dal ritorno di un Mattia Felici in gradito spolvero. Per il gran, aspettiamo: è ancora presto. Un saluto ad Alberto Almici, desideroso di cambiare aria, un benvenuto al giovane Samuele Damiani, che servirà a rinfoltire il reparto più carente numericamente: il centrocampo. E bentornato a Michele Somma: dopo Crivello, reintegrato in rosa. Baldini sposta in avanti Luperini, in attesa di tempi migliori. Mancano anche le sue reti, ad una squadra troppo anemica per i sogni di gloria. La vetta è lontana, ma un posto in prima fila per i playoff si può guadagnare. C’è da lavorare: per il resto, possiamo solo sperare.
Dario Romano
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INEVITABILE

Doveva finire così, l’esperienza di Giacomo Filippi sulla panchina Rosanero. Un Palermo dai due volti, tra le gare al Barbera e le gite in trasferta, presenta il conto al tecnico confermato in carrozza tra la convinzione generale. Non dico entusiasmo, poiché non stiamo parlando di un guru dalla bacchetta magica. I numeri non sono da buttare, ma per ambire alla promozione diretta ci voleva ben altro. Anche l’anno scorso eravamo convinti della scelta che ci ha scontentato: l’arrivo di Roberto Boscaglia. Chissà, anche la mossa tutt’altro che convincente, che corrisponde alla rispolverata di Silvio Baldini, potrebbe smentire tutto. Dall’ambiente agli esiti di un campionato che, almeno in vetta, sembra già scritto. Galletti ormai troppo lontani, playoff vicini ma attenzione: vediamo di accomodarci sul posto migliore possibile. Il match contro il Latina è durato poco: Palermo che vede spesso il cartellino avverso, errori in serie di un Lancini inguardabile e la frittata è fatta. Dall’esonero che ci portò Francesco Guidolin al calcio nel sedere a Mimmo Di Carlo, fino a rientrare nei ranghi. Un trend tutt’altro che lusinghiero, per un uomo dallo spirito battagliero. Gli si chiede uno scossone provvidenziale ed una rivoluzione tattica. Silvio lo sa, che c’è da lavorare. Ha preteso anche un mental coach: mossa azzeccata, visti i limiti anche psicologici dei giocatori. Con una rosa da ritoccare e rafforzare, Baldini potrebbe far bene. Si chiude mestamente il sipario annuale, con un responso inevitabile. Alla ripresa, avremo un Palermo tutto nuovo. Forse, a partire anche dalle fondamenta.
Dario Romano
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LA DIFFERENZA

Si è vista tutta, la differenza tra le due compagini. La Bari è più attrezzata, più squadra in tutti i reparti. Al Barbera, il confronto diretto non ha fatto scoprire l’acqua calda, ma ci ha consegnato una realtà ineluttabile. Per carità, tutto ciò non porta sentenza: c’è tutto un girone di ritorno da disputare e, nel calcio, nulla è mai scritto in anticipo. Resta il fatto inconfutabile che chiudiamo l’andata a meno otto e chiuderemo il campionato al San Nicola. In sintesi, presentarsi all’appuntamento con tre punti di vantaggio sarebbe già un bel rischio. Dodici punti in più dei pugliesi in diciotto partite da disputare: è questa la strada che porta alla cadetteria. Troppo ardua, considerando l’atteggiamento discutibile dei Rosanero in qualche gara di troppo e la costanza dei Galletti. Belli spavaldi, freschi e sereni, anche in questo pari che non li ha scossi più di tanto, quando si son ritrovati in dieci. Non boccio la prestazione del Palermo, falcidiato da assenze pesanti e comunque all’altezza, anche se soltanto per qualche tratto. Ma nel complesso, gli ospiti hanno impressionato, dimostrando che la vetta guadagnata è più che meritata. Il probabile ingresso in società di nuovi investitori e la possibilità di arricchire la rosa risicata a disposizione di Filippi, le buone nuove. Quantomeno per consolidare il secondo posto, attualmente perso. Turno infrasettimanale col Latina dell’ex Di Donato, poi sarà festa. Chissà, un bel regalo di Natale potrebbe arrivare, anche, dal terreno di gioco. Ingiallito pure troppo, quello nostrano. Questo, non mi è proprio piaciuto.
Dario Romano
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LO SAPEVO

Non mi aspettavo nulla, da questo derby. Non mi aspettavo sorprese, da questo Palermo dai due volti. Figuriamoci al Cibali, dove il clamoroso sarebbe dietro l’angolo ma, per noi, si è fermato a Mario Alberto Santana. Che non gioca più: un vero peccato. Perché si vede, che manca un leader, a questa squadra. Che si rimbocca le maniche e fa la pugna a settimane alternate, come scandisce il calendario. Se si gioca lontano dal Barbera, son mazzate: purtroppo, la maggioranza delle volte. Nella tana intitolata ad Angelo Massimino, divora un diavoletto, che colpisce dal dischetto e la chiude da par suo. Luca Moro è un campioncino ed al suo talento mi ci inchino. Nel mezzo, tanto Catania e poco, pochissimo Palermo. Un film già visto: lo sapevo, che finiva male. Soprattutto, dopo la prova col Picerno. In più, saltano pure i nervi, ai Rosanero di Filippi: inizia Almici, che spinge il raccattapalle da ‘che due palle’ e finisce nel finale Luperini, che conferma l’impressione che desta da inizio stagione: non è più lo stesso. La capolista ci saluta, in attesa di farci visita. Appellarsi al pubblico delle grandi occasioni non val la pena. Fanno pena, le nuove generazioni. I cosiddetti leoni da tastiera, che scagliano la pietra e poi si nascondono. Un po’ come il Palermo. Lupo e agnello. Che può chiudere il girone d’andata a due passi o lontano dalla vetta: la speranza o la disdetta. Poi, sarà Natale: la letterina, è già scritta. Ma, a parlare, è sempre il campo.
Dario Romano
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ZONA BRUNORI

Settima rete stagionale, la terza nel finale. Questa, più decisiva che mai. San Matteo toglie le castagne dal fuoco al Palermo e a Filippi che, contro il Monopoli, qualche strega l’ha vista eccome. La formazione di Colombo ha davvero destato grande impressione, reagendo immediatamente alla rete di Valente e mostrandoci tutta la sua forza. Non da poco: hanno provato anche a vincerla, i pugliesi, abbattuti da un passaggio sbagliato, da Silipo che ci si è avventato come un falco e dal suo passaggio vincente in verticale. Una perla, arricchita dalla conclusione ravvicinata di una punta che si conferma di categoria superiore. Resta il dilemma: essere o non essere. Col Picerno, abbiamo visto un altro Palermo: episodio non isolato. Non brillano mica neanche al Barbera, i Rosanero: ma il bottino casalingo resta più che ragguardevole. A restare sconfortante, il capitolo spettatori: che vogliono ‘i soldi’, ma restando accomodati in poltrona. In attesa del responso nel confronto diretto al Partenio tra Lupi e Galletti, ci si preparerà ad un derby che quest’anno è anche del cuore. Tempi duri, per la Trinacria. Facciamola ripartire a testa alta: non è uno sforzo, ma un dovere. Anche per il calcio.
Dario Romano
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COME NON DETTO

Il bello del calcio!? L’imprevedibilità. E questo Palermo non è soltanto imprevedibile. Purtroppo, anche frustrante. Sai che i Galletti hanno vinto ieri e la vittoria, oggi, sarebbe come per la Juve: l’unica cosa che conta. Ed invece, la spunta il modesto Picerno. Che, onestamente, non ha rubato nulla. Il team di Colucci ci ha messo quel pizzico di volontà e determinazione in più che possono anche bastare, per avere la meglio contro una squadra svogliata, presuntuosa, a tratti pure indisponente. Non ci regalano niente, teniamolo bene in mente. Ma i Rosanero di Filippi danno il risultato per scontato: ammettiamolo. Non ci sono altre spiegazioni, per commentare sconfitte inopinate come questa. Un trend positivo che aveva aperto la caccia, interrotto da una sconfitta inaspettata, contro una compagine alla portata. Formazione ormai collaudata e confermata, a sottolineare che la strada intrapresa sembrava quella giusta. Come non detto: la rete dell’immortale Reginaldo sblocca una gara da reti inviolate. Se non ci fosse stata, la fine sarebbe stata scontata: uno scialbo zero e zero. Neanche quello. Anche di un solo punto, ci saremmo e non poco lamentati. Da avanti ad indietro tutta. E l’entusiasmo, ancora una volta, va a farsi benedire.
Dario Romano
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AVANTI TUTTA

La prova più convincente, indubbiamente. Squadra compatta, pronta a difendere l’esiguo vantaggio e a far male, sempre. Insiste, il Palermo, spinto dalla buona vena di Valente, Fella e Brunori: a tratti, davvero inarrestabili. La coppia d’attacco, figlia di un tridente mascherato, si trova a meraviglia. Come in occasione del primo goal, che è un insieme di voglia, tecnica e precisione. L’espulsione di capitan Tissone scioglie le briglie ai Rosanero, mentre la Paganese, inevitabilmente, si arrende. Quando Soleri risulta ancora una volta determinante, da subentrante. Ed il centravanti titolare stesso, dopo l’assist, si concede il sesto centro stagionale: non male. Tutto molto bello, tutto perfetto. Il modulo adottato da Filippi rende, in entrambe le fasi. Con il rientro di Accardi, dopo un lungo calvario, ed il reintegro di Crivello, la difesa è sistemata. Buttaro, Marconi e Perrotta tengono botta: la porta di Pelagotti, così, è ben coperta. Da sottolineare anche la prima di Mauthe: a centrocampo, i ricambi scarseggiano e, chissà, magari uno ce lo ritroveremo in casa. Trasferta col Picerno, prima di conoscere il risultato di Fidelis Andria-Bari. Meno uno, due o quattro. Resta il fatto che siamo alla quinta vittoria su sei, la terza consecutiva. Avanti tutta, nonostante quel regalo a Plescia.
Dario Romano
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ALLA PORTATA

Sono le gare più ostiche, queste, perché un eventuale passo falso costerebbe troppo caro. Può risultare sfiancante, l’inseguimento perpetuo. Ma anche sentire il fiato sul collo, toglie energie. La caccia al primo posto si disputa anche sul fattore mentale. La parola d’ordine è insistere: meglio di resistere. La differenza, la fanno le partite come questa contro il Potenza: un match alla portata. Da vincere a tutti i costi, per rimanere in scia. L’ultima d’andata ci riserva il confronto diretto: sarà l’ora della verità. Dal San Nicola giungono conferme: Galletti in difficoltà, sospinti alla vittoria oltre i loro meriti. La Vibonese strappa il pareggio nel finale: finisce che glielo tolgono, prima del colpo del ko dal dischetto. Intanto, il Palermo di Filippi guarda, passa e adotta la nuova formula. Tre difensori e cinque a centrocampo. In attacco, una sola punta, supportata da un trequartista. Sembra funzionare, poiché il pallino del gioco è più facile da gestire ed in panchina restano le buone cartucce, da spendere all’occorrenza. Come un Floriano, un Soleri e soprattutto il redivivo Silipo. Pochi minuti per lasciare il segno: la chiude lui, con un contropiede da manuale. Ad aprirla, la terza marcatura di Fella, che sfrutta e ringrazia il rimpallo che ci ha offerto il vantaggio. Giunto al momento giusto: lo spettro del pareggio cominciava ad aleggiare. Prossima giornata, ancora al Barbera. Anche questa, alla portata. Valga quanto detto sopra: non darla per scontata.
Dario Romano
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MENO QUATTRO

Un’altalena, l’agognato aggancio in vetta. Missione possibile, dopo la prestazione in Puglia. La Fidelis Andria di Ginestra parte bene, ma si arrende. Perché prende un goal da cineteca, realizzato da un Matteo ispirato. Brunori, con una finta, manda a vuoto ben due difensori, lo spazio creato è manna per la botta, destinata inesorabilmente in porta. Rosanero che tengono bene e colpiscono in contropiede, dando la sensazione di poterla chiudere. E fa piacere che sia stato il fin qui svogliato Almici, a metterci il punto. Seconda realizzazione, ma torneo al di sotto delle attese. Buona la sua gara, condita dalla soddisfazione personale. L’esultanza a petto nudo, come tanto di tifoseria al seguito, fa ben sperare. Rabbia e voglia: via il sassolino dalla scarpa. Se sfondiamo pure a destra, in un centrocampo con un uomo in più, la strada sarà meno ardua. Filippi non deve tralasciare il particolare: questa formula, in trasferta, può andare bene. Due esterni offensivi, una mezzala, una sola punta, tre in mezzo, nella zona dove il gioco avversario si interrompe e si riparte, per fare male. Galletti spiumati a Castellammare di Stabia: sempre in vetta, ma a meno quattro, stavolta. Tre gare su quattro al Barbera, prima del finale al fulmicotone del girone. Si prospetta un Natale con i fiocchi: di punti, guadagnati in campo.
Dario Romano
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LA SGAMBATA

Lo spirito è proprio quello: da amichevole infrasettimanale. Invece, c’era una coppa in palio e se si passava il turno, subentrava il pensierino per rinverdire quelle finali che c’erano una volta. Ma è un Palermo passa, la mano. Perché a passare è il Catanzaro: i calabresi lo hanno desiderato e meritato di più. Rosanero al piccolo trotto, con un turnover non troppo esagerato ma mal digerito. Filippi fa proprio fatica, a trovare l’alchimia giusta. La squadra è questa: anche se in giornata, può giocarsela con chiunque. Un film già visto nella scorsa stagione, quando il meglio si è mostrato con gli avversari più di prestigio. Da sottolineare la rete di Curiale, un altro ex, ma non col dente avvelenato: segna e non esulta. Stop e tiro di prima intenzione sul secondo palo: un capolavoro. Testa al quel che ci resta, che non è poco. Nonostante tutto, sognare non è vietato.
Dario Romano
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IL TUFFO

Gli è andata bene, al palermitano Plescia: che a nessuno guarda in faccia. Ci ha provato, fingendo un impatto che non c’è stato. Si è rialzato, pensando di aver esagerato. Ma l’arbitro ha abboccato: rigore. Pelagotti intuisce, ma la giustizia divina non concede grazia. Santa Rosalia, lasciamola stare. Finisce in parità, la partita della continuità. Per carità, il Palermo ha fatto il suo, contro un Avellino davvero forte. Una squadra che Braglia carica oltre il lecito, soprattutto quando c’è da affrontare i Rosanero. Ha creato la nostra bestia nera, visti i risultati: tra sconfitte su quattro nella scorsa stagione, una decisiva ai playoff. Gli irpini colgono i pali e creano occasioni, dopo un inizio che sorride ai padroni di casa. La rete di Lancini forse arriva troppo presto: il resto, impone un copione scontato. Dietro a resistere, tentando ogni tanto il colpo del ko. Poteva avvenire in occasione del fallo da ultimo uomo, che ci ha concesso soltanto il ritorno alla parità numerica. Davvero ostica, la formazione campana, scaltra come poche. Da considerare un avversario diretto da qui alla fine. Bari che ci guadagna due punti, Catanzaro battuto ma non dal Palermo scavalcato, Taranto in agguato e Monopoli sugli scudi. Da segnalare la ripresa di un ritrovato Messina, dove Ezio Capuano ha messo mano a suo modo: personaggio straordinario, a tratti pittoresco e sopra le righe, ma dalla preparazione indiscutibile. Viaggio in Calabria per gli Ottavi di coppa, poi sarà Andria. La classifica parla chiaro: gara e calendario alla portata. Il reintegro di Crivello è una buona nuova, ma non sorvoliamo. Due punti persi per una topica colossale, ma oggi è emerso un limite: l’attacco, non punge. Contro avversari così tosti, con il campo pesante, ci vuole un gigante. Una punta da un goal che è per sempre. Altro che tuffi. E regali.
Dario Romano
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DA NON CREDERE

La domenica perfetta. Prima vittoria in trasferta e tre punti in meno dalla vetta. In meno di una settimana, ne abbiamo rosicchiati ben cinque. La Virtus Francavilla, appena matata dai Rosanero, asfalta la Bari, dimostrando che, stavolta, non ci troviamo di fronte ad un’altra Ternana. Da non credere, anche dal nostro canto, soprattutto dopo un primo tempo sulla falsariga delle altre gare disputate in stagione, lontano da quel fortino che si chiama Barbera. Un match caratterizzato e condizionato da un vento molto forte, che spinge in rete il cross di Golfo: l’ennesima maledizione di Pelagotti. Filippi trova rimedio, azzeccando i cambi e schierando una formazione più quadrata. Valente fa la differenza, rispetto ad un Silipo volenteroso e sfortunato, in occasione del palo colto a fine primo tempo. L’unico vero squillo, fino a quel momento. Poi, ci pensa, ed era ora, il redivivo Fella: impalpabile, come sempre. Ma si sblocca, pesantemente, approfittando dei regali di una distratta Vibonese. La chiude Soleri, al quarto centro come Brunori. Reparto avanzato fin qui, tutto sommato, pervenuto, ma non commettiamo altri errori: il centrocampo e l’attacco vanno rinforzati, almeno numericamente. Prima di eventuali ritocchi, i rintocchi di una campana che può suonare a festa. Per il Palermo, un calendario alla portata, fino al confronto diretto dell’ultima d’andata. Nel nostro fortino: ci si augura, pieno come un uovo.
Dario Romano
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SAN MATTEO

Si era messa malissimo. La sciocchezza di Perrotta, autore di un’entrata assassina, lascia dalla mezz’ora il Palermo in dieci e senza speranze. Perché la squadra non gira, vittima dello scoramento rimediato a Torre del Greco. Una batosta pesante, da uscirne con le gambe rotte, almeno nella testa. Il difensore Rosanero, almeno, non fa danni all’avversario, ma l’inferiorità numerica equivale a mostrare bandiera bianca. Poi ci pensa lui, San Matteo. Rileva Soleri, intuisce un retropassaggio maldestro e s’infila da maestro. Quarta rete, una media prossima ad un goal ogni due gare: davvero non male. Una realizzazione da manuale, che rinvigorisce i padroni di casa ed innervosisce la Virtus Francavilla: gli ospiti, chiudono in nove, compreso l’allenatore, invitato ad accomodarsi altrove. Otto, invece, i punti che ci separano dalla vetta: il pari tra Bari e Foggia ci fa rosicchiare due lunghezze. Siamo nel gruppone delle terze, attesi dalla trasferta a Vibo Valentia. Il team di Filippi è ad una svolta. Se non va anche stavolta, proprio non la si spacca.
Dario Romano
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L’URAGANO

Ancora una volta. Non si smentisce, il Palermo targato Filippi. Che nelle ultime dieci giornate della scorsa stagione aveva destato impressione, soprattutto per il rendimento esterno. Quest’anno: un inferno. Una squadra dal doppio volto, completamente diversa rispetto alla versione casalinga. E dire che non si era partiti mica male: quasi mezz’ora a buon ritmo, con l’impressione di una certa superiorità, sciolta come neve al sole alla prima occasione e come sempre. Non si è colto il segnale, con il rigore parato da Pelagotti che poteva regalare ulteriori stimoli. Ma quando mai: si è invece scatenata la Turris dell’ex Caneo. Un uragano che si abbatte sulla difesa Rosanero, dove Lancini si conferma anello debole e le assenze pesano come macigni: per non parlare degli esuberi, Somma e Crivello, che farebbero davvero comodo a questo Palermo. Due reti annullate, un altro rigore calciato alle stelle, una superiorità schiacciante e avvilente. Cosa resta? Niente, se non la conferma che questa squadra non possa andare oltre ai playoff. Bari a più dieci: non li prendiamo più.
Dario Romano
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LA PERFEZIONE

Scoraggianti le premesse, per le troppe assenze. E per un avversario che non si sa mai, se in giornata. Invece, troviamo il miglior Palermo della stagione, almeno fino a questo punto. La banda di Filippi sta facendo del Barbera il suo fortino, raccogliendo quello che in trasferta è chimera. Occorre fare i corsari, altrimenti addio alla Bari. Non mollano, i pugliesi, ancora a distanza di relativa sicurezza. Mi consola il calendario: sembra tutto in discesa, fino al confronto diretto dell’ultima giornata. Attenzione: al ritorno, si gioca al San Nicola. Vengono già i brividi. Da pelle d’oca anche la prestazione dei Rosanero, con un Floriano redivivo e decisivo ed un Brunori in gran spolvero. Un match che rasenta la perfezione: c’è ancora un rigore, per il Palermo, con Soleri che si conferma dagli undici metri. Il Foggia, una disdetta. Le squadre di Zeman, è risaputo, concedono troppo: anche quell’uno contro uno che ti porta a nozze. A proposito di matrimoni: trattative aperte e ben avviate a Londra. Un fondo misterioso, pronto ad investire già a Gennaio. Tocchiamo ferro: testa, soprattutto, a Torre del Greco. La Turris sta facendo bene: gara da giocare stile Barbera. Tutto facile, a parole. Mi basterà guardare qualche minuto, se la volta sarà quella buona. Servirebbe eccome, una vittoria. Ma, risultato a parte, mi accontento dell’atteggiamento. Perché, nel calcio, può succedere sempre di tutto.
Dario Romano
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IL BINOCOLO

Ancora un pari e salutiamo la Bari. Articolo al femminile, per i Galletti: così vogliono, da quelle parti. Stanno scappando dal recinto, dove rischiamo di rimanerci: confinati. Non vorrei che vada a finire come con la Ternana: affrontata due volte alla pari, ma dal confronto a lungo termine impari. Non ci resta che il binocolo. Inutile girarci intorno: contro la Juve Stabia di Novellino, abbiamo rivisto il Palermino. Che, lontano dal Barbera, stecca. Argomento già trattato: l’atteggiamento, vuol dire tutto. Non può bastare un Silipo finalmente dal primo minuto. Ma troppo lontano dalla porta, a coprire in un centrocampo che ormai è il limite, di questa compagine. Si cerca di sopperire all’anemia realizzativa aggiungendo un elemento che non risulta né carne, né pesce. E così, manca un uomo in difesa, uno nella zona nevralgica e avanti fino all’area avversaria. L’impressione che se ne ricava, è sconfortante. Rosanero, almeno, guardinghi e concentrati in casa, ma alla vada come vada in trasferta. Filippi ha avuto tempo per lavorarci, visto che è venuto meno uno degli aspetti più interessanti emersi dal suo debutto: si vinceva spesso e volentieri. Il trend delle sconfitte al lumicino resta, ma i piccoli passi stanno divenendo norma. Non basta, per ergersi a protagonista. Sta arrivando il Foggia del redivivo Zeman: comunque vada, lo spettacolo sarà assicurato. Per parlare di salto in alto, è ancora troppo presto.
Dario Romano
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VENTI MINUTI

Un inizio sfolgorante, un finale sconvolgente: con tanto di sospiro di sollievo. L’ha messo dentro, il figliol prodigo, che in appena sei minuti devasta il Campobasso. La rete, il colpo di tacco che lancia il contropiede sprecato da Floriano e concluso col tiraggiro di Valente. Tutto molto bello, per questo Palermo, con il tutto acuito dall’inferiorità numerica degli ospiti. Poi, l’arbitro si Scatena: un cognome, un programma. Esagerato il rosso diretto ad Odjer, assurdo il rigore concesso alla squadra di Cudini, rientrata in partita per la realizzazione di un bravo Rossetti. Bontà sua, la spreca, sulla traversa. In contropiede, Brunori ci mette la pezza definitiva. Conclusione: venti minuti buoni non possono bastare, per i tre punti incamerare. L’agguato è sempre dietro l’angolo, ma non ci facciamo male da soli. Ha detto bene a Filippi, stavolta, ma con l’aiuto della Dea bendata. Silipo non può essere un comprimario, ma assoluto protagonista. Mentre il Mister, dovrebbe ponderare meglio i cambi: li sfrutta tutti, anche quando se ne potrebbe fare a meno. Ha dalla sua soltanto un esiguo numero di sconfitte: i numeri contano, ma conta anche quello che vediamo, di partita in partita. Se ne ricava un’impressione tutt’altro che lusinghiera.
Dario Romano
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LA LUMACA

Il tabellino è emblematico. Ad un certo punto, Filippi cambia tutto. Il riferimento è ovviamente al reparto avanzato: evanescente. Una partita assolutamente da vincere, dove la carta aiuta, ma non canta. E così, quando finalmente Brunori si sblocca, il Palermo s’inceppa, ancora una volta. Pelagotti avrà le sue responsabilità, ma il tempo a disposizione non mancava, per ritrovare le retta via. Un’attesa vana: zero occasioni, il tempo che scorre inesorabilmente, il buon Monterosi che non ci crede, alla manna, ma alla fine sembra anche crederci, ad una possibile vittoria. Poi entra Silipo, il figliol prodigo, quando ormai siamo agli sgoccioli. Pochi spiccioli per l’unico in grado di saltare l’uomo, inventare ed incidere. Troppo tardi: il tempo scorre in campo, ma anche in campionato. Stiamo accumulando un ritardo che non vorrei diventi incolmabile. I problemi tattici non sono tutto: è soprattutto l’atteggiamento, che senza dubbio non è quello giusto. Non basta fare i fenomeni per una volta. Riconosco all’allenatore le pochissime sconfitte, da quando è al timone. Ma, più che le vittorie, fioccano i pareggi. Una lumaca, caro Mister, non è fatta per volare. Bisogna cambiare su più fronti, prima che sia troppo tardi.
Dario Romano
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I LEGNI

La traversa del Catanzaro ed il palo del Palermo. Non si sintetizza tutto qua, in una partita che rilascia diversi spunti di riflessione. A cominciare da una buona prestazione, contro una formazione tra le più accreditate del torneo. Primo tempo alla pari, seconda frazione con più rosa che rosso. L’ennesima distrazione può costare cara, ma ci si salva grazie alla traversa, mentre l’ennesimo rigore (è un record di questo inizio stagione) ancora non ci sorride. Volenteroso, Brunori, a detta di Filippi l’attaccante più forte del campionato. Fin qui, è stato smentito: è ancora a secco. Litigi in campo tra Marconi e Valente e, nel mentre, il rigore spettava a Fella. Il segnale è da stato confusionale: roba da serie minori. Un inizio troppo balbettante, con l’unica attenuante di un calendario non proprio accomodante. Dobbiamo affrontarle tutte, d’altronde. Ma adesso si fa sul serio: le compagini di rilievo sono in affanno, compreso il Palermo. Prendiamolo come un rodaggio: adesso la quarta, altrimenti si passa dall’altra parte della barricata. Come l’anno scorso: buon pari contro la Ternana, poi scappata al punto che neanche col binocolo. E Silipo, invocato, per cinque minuti in campo mandato. Campioncino o bidoncino: è questo, il problema. A ben vedere, non il primo da risolvere.
Dario Romano
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PROVE TECNICHE

Ma non di tattica. Perché Filippi è stato categorico: la difesa a tre, non si tocca. Apriti cielo: si è beccato pure del presuntuoso, dal momento che i veri allenatori stanno dietro la tastiera e non in campo, dopo aver almeno guadagnato il patentino adatto. Ma io sto dalla sua, almeno su questo tasto. Giocare dietro a quattro, abbassando il raggio d’azione di Almici e Giron, non avrebbe senso. Fermo restando che, a questo punto, devi pure rinunciare ad un centrale. Conclusione: fase offensiva e difensiva ulteriormente indebolite. Meglio rinfoltire il centrocampo o scegliere gli uomini giusti. Contro il Monopoli, il turnover ci ha mostrato un Fella più in palla di Floriano, un Silipo volenteroso ma ancora fumoso e quindi, a volte, invocato vanamente. Mentre Buttaro sembra un elemento davvero interessante. Ma è il ritorno di Valente, il dato più importante. Ci attende il Catanzaro, sia in campionato che negli ottavi di coppa, in quel di Novembre. Palermo, se ci sei, domenica batti un colpo, ma bello forte.
Dario Romano
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L’ANONIMATO

Difficile commentare la disfatta di Taranto, poiché bisogna scrivere col bastone. Inevitabile, vista la prestazione. L’allarme suona già a Messina e si ripete ancora nel primo tempo, oltre lo Stretto. Un Palermo con l’atteggiamento giusto: non chiediamo altro. Ed invece, si scende in campo a mezzo servizio: tanto, se va bene ci prendiamo un punto. Ma il Taranto ci mette la foga, l’applicazione di un lavoro ben studiato in settimana. Mettiamoci anche il dente avvelenato dell’ex ripudiato ed il Palermo si ritrova all’inferno. La media punti di Filippi resta da lancia in resta, ma è evidente che così non basta. Bisogna cambiare, a partire dalla difesa a tre che non convince, da un centrocampo che non fa filtro, da un attacco troppo isolato. Una squadra troppo lunga, con poche idee e mai pronta alla pugna. Il rischio, è ricadere nuovamente nell’anonimato. Se l’obiettivo reale resta un semplice posto ai playoff e non la sbandierata promozione diretta, che lo dicano chiaramente. Almeno, ce ne faremo una ragione.
Dario Romano
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LA BRUTTA PIEGA

Una premessa: negli anni ’80, un derby del genere, pur se in terza serie, avrebbe avuto una cornice ben diversa. E dire che a Messina ci sono due impianti: altro che Vibo, campo di patate annesso. Ho fatto fatica a distinguere il pallone, infangato e spesso, purtroppo, maltrattato. In questo, il Palermo, da par suo, ha purtroppo contribuito. A mal partito, perché non è questo lo spartito per il salto in alto. Un primo tempo al piccolo trotto, concluso col vantaggio della formazione di Sullo. Ripresa all’arrembaggio, col rigore sprecato ed il pareggio meritato. Ma ammettiamolo: va più stretto proprio al Messina, con Pelagotti che ci ha messo una pezza e mezza. La prestazione dei Rosanero sta tutta nei passettini alla Zaza di Floriano, evanescente e inconcludente pure dagli undici metri. E da qui, dalla brutta piega, parte il segnale incoraggiante: due episodi contrari, che avrebbero spezzato le gambe a chiunque, portano ad un atteggiamento ben diverso, rispetto alla prima frazione di gioco. Dove emerge qualche lacuna, a partire da una difesa poco attenta ma da rivedere, tra ranghi ridotti e debutti incoraggianti. Non male Perrotta, ma che disdetta Marconi e che insicurezza Marong. Mentre sul piano tattico non mi convince l’utilizzo di Dall’Oglio, laddove Luperini darebbe il meglio e viceversa. E poi c’è il talento, seduto in panca. Con cinque sostituzioni a disposizione, Silipo non trova mai spazio. E questo, proprio non lo capisco.
Dario Romano
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RIGOROSI

L’esultanza di Pelagotti dopo il regalo di Peretti, sprecato sul palo. Ma sarebbe ingiusto sintetizzare tutta qui la gara del Palermo, che debutta al meglio. Stavolta niente attenuanti ed infatti è tutt’altra cosa, rispetto all’anno scorso. Due realizzazioni dal dischetto che non traggano in inganno: il Latina dell’amato Di Donato ci ha provato, fino alla frittata: la vittoria, è meritata. Difesa reinventata, causa assenze forzate: il solo punto debole mostrato in partita. Ma per il resto è tutta manna, soprattutto a sinistra: Maxime Giron protagonista assoluto. Attento, ringhioso, col piede educato. Dai tempi di Grosso e Balzaretti, non si vedevano cross così perfetti. Non dimentichiamo che il ruolo, nello scacchiere di Filippi, spetterebbe a Valente, che a questo punto converrebbe dirottare dietro la punta, quando sarà pronto al rientro per fare il portento. Speriamo, qualche problemino lo ha messo ai box e l’apporto di qualità che garantirà aumenterà ancora di più l’asticella, comunque elevata. Così è sembrata, con Brunori, Soleri e Dall’Oglio da subito convincenti al debutto. Pubblico al minimo ed è già qualcosa: rumoroso e felice. Ne ha ben donde.
Dario Romano
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POKER

Un sogno che si avvera. Il ritorno del pubblico al Barbera, il Palermo che asfalta il Picerno, il team Rosanero che vince e convince. Ancora presto, per vedere uno stadio pieno ed una squadra al completo, ma accontentiamoci della boccata d’ossigeno. Giacomo Filippi continua la sua opera e la riprende da dove l’aveva interrotta: la mentalità a far la differenza. Non sono tanto d’accordo, quando si implora il centravanti da venti reti. Si segna a rotazione, ogni elemento ha la sua occasione. Un terminale offensivo dal gran nome imporrebbe un gioco al suo servizio, mentre qui attaccano tutti lo spazio, compreso il nuovo puntero. Brunori alla Guidoni, alla Scarafoni. Temi da approfondire alla vigilia del campionato, mentre adesso brindiamo alla vittoria in coppa che mancava da un bel pezzo (l’anno scorso, ci hanno estromesso). Piuttosto, a proposito del tassello: un virgulto d’esperienza, nei tre della retroguardia. Non ci starebbe male, come la terza maglia che ha fatto sfoggia. Ditegli di tutto, ma questa società ha ben poco da farsi rimproverare.
Dario Romano
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SERIE C 2020-2021
MATTO

Ma stavolta non si è giocato a scacchi: sporco, è più appropriato. Non mi meraviglio, perché i playoff, soprattutto nel Paese degli imbrogli, son questi. Alimentati da un clima da Far West tutt’altro che lusinghiero. Non oso immaginare il Partenio pieno come un uovo. Da uscirne ammaccati, in tutti i sensi. Si conclude amaramente una stagione inconcludente. Caratterizzata da un campionato falsato per ovvi motivi e disputato con piglio alterno. Una serie di errori decisivi, compresi quelli in campo, soprattutto ad Avellino, orrori annessi. Nulla a che vedere, tra il Palermo di Boscaglia e quello del suo vice. Meriti di Filippi, che dispone di un talento da considerare e tutto sommato ancora da scoprire. La sua media punti è ragguardevole e ripartire da questo dato potrebbe rivelarsi indispensabile e determinante. Non siamo stati fortunati, anche. Nel momento decisivo, le pedine pesanti, quelle con cui si fanno le reti, sono venute a mancare. Come la professionalità e le capacità in panchina. Per qualche allenatore la prima è una chimera (l’atteggiamento di Braglia è stato vergognoso), mentre per altri (vedi Boscaglia, l’uomo in più che ci ha portato, inutile negarlo, troppo giù), urge un ritorno a scuola. Adesso tocca ad Hera Hora. Fare le cose al meglio, altrimenti sarebbe il caso di farsi da parte. Il calcio è arte ma, a volte, è così semplice da risultare maledettamente complicato. Un anno e mezzo senza pubblico allo stadio: questo, piuttosto, non lo avrei mai immaginato.
Dario Romano
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SCACCO

Si è giocato a scacchi, al Barbera. E alla fine la spunta Filippi, con Braglia ridotto a dare menate e a rifiutare una stretta di mano. Ci ha provato, l’Avellino, a metterla tutta sulla rissa. Non ottenendo risultato in campo, gli irpini hanno proseguito anche nel dopo gara. Proseguiranno altrettanto mercoledì, nel match di ritorno. Questo è certo, sarà una battaglia, ma il Palermo dell’allenatore che ha fatto la rivoluzione non deve temere nulla, neanche questi lupi inviperiti. La formazione campana ha dimostrato di essere la più attrezzata sin qui affrontata, ma ci ha rimesso le penne, contro dei Rosanero falcidiati da assenze pesanti e comunque sempre meno domi. Impressionante il rendimento della squadra dopo il cambio al timone. E dire che ad inizio stagione l’arrivo di Boscaglia sembrava l’unica certezza. Che stava lo stesso in panca, nell’ombra. Quanta manna: scelte sempre azzeccate, i cambi altrettanto. La sfida non è finita, ma abbiamo a disposizione due risultati su tre. Sistemiamo le pedine, riparte la caccia al Re.
Dario Romano
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RIVOLUZIONE

Questa l’opera di Giacomo Filippi. Che ha rivoltato il Palermo come un calzino. La mentalità, innanzitutto. La consapevolezza di potersela giocare da più forte. Di cercare il goal e di chiuderla, perché non si può mai sapere. Questi playoff coincidono proprio con i Rosanero più belli di un’intera stagione e non è una coincidenza. C’è un lavoro ben preciso alle spalle, di un tecnico che ha mostrato delle capacità motivazionali e tecniche di prim’ordine. Anche lavorando sui singoli, considerando che ha lanciato Marong, accordandogli fiducia nel giorno più importante. Ha rigenerato Lancini (purtroppo lo stop per infortunio è molto probabile), ha responsabilizzato Floriano e impreziosito Saraniti. Dulcis in fundo, ha creato Valente, che adesso sembra un giocatore di un’altra categoria. Tanta, troppa roba. Sintetizzata in Mario Alberto Santana, il punto di riferimento, in campo e fuori, imprescindibile. Inizia la fase nazionale, con un sorteggio imminente a farci sperare. Ma non dobbiamo avere paura. Saranno gli altri, a temere questa squadra. Espugnata Castellammare, per la seconda volta. Non me ne voglia la Juve Stabia, ma questa è una vittoria strameritata. E significativa, perché è davvero iniziata, la rivoluzione.
Dario Romano
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LA ROVESCIATA

Una rete stupenda, la rovesciata di Luperini, servito magicamente di sponda da Saraniti, subentrato già al decimo all’infortunato Rauti. Il Palermo la chiude prima dell’intervallo, mettendo al sicuro il risultato dopo la realizzazione dagli undici metri di Floriano. Una vittoria meritata, netta, oltre il punteggio. Probabilmente la migliore gara stagionale, considerandone anche la gestione, che ha fruttato le occasioni del Teramo respinte puntualmente da un attentissimo Pelagotti. Difficile stabilire il migliore in campo, forse De Rose, perfetto nelle geometrie. Ma tutti, proprio tutti, compreso Mister Filippi al timone, hanno dato davvero il massimo. Bisognerà attendere l’esito degli altri incontri di questo primo turno, per conoscere l’avversaria del secondo round. Anche qui gara secca da dentro o fuori. Dopo, inizieranno i doppi confronti, con dispute tra andata e ritorno. Mercoledì gara cruciale, resa più impegnativa dal probabile impegno in trasferta. Ma i Rosanero che abbiamo ammirato oggi in campo, sicuri, determinati ed in forma, possono davvero giocarsela con tutti e rovesciare, magari proprio alla Luperini, ogni pronostico.
Dario Romano
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IL TABELLONE

La premessa è doverosa e non retorica. Abbiamo assistito ad un campionato che definire anomalo sarebbe riduttivo. Lo abbiamo fatto soltanto grazie al supporto tecnologico. Neanche nelle peggiori delle previsioni, avremmo potuto pensare di dover salutare lo stadio per una intera stagione. La pandemia ha colpito duro, anche il mondo dorato del calcio. Che batte cassa ma occhio, che la gente s’incazza. Il Covid ha condizionato ogni risultato, non dimentichiamolo. Le assenze, in campo e pure tra gli spalti, le gare giocate o rinviate nonostante tutto, le regole più cervellotiche che altro, hanno fatto il resto. Detto questo, diciamo anche che questa SERIE C ha svelato una realtà tutt’altro che lusinghiera, per Hera Hora. Povero Dario Mirri, che non è mica un magnate, ma neanche uno stupido. Gli eventi, accidenti, gli si sono rivoltati contro. Eppure, un museo ed un centro sportivo, con tanto di settimo posto dopo una promozione in carrozza, non sono risultati da buttare. Gli errori, ci sono stati, inutile negarlo. Ma che cavolo, prendi Boscaglia e la panchina traballa, si vuole una punta e l’avevi in canna, la stessa si smonta e l’attacco va a valanga. Vai a capire, certi meccanismi, soprattutto mentali. Un limite invalicabile, per i Rosanero di quest’anno. Troppi i punti persi in zona cretini, troppe le occasioni sprecate per farla da padrone. Ovviamente, soltanto per una posizione più vantaggiosa ai playoff. Perché questo torneo, sin dall’inizio, ha visto l’unico posto assicurato per il salto già occupato. Otto vittorie, nove pareggi e altrettante sconfitte per il tecnico tanto conclamato quanto vituperato. Palla in the box: uno schema trito e ritrito che ad un certo punto ha stancato pure la dirigenza, dopo aver spezzato uno spogliatoio. Sei vittorie, due pari e due stop, invece, per il suo vice. Filippi ha avuto il merito di sciogliere le briglie, ad un gruppo che si è fatto più unito e più convinto dei propri mezzi. Con tante reti realizzate e altrettante subite. Un calcio alla noia, a quell’ansia che si respirava già in conferenza stampa. Quell’insicurezza in evidenza pure nei tabellini: mai la stessa formazione, una rotazione scellerata, compresa la gestione dei cambi a partita in corso. Il discusso Pelagotti l’unico a trentasei presenze totali, a trentuno due non proprio dei titolari fissi: Kanouté e Valente, quest’ultimo esploso nel finale. Potrebbe far male, il Palermo, con Floriano pienamente recuperato al ruolo che gli compete, con il capitano di lunghissimo corso Santana, che sarà anche un Matusa, ma mi espugna Catania e resta in gran spolvero. E poi c’è cotanto di lungagnone a scalpitare. Vuole la SERIE A. Se la SERIE B ci regalerà, mi starà bene lo stesso. Buon viaggio, Lorenzo.
Dario Romano
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IL SETTIMO POSTO

Era diventato l’obiettivo finale. Il minimo, raggiungere i playoff. Domenica prossima, al Barbera, arriva il Teramo. Proprio il primo avversario che abbiamo affrontato, ma in trasferta, della stagione regolare appena conclusa. Stavolta sarà gara secca: ci basta un pari, per compiere il primo passo. L’ultima contro la Virtus Francavilla ci ha regalato una perla rara del solito Valente, sempre più importante: un tiro al volo, un capolavoro. Un contentino anche per il redivivo Silipo: non è stata certamente la sua annata. Davvero strano il calcio: dall’assenza di Lucca, l’attacco è esploso. Un dato confortante, poiché il lungagnone è pronto, anche se non sarà proprio al top. Da sottolineare il rendimento del Palermo targato Filippi: sei vittorie, due pari e due sconfitte. La media è da secondo posto. Senza la Ternana del caso, sarebbe da promozione. La sensazione è che i Rosanero possono giocarsela con tutte, con una tendenza alla vittoria che fa ben sperare. Certo, ci attendono gare dove entreranno in gioco ben altri fattori, vedi il match assurdo a Frosinone. Dentro o fuori, spero proprio di arrivare in fondo senza recriminazioni. Sportivamente, che vinca il migliore.
Dario Romano
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TREDICI

Sono le vittorie realizzate, con la numero quattordici che all’ultima giornata potrebbe concludere una stagione disgraziata al settimo posto. Ci permetterebbe di affrontare i playoff con meno patemi, ma a quel punto subentreranno tanti di quei fattori che l’obiettivo fissato potrebbe risultare irrilevante. Penso al signor Pinna, ai palloni lanciati dagli spalti e dalla panchina. Una pagina triste dello sport, purtroppo indimenticabile. Il Palermo manda in SERIE D una Cavese che esce dal campo con onore, dopo avere sfruttato il punto debole principale del team di Filippi: i minuti finali, il nostro incubo. Stavolta ci è andata bene, considerando le modalità della rete decisiva di Rauti. Chiamiamola buona stella, illuminante un buio cosmico che all’improvviso ha come avvolto la panchina. A tratti, forse per necessità, chissà, abbiamo visto Broh trasformato in terzino. Roba da matti. Riguardo la media punti: rispetto a Boscaglia, il salto di qualità è netto. Anche per l’attacco: manca sempre Lucca, ma si segna che è una bellezza. Pure nella nostra porta, un dettaglio che nega l’abbaglio. Questa squadra, ha un altro andazzo. Nel bene e nel male, compreso il quarto d’ora finale: quello che non vuole proprio cambiare.
Dario Romano
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IL COPIONE

Dalle sassate al pullman, rimediate in quel di Messina, ai pomodori il passo sarebbe stato breve. Eppure, il Palermo a Bari stava facendo bottino pieno. Ma il problema è sempre quello: nel finale, riecco il copione del pollo, che non risparmia il turno. Due reti di vantaggio, con un rigore trasformato dall’ex Floriano nella prima frazione e la splendida conclusione di Santana ad inizio ripresa, non bastano. Nel finale, è ancora remuntada. Il segnale è comunque incoraggiante: ai playoff, possiamo giocarcela. Basterebbe tenere alta la concentrazione fino alla fine. Su questo, non credo ci saranno sviluppi. Un viziaccio che ci portiamo appresso ormai da troppo tempo. Il segnale scoraggiante è duplice: ancora una volta, Almici è costretto a gettare la spugna. Rischiamo di perderlo anche per la lotteria del dopo campionato. Lo abbiamo perso a gara in corso senza poterlo sostituire, causa ricambi esauriti. Da dilettanti. Mentre in settimana è esplosa la bomba: Lucca fa l’amore col Grifone. Non ci vedo nulla di male. A parte il prezzo in ballo: un milione e mezzo. Mirri, non fare anche tu il pollo.
Dario Romano
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REMI IN BARCA

La classica partita di fine stagione, con un piccolo particolare: ne restano quattro da giocare. Come dire, faremo i playoff e tanto basta. Ci ha provato soltanto nel finale, il Palermo di Filippi, che contro la Vibonese fa debuttare il giovane Marong, il quale ripaga con una prestazione da indiscusso migliore in campo. E con questo si è detto quasi tutto. Il resto, riguarda un’amara riflessione su un allenatore costretto a giocarsi la carta Peretti centravanti in zona Cesarini. Ci rifletta pure Castagnini: con Saraniti escluso poiché dietro la lavagna e Rauti prima nuova scelta, non azzeccata, da falso nueve. L’assenza di Lucca peserà tanto quanto i suoi due metri e passa. Vuol dire giocarsela, forse alla pari, al rientro del nostro ariete, quando a giocare ci vorranno i duri. Cioè, come gli avversari che ci toccheranno in sorte, alla partenza di quella ruota della fortuna dove soltanto la dea bendata aiuta: coloro che si aiuteranno. E questo atteggiamento da remi in barca, non promette nulla di buono.
Dario Romano
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LORENZO IL MAGNIFICO

Fino a cinque minuti dalla fine, la partita perfetta. Sembra proprio che la doppia sosta, causa Coviddi, abbia permesso a Filippi di trovare quell’amalgama fin qui, se non sporadicamente, solo chimera. Mentre Santana dipinge, la Casertana ci prova, ma sbatte su un muro sempre pronto a ribaltare il gioco e uccidere il match. Un Palermo sicuro di se stesso, arrembante e così convincente, non lo avevamo ancora visto. Poi, inizia la follia, dove alberga il non senso. Si comincia con il rigore calciato sul palo da Kanouté, scelto a dispetto di Almici, probabilmente per sancire definitivamente la pace tra i due e amici come prima. Prosegue lo stesso Alberto, con un fallo da espulsione meritata assolutamente immotivata dal doppio vantaggio. Ci si mettono i padroni di casa, che accorciano le distanze e ci regalano la vista delle streghe. Ecco, i limiti dei Rosanero. Nel mezzo, un devastante Lucca, ormai Lorenzo il Magnifico. Un altro soprannome: anche questo, gli sta proprio a pennello.
Dario Romano
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VALENTE

Un giocatore interessante, con un limite evidente: raramente, Valente ha tenuto per tutto il match. Lo spunto non manca, spesso sulla fascia, come da copione, per il lungagnone. Che quando manca, non si vede manna. Ma ci ha pensato lui, a metterla come si deve. Un Palermo che si sbarazza del Foggia, ma scavalcarlo nelle restanti tre giornate non sarà proprio una passeggiata. Come la prossima sgambata a Bari, davvero dura. Considerando che contro le più quotate i Rosanero hanno spesso fatto bene, potrebbe arrivare la sorpresa. Per consolidare la posizione e prendere consapevolezza. I mezzi sono quelli che sono, ma questa squadra ci prende sempre in contropiede. Quando aspettiamo la mazzata, perché proprio non tira aria, arriva la vittoria. Purtroppo, anche viceversa.
Dario Romano
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ZONA CRETINI

Per tacere di Cesarini. Stava costando caro già a Caserta, il finale di gara che contro il Monopoli ha presentato il conto. Salato, per un Palermo che si butta via troppo spesso nei pressi del traguardo. Una gara senza squilli, a parte la rete di Somma e i legni da entrambe le parti. Poi, arriva la tromba, a scatenare le altrui velleità. Stavolta, l’infortunio di Lucca, speriamo di lieve entità. Che Saraniti non è la stessa cosa, lo sapevamo già. Andrea ci mette anche del suo, regalando il calcio piazzato che ci costa il risultato. Momentaneamente, perché il peggio doveva ancora arrivare. Arriveranno i playoff, questo è sicuro. Ma da sfavoriti. Se li giochiamo all’altezza, attenti alla zona Cesarini. Quando i Rosanero fanno i cretini.
Dario Romano
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DIFESA A TRE

Sta diventando una certezza. La rinuncia ai terzini è oltremodo necessaria, considerando che quelli a disposizione non sono proprio all’altezza. Il solo Almici, tra gli esterni bassi, sembra in grado di fare la differenza, ma in un ruolo che non è proprio il suo. Come mina vagante dal centrocampo in su, può invece risultare più convincente. Mentre proprio il pacchetto arretrato, chiuso a riccio, offre più garanzie. Si è visto durante il derby e a Pagani, dove con il minimo sforzo il Palermo, schierato con i tre dietro, strappa tre punti ad un avversario che non aveva demeritato e la vittoria di più aveva cercato. La rete di Floriano li sfiorisce sul più bello, consentendogli soltanto l’acuto da brividi finale. Un pari che ci stava tutto, considerando che anche l’atteggiamento dei ragazzi di Filippi era da reti bianche. Riguardo il rendimento di Kanouté, davvero imbarazzante, non ci resta altro che stendere un velo pietoso. Questa vittoria contro la Paganese non ci deve far dimenticare la recente imbarcata del Barbera, dove va in scena spesso una squadra slegata, deconcentrata e facilmente infilata. A questo punto, dopo il mezzo turno di riposo, riprendere da Monopoli può esserci d’aiuto. Le trasferte da un po’ ci sorridono, anche quando proprio non lo meritiamo.
Dario Romano
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L’IMBARCATA

Una doppietta di Luperini. Nel mezzo, il disastro. Un’imbarcata con quattro pappine come portata. Non si poteva aspettare un naufragio del genere, dopo l’eroica prova del derby. Questo Palermo al Barbera si scioglie come neve al sole. Spesso, dopo essere passati in vantaggio. A volte nell’immediato, come oggi, a volte dopo svariati tentativi. Indicano una superiorità di facciata, dettata dall’atteggiamento dell’avversario. Quando gli ospiti si destano, sono cazzi. Un film già visto, accentuato in questa prima casalinga di Filippi. Che dopo aver passato la spugna sul lavoro di Boscaglia, lo ha rimesso a lucido, ripristinando la difesa a quattro. Cambi modulo e formazione ed ecco lo stesso errore. Con la concentrazione che va a a farsi benedire. Questi ragazzi infatti, si accendono ad intermittenza. E ti fanno perdere la pazienza. Una storia d’amore che proprio non può decollare. E ogni volta, dopo l’impresa, arriva la resa. Una Juve Stabia falcidiata dalle assenze rappresentava un’occasione troppo ghiotta per svoltare, ed invece arriva ancora l’ennesimo stop. Manca pure l’autocertificazione. La mascherina, soltanto per nascondere il rossore.
Dario Romano
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BALLO IL TANGO

Era il 42 A.C. e le cronache belliche romane ci raccontano che, intorno ai combattenti fraterni e coltelli, prima che iniziassero le ostilità, volteggiasse un’aquila imperiale. E imperiosa, come quella Rosanero vista al Cibali. Clamoroso come non mai e come non mi sarei mai aspettato, per la prima pugna di Giacomo Filippi. Era questa, la sua omonima battaglia. Di fronte, non i romani, ma i club siciliani del calcio. Qualche straniero compreso. Soprattutto lui, Mario Alberto Santana. Cavaliere della Pampa a segno in ogni categoria con la maglia del Palermo. La più bella, la più pesante, proprio questa. Perché ci riporta in sella, per una cavalcata che sembrava finita. Siamo ancora in ballo, al ritmo di tango e di chi non salta è catanese. Una gara d’assalto, con i legni a respingere gli affondi da entrambe le parti. Poi l’espulsione di Marconi a cambiare lo spartito. Gli uomini di Raffaele rinfrancati, i nostri chiusi a testuggine e pronti a far male lo stesso. Compito non proprio improbo, quando finalmente si prediligono i piedi buoni, almeno nelle intenzioni. Da Silipo, che era partito bene e poi alla causa immolato, a Floriano un po’ imbambolato, fino al Matusa, che non si offenda. Stoppa di petto e calcia al volo, dove soggiornano le ragnatele. Bravi tutti, i nostri ragazzi. Ci regalano tre punti d’oro ed un campionato nuovo. Mancava il pubblico delle grandi occasioni, ma non me ne faccio mica un cruccio. Infatti, l’ultima volta che il Massimino l’abbiamo espugnato, la nostra festa ed una famiglia, hanno rovinato.
Dario Romano
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NERVI TESI

L’articolo IL CALCIO INDIGESTO era lo sfogo prima del match. Dopo la gara, subentra lo sconforto. Troppo nervosismo, in seno al Palermo. La rinuncia a Kanouté, lasciato a casa per motivi disciplinari, non prometteva nulla di buono. Così, si scende in campo per il solito pareggio, fino alla rete dello svantaggio. E si perde la testa, compresa una partita che Pelagotti, per una volta, ha tenuto in piedi sul tiro dagli undici metri. Al resto, ci ha pensato il rosso del cartellino. Si finisce in nove. Al Cibali, non aspettiamoci nulla di clamoroso.
Dario Romano
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LA SOLITA STORIA

Una perla incastonata che verrà presto dimenticata. La rete di Floriano meritava un finale ben diverso, ma il Barbera è ormai terra di conquista. Un film già visto, con una difesa che si scioglie proprio sul più bello, mostrandoci la solita storia. Non possiamo dire che la sconfitta sia meritata ma è la condotta ad essere sempre scellerata. Si spreca troppo e nell’altra porta arriva sempre il jolly. Mi dispiace per Pelagotti, ormai una sorta di clown che dopo la papera di Avellino, senza farci ridere, ha perso sicurezza. Una dote fondamentale del ruolo, da trasmettere a tutto il reparto. Quell’ansia che ti attanaglia, che ti fa perdere le partite che si potevano vincere. Una costante, quest’anno. Inoltre, la sconfitta contro il Catanzaro costerà caro, in chiave promozione. Un’avversaria diretta che si stacca, come le altre dell’allegra compagnia che non ci riguarda. Parliamoci chiaro: il Palermo ha anche giocato alla pari, con le big del torneo. Ma di vincere non se ne parla proprio. Spero di sbagliarmi, ma ai playoff non andremo oltre la comparsa. Il resto, è improvvisazione, come gli schemi su punizione. Sembrerà una banalità, ma certi dettagli, io, li cerco con il lanternino. Perché Lucca avrà anche la castagna, ma il lungagnone deve soggiornare in area e Almici battere i calci piazzati. Non è scienza, ma semplicità. Invece, vediamo il contrario. Idem per le sostituzioni. Cinque son tante, ti permettono di cambiare mezza squadra a gara in corso. Ma quando Boscaglia li getta nella mischia, il pubblico che non c’è fischia. Da gettare la spugna, anche da casa. La pancia, almeno, è piena. Ma basta giocare a pranzo, maledetti mercanti del calcio. Ci è sempre indigesto.
Dario Romano
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LUCCA TONI

Alla fine, il centravanti giusto l’avevamo in casa. La vena realizzativa del nuovo lungagnone in maglia rosa si è materializzata proprio nel momento cruciale. Perché è adesso che si decidono le sorti del campionato. Altri passi falsi, avrebbero spedito il Palermo definitivamente nei ranghi, ma due vittorie consecutive danno il via ad una scalata che sta diventando davvero interessante. Il prossimo gradino è fondamentale. Lo scontro diretto al Barbera contro il Catanzaro, che ci precede in classifica, è un’occasione da sfruttare. All’andata, fu battaglia. Lo spirito battagliero dei Rosanero, valga anche per il ritorno. Con un’arma in più. Numeri sempre più importanti, per Lucca Toni, che si merita anche un soprannome azzeccato come non mai. Ha raggiunto la doppia cifra in men che non si dica, escludendo una concorrenza che non sembra alla sua altezza, in tutti i sensi. Chiamati in causa, i vari Floriano e Saraniti fanno la passeggiata. Mentre Martin, almeno lui, dimostra che a centrocampo, oltre che i muscoli, ci vorrebbe anche del fosforo. Peccato per l’età avanzata di Santana, che avrebbe fatto davvero la differenza. E per il baby Silipo. Un tascabile che non esce mai dalla tasca. Lo vorrei protagonista e non in naftalina.
Dario Romano
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SI RESPIRA

Una boccata d’ossigeno, assolutamente necessaria, dopo una settimana amara caratterizzata da notizie sconfortanti che toccano anche il nostro passato. Le vicissitudini private di Tanino Vasari hanno sconvolto la piazza, la città, i tanti che gli vogliono un gran bene. Le sue serpentine sulla fascia mettevano a soqquadro le difese avversarie, ma Topolino stavolta l’ha combinata grossa. Un in bocca al lupo a lui e a questo Palermo, che non è in vendita, come qualcuno afferma, ma potrebbe esserlo e non a breve termine. Rilevare le quote di Di Piazza non conviene a nessuno, mentre un club quotato una quindicina di milioni, considerando l’indotto, può fare gola. Quella profonda, scaturisce dai leoni da tastiera, affamati ed inviperiti. Un dente avvelenato che non risparmia anche il buon Lucca, autore di una doppietta che ribalta un risultato da capelli nella testa. Ma stavolta, lo svantaggio porta coraggio e si espugna il Barbera. Decisiva la rete di Luperini, non ancora al meglio, a segno anche nella disgraziata gara d’andata, quando il Bisceglie ci svelò l’inferno di questa categoria. Intanto, il lungagnone arriva a quota otto. Sotto porta non è chirurgico, tutt’altro. Ma la mette, quasi puntualmente. L’appuntamento è per mercoledì. Contro la Turris, abbiamo davvero il dente avvelenato.
Dario Romano
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LA PAPERA

Non avevo mai visto un portiere del Palermo farsi uccellare a quel modo. La papera di Agliardi contro il Catania ha fatto storia, ma questa, di tutt’altra pasta, non la vedranno in molti. Si tratta pur sempre di un campionato minore. Quel derby, valeva il primato in SERIE A. Nell’epoca dei social, comunque, a vederlo non saranno in pochi. Che figuraccia. Del resto, prima o poi doveva capitare. Pelagotti si posiziona spesso lontano dai pali, addirittura fuori dall’area di rigore. Potrebbe essere un segnale di benessere, cioè che attacchiamo spesso e quindi ci si può aggiungere ai giocatori di movimento. Ma lui non è Neuer e noi non siamo la GERMANIA. I Rosanero occupano spesso la metà campo avversaria, ma purtroppo senza affondare i colpi. Viene da chiedersi come mai, dopo aver disputato alla pari il match contro i padroni indiscussi del torneo, ci si possa accontentare di recarsi al Partenio di Avellino per strappare almeno un punto. Le domande non finiscono qui. Boscaglia ha ormai scelto i tre elementi da schierare davanti, sempre e comunque. Stavolta spazio a Saraniti, impalpabile e mai servito a dovere, poiché Lucca era assente forzatamente. Ma tre gare in una settimana ci hanno regalato la stessa solfa. Kanouté, Valente ed un lungagnone in mezzo. Conseguenza, Rauti ha perso il posto e gli altri valgono solo per l’assalto finale. Che non si vede neanche. Umiliati costantemente, hanno perso pure la voglia. Altro che mea culpa, Mister Boscaglia. Stavolta, non basta.
Dario Romano
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E ALLORA

Siamo veramente così scarsi? No, come dimostra il match contro la Ternana. Che conferma quanto abbiamo visto nei precedenti al Barbera. In casa il Palermo fa male, mentre fa male a se stesso a fine gara. Ormai è consuetudine. Contiamo almeno cinque gare che potevano fruttare una quindicina di punti e ne hanno regalato tre. Paura di vincere? Può essere, ma anche la condizione fisica precaria è un fattore. Aggiungo la mancanza di concentrazione, da non scindere dallo stato di forma. La stanchezza, porta alla scelleratezza. E così Crivello scivola sul più bello, con Falletti che per poco non la ribalta, dopo averla ripresa. Segnali incoraggianti, per la prestazione generale, ma preoccupanti, per un trend che costa punti ormai da un bel pezzo. La trasferta contro l’Avellino rappresenta davvero un esame importante, mentre in seguito il calendario andrà un po’ in discesa. Se si gioca così, aspettiamoci una risalita.
Dario Romano
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MISTER X

Ottavo pari, a fronte di sei vittorie e sei sconfitte. Una lumaca, il Palermo, che per raggiungere un posto rassicurante ai playoff, deve cambiare passo. Non sarà facile. Le prossime due gare, contro Ternana ed Avellino, fanno spavento. Malcontento condivisibile, quello di una piazza che non può urlare a voce o fischiare, per mostrare il disappunto, a questo punto. E allora vai con i leoni da tastiera, dove spesso si finisce col farla fuori dal vaso. Perché va bene criticare, va bene sentirsi delusi. Ma il tradimento è un’altra cosa e a Palermo lo sappiamo bene, soprattutto calcisticamente parlando. A me non risulta che Mirri abbia promesso investimenti per la sessione di mercato invernale. Non ho sentito frasi del tipo ‘arriveranno otto giocatori da SERIE A’. Avete la memoria corta? Vi siete pure dimenticati che Pergolizzi veniva messo alla gogna anche dopo dieci vittorie consecutive? Adesso il suo nome torna in auge, rispolverato da coloro che di Boscaglia non ne possono più. Tra questi anche il sottoscritto, escludendomi dal richiamo a Rosario: la sua conferma, non mi avrebbe scandalizzato. Al contrario, mi infastidiscono le dichiarazioni e le intenzioni di quello che possiamo definire, numeri alla mano, Mister X. A lui sta bene, lasciare in panca chi il cuore scalda. Con una giocata, una spizzata, una di quelle trovate che ti sbloccano e risolvono la partita. Ormai è chiaro: Saraniti, Floriano, Silipo e Rauti sono dei rincalzi. Di Martin neanche a parlarne. E poi arriva il mea culpa della conferenza stampa. Questo è troppo, non la società che si risparmia evitando il passo più lungo della gamba. Mala Tempora, stiamo vivendo e vivremo. Questo, ancora, non lo avete capito.
Dario Romano
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LA CONFERMA

Che il giocattolo, che sembrava stesse per nascere e mai del tutto forgiato a dovere, si è rotto e ci ha rotto a tutti quanti. Ad un certo punto, stavamo anche per divertirci, con una squadra che ce la metteva almeno tutta, tra mille difficoltà. Imparare a vincere è il requisito fondamentale per diventare grandi, nello sport. Al Palermo invece, sta avvenendo il contrario. Più correttamente, una via di mezzo: se non si perde, è pari e patta. In sintesi, una mezza sconfitta. Con Boscaglia che ammette le sue colpe e poi ci casca, sistematicamente, di nuovo. Se è errare è umano, perseverare è diabolico, ma qui si rasenta il masochismo. La qualità staziona in panchina e viene rispolverata spesso quando è già troppo tardi. I continui cambi di modulo, il girovagare tra i ruoli ed il campo. Troppa confusione, mitigata dal risultato riacciuffato dal solito lungagnone, stavolta in giornata no. Non se ne può più fare a meno, quando lo schema dettato è il solito spartito: il cross e Lucca o la spacca o la cicca. Contro un Teramo in vantaggio meritatamente, ad opera di un soggetto che al pallone dà del tu eccome. Farebbe proprio bene al Palermo, uno come Birligea. Già, dimenticavo: con Boscaglia, finirebbe in panchina.
Dario Romano
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PESANTE

Una sconfitta difficile da digerire. Perché non si tratta di aver perso immeritatamente o di prendersela con la dea bendata. Ad avere i paraocchi, chi sta in panca e chi in campo balla. La lezione ricevuta non è stata appresa, regalandoci la stessa solfa. Rosanero a dominare nella prima frazione, fino alla rete liberatoria, che stavolta arriva anche troppo presto. Poi, inizia un’altra partita. Gli avversari cominciano a giocare e buonanotte. Mentre le briglie avversarie si sciolgono, il Palermo si squaglia. Turris, Viterbese e Virtus Francavilla, in casa, valgono un punto dei papabili nove. Tre partite a dominare per lunghi tratti e buttate al vento. Si ha sempre la sensazione che il Mister non schieri la formazione migliore. Lucca ancora in giornata che più no proprio non si può (come a Cava) e Saraniti a disputare pochi minuti. Rauti in extremis stavolta non bussa, mentre il lungagnone la ‘gioca’ proprio tutta. Silipo rispolverato quando Valente ha già sfolgorato. Ingressi troppo tardivi: dopo il pari, serviva subito una scossa. Di scottante, soltanto l’epilogo pesante di un match che chiude malamente il girone d’andata. Sei vittorie, sei pari, sei sconfitte. Il numero del Diavolo: altro che zampino. Ci vorrebbe la mano e anche qualche pedina: quelle giuste.
Dario Romano
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IL PANTANO

Che per poco non ha impantanato il Palermo. La giornata proprio no di Lucca ha condizionato una gara dove vincere era l’unica cosa a contare per davvero. Un rigore sprecato a lato nel primo tempo e dopo troppo malcontento. Uscire da Cava con un pugno di mosche nel match da spartiacque: evitato per un soffio dalla testolina di Rauti. Campo impossibile, per una missione fattibile che lo stava diventando altrettanto. Sono sei i punti da accorciare dalla carovana che ci precede: domani si vedranno gli effetti. Un gap rosicchiato, mentre altri rosicano. Troppo rumore, attorno ai Rosanero. Di Piazza ha lasciato, Ferrero vuole il club, i tifosi farlocchi vogliono lui. Il tifoso vero, non vuole tutto e subito. Museo, centro sportivo, maglie celebrative, kit per i neonati, squadra che lotta, anche contro i suoi limiti. Mi sta bene anche così. Virtus Francavilla e Teramo tra l’ultima di andata e la prima del girone di ritorno, entrambe al Barbera. Per rosicchiare ancora: di rosicare, in tanti non smetteranno mai.
Dario Romano
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LA CASTAGNA

Che ci toglie le castagne dal fuoco. Lorenzo Lucca è l’uomo gol del momento. Senza le sue reti, lo sgomento. Abbiamo rischiato un Natale amaro. Che già, di suo, non scherza proprio. Un pari, contro la Bari, ci può stare. Sembrerà un paradosso, ma anche contro la Ternana non si è perso. Purtroppo, la classifica recita altro: anzi, fa scattare un nuovo allarme. Le troppe X che accompagnano il Palermo, ci stanno distanziando lentamente dalla zona playoff. La botta del lungagnone è un calcione che ci manda a riposo con le batterie piuttosto scariche. Servono le vittorie, i tre punti. Servirebbe anche un regista, uno schema oltre al solito cross dalla trequarti o la botta dalla distanza. Boscaglia ha un Martin in panca ed un Silipo da recuperare: per Almici, bisogna ancora aspettare. Una carta la può giocare, già alla ripresa delle ostilità (sportive, s’intende). Quando ci saremo lasciati alle spalle un’annata orrenda. Splendida, invece, la maglia (completino compreso), disegnata da Giovanni Tarantino. Un capolavoro, compreso il buon restyling del logo. Celebra 120 anni di storia e lo fa alla grande. La risalita, invece, sarà davvero ardua, in tutti i campi. Su quelli di calcio, sul nostro Barbera, mi accontenterei di poter mettere almeno il piede. Sarà il segnale che stavamo tutti aspettando: una vita normale, com’era una volta. La speranza: quella, non può svanire mai. Ci ha accompagnato, anche prima che partisse la castagna. Per una volta, è andata anche oltre.
Dario Romano
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CAMBIARE

Per non cambiare. Dopo quindici giornate, quella che probabilmente è diventata una squadra nello spirito, non lo è nel corpo. I cambiamenti, che Boscaglia adotta col contagocce, piuttosto che portare il Palermo al salto di qualità, fanno abbassare l’asticella. E così, ecco Luperini sulla trequarti al posto di Rauti: non è proprio la stessa cosa. Quando si rimedia, con la Vibonese in inferiorità numerica, è già troppo tardi. Sulla linea, si fermano i Rosanero, come la conclusione di Saraniti. Oppure ci pensa Marson: già con Lucca, il portiere di casa si supera, come spesso accade agli estremi difensori che ci affrontano. Ci ha pensato anche il nostro Pelagotti, ad evitare che il brodino si trasformasse in brodaglia. A due giorni dal Natale più assurdo della nostra vita, la prova del nove. Arriva la Bari dell’ex con la lacrimuccia, Gaetano Auteri. Una gara da brividi, in tutti i sensi.
Dario Romano
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IL LUNGAGNONE

Questo Palermo. Che più ti tira giù e più si tira su. Dopo la pessima prestazione di Foggia (la ritengo la peggiore in assoluto, poiché senza attenuanti), arriva la migliore gara stagionale. Ma stavolta, nessuna distrazione. Aggressivi e concentrati, dall’inizio alla fine. Particolari che fanno la differenza. Non è poco, nella giornata delle assenze eccellenti. Riguardo Almici, dobbiamo pazientare. Ma la contemporanea defezione di Saraniti, destava troppa preoccupazione. Ed invece, eccolo, il nuovo lungagnone Rosanero. Lucca fa il Toni e si rivela l’arma in più del momento. Sembravamo spuntati e adesso fiocca l’abbondanza. La sblocca Rauti, la chiude l’altro scuola Toro. E la Casertana è matata. Aspetto la continuità. Attendo Silipo. E spero di non tornare ancora giù.
Dario Romano
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IL PALERMINO

Come a Teramo. Anzi, peggio. Perché stavolta le attenuanti non ci sono. Ci si può arrampicare sugli specchi: l’assenza di Almici (due mesi, sembreranno eterni) ed il palo di Floriano. Per il resto, solo e soltanto (e pure troppo) Foggia. Inoltre, rispetto al match della prima giornata, la bandiera bianca, sul ponte Rosanero, è comparsa già nella prima frazione di gioco. Nella seconda, abbiamo visto quello che, ormai, è diventato un giochino pure annoiante. Una serie infinita di palloni alti, scagliati in area dalla trequarti. Non si arriva sul fondo, il cross tagliato non è nelle corde. Quindi, vediamo traversoni leggibili dalle difese avversarie e dai portieri, che ci vanno a nozze. Col pallone, Saraniti ci fa pure a botte. E se parte il contropiede, per il Palermo, si fa notte. Boscaglia doveva essere l’arma in più. A conti fatti, ci sta portando giù.
Dario Romano
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CONTINUITÀ

Serve al Palermo, che tuttavia sembra averla intrapresa. La sconfitta con la Turris ha deragliato per un breve istante un treno che procede dritto verso la meta. Che non sarà il primo posto: per adesso, chissà, dobbiamo farcene una ragione. La Ternana ha preso il largo, la zona playoff è comunque ad un passo. Guardiamo a quella, in un torneo che ci regalerà emozioni. Questa squadra, da quando ha fatto quadrato, appare solida in difesa, spuntata, ma con un cuore grande così. In avanti le occasioni fioccano, come i trequartisti. Ti può andare male, come successo mercoledì, ma alla lunga, schiacciare gli avversari nella loro area, paga. Almici e Floriano leader, Silipo una conferma. Se Saraniti sentenzia, come tendenza, Rosanero sarà la sentenza.
Dario Romano
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BUONO, BRUTTO E CATTIVO

Ho sempre amato gli attaccanti che, pur non essendo abbonati alla doppia cifra, timbrano sempre il cartellino alla voce ‘salti, spallate, sponde e ogni tanto la butta dentro’. Uno alla Stefano Guidoni, alla Lorenzo Scarafoni. Alla Andrea Saraniti. Che in campo non si risparmia, anzi: le prende che è un piacere. Lui lo sa, fa anche male, ma è questo il suo pane. Quando lo condisce con un bel goal, ha un altro sapore. Attendo la sua rete spaccaporta. Perché così ti voglio, caro Andrea. Meno elegante e meno bello da vedere di un Rauti: uno che in SERIE C è solo di passaggio. Ma generoso, buono come quel tozzo di pane, brutto da vedere poiché un po’ sgraziato. Ma cattivo. Come ora, adesso, occorre. Falli anche sporchi, ma poco importa. Anche se non ti eleggono a profeta. La tua patria, si nutre anche di invidia.
Dario Romano
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LA PRIMA

‘Devo farcela, Mister.’ Le parole di Saraniti a Boscaglia, in un derby che non dimenticheremo mai. Andrea oggi ha trovato la rete, finalmente. Ma ha dovuto arrendersi: troppo ravvicinate le due gare, impossibile recuperare pienamente. Eppure il Palermo, da quel pari ottenuto contro il Catanzaro, ha iniziato un altro campionato. Le conferme arrivano da Castellammare di Stabia: vittoria senza discussioni, ed Hera Hora. E adesso? Consapevoli che anche dalla panchina, quando son presenti, possono arrivare innesti decisivi, lo diventano altrettanto le gare casalinghe, ma con gli spalti vuoti, che ci attendono. Salutiamo la prima vittoria. Diamo il benvenuto al Palermo di Boscaglia.
Dario Romano
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COVID MATCH

Un tabellino storico. A raccontarla, sembrerà impossibile. Ma la carta canta, c’è poco da fare. E dopo gli spalti vuoti, ecco anche la panchina vuota. La solitudine del n.22, il buon Marco Matranga, a fotografare una partita assurda. Che ci restituisce un Palermo quasi squadra. Nella pandemia, il DNA dei giocatori sta per assumere i contorni del Rosanero. Peccato per Saraniti, che conferma di essere attaccante, ma senza il fiuto del goal. Non è da poco, per quel sale che fa del ruolo un fuoco. Un appunto per Raffaele. Il tecnico del Catania ne ha messo dentro cinque: tutti quelli che poteva. La palma della sportività non gli appartiene. Ha rischiato di fare la fine dei Romani a Canne: annichiliti, in superiorità numerica schiacciante. Le riserve, non hanno fatto la cavalleria, come lui non è stato cavaliere. L’aiutino, arriva dal direttore di gara. La rete di Pecorino è irregolare: la norma, dove tutto il contorno è falsato. Soli contro tutti. L’avevamo capito già.
Dario Romano
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L’ASSEDIO

Quando Lucca la sblocca, sembra davvero fatta. Un assedio costante: al Barbera, si gioca proprio a porta romana. Ed invece, ecco che iniziano i tempi supplementari di Italia-Germania. Quasi, ma il cuore palpita forte lo stesso e comunque, nel ’70, io dovevo ancora nascere. Che partita. Questo Palermo perde la testa (come il direttore di gara) e risveglia un attacco della Viterbese che sembrava innocuo e mansueto. Quando gli ospiti hanno capito che potevano fare di tutto senza sanzioni, hanno provato anche a segnare. Bussi ed entri, nella porta Rosanero. Caro Boscaglia, dopo aver creato una squadra, bisogna chiudere la difesa a chiave. Quattro reti, di mercoledì, ci costano cinque punti. Troppi, dopo aver dominato. Un plauso ad Almici: chiddici!? Terzino, ala, regista, battitutto. Un giocatore di categoria superiore. Quel gradino che potremmo scalare, ma prestando maggiore attenzione. Resta una considerazione: da un mese, ci stiamo divertendo.
Dario Romano
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LA BATTAGLIA DI CATANZARO

Una giornata iniziata nel migliore dei modi e finita ancora meglio. Mentre i fratelli Tuttolomondo finiscono come e dov’è giusto, cioè in manette e in galera. I particolari della vicenda sono sconcertanti e ne sentiremo ancora delle brutte. Il Palermo, a Catanzaro, vede tutti i colori che ha combinato l’arbitro di turno, il Signor Perenzoni. Rigore dubbio, per una spallata di Crivello, ma espellere il capitano, dopo il rosso mostrato a Broh per doppia ammonizione, è sembrato davvero troppo. Ma il calcio non è soltanto poesia, anche se ogni tanto ci fa disperare. Stavolta ci regala l’epica e arriva il pari in doppia inferiorità numerica. Fa tutto Evacuo, che trasforma il rigore del vantaggio regalato e ci regala anche un punto preziosissimo. Perché fa morale, soprattutto in vista del derby. Fortemente in dubbio: per gli esiti dei tamponi, per le squalifiche in arrivo. Guardate le panchine: ma di che stiamo parlando.
Dario Romano
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DELITTO E CASTIGO

Le regole, sono quelle del calcio. Si vince e si perde anche così. Il campanello d’allarme suona all’inizio della ripresa: occhio, che la possiamo anche perdere. Pure se gli avversari si prendono a testate tra loro, anche se domini dal primo all’ultimo minuto. In quanto ad occasioni, una grande così non basta. La Turris non ha rubato nulla, sia chiaro. Ha vinto come piacerebbe vincere anche a tutti noi: alla vecchia maniera. Un delitto, un castigo perfetto. Queste sono sconfitte che ti cambiano una giornata, anche mezza settimana. Si chiama mal d’amore. Ma questo non passa: dura da una vita e continuerà, fino alla fine. Salutiamo El Pibe de Oro. Ma senza minuto di silenzio. A lui, piaceva far baccano. ‘Addio, Diego.’
Dario Romano
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LA PALESTRA

Ad ogni partita, una sconfitta. Come ai bei tempi di De Zerbi. Zamparini li mandava via pure dopo una vittoria, ma con il nuovo profeta del calcio italiano non ne voleva proprio sapere: a lui stava bene così. E l’attuale tecnico del Sassuolo ha sfruttato la sua occasione, facendo del Palermo la sua povera cavia. Il tempo, gli sta dando ragione. Con Boscaglia, l’orologio scorre invece in fretta, riservando sempre una disdetta. Un pari con la più forte, ma solo per caso, poi il segno zero a farla da padrone: stavolta almeno solo con i punti, perché Luperini ha realizzato la prima rete stagionale. Rendiamo disgrazia a Satana. A Bisceglie (squadra ben messa in campo da Bucaro, il mio profilo ideale dalla scorsa stagione) tanti errori, tanta confusione, con due sole note confortanti: più voglia e pure una condizione fisica accettabile (a fine gara i Rosanero, almeno, correvano ancora). Il telone della discordia può nascondere gli stratagemmi, ma in campo si fa velo pietoso. L’allenatore dice che ‘non vogliamo bene al Palermo’, per presunte insinuazioni, effettivamente fuori luogo. Ma non ci metta anche del suo: Floriano e Silipo devono giocare. Boscaglia non è De Zerbi: la gavetta l’ha già fatta. Metta gli uomini giusti al posto giusto. Faccia del campo un’arena, non una palestra. Il resto, è tutta fuffa.
Dario Romano
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IO STO CON MIRRI

Dati inconfutabili, che non si possono proprio ignorare. Un inizio davvero disastroso: caratterizzato da anemia offensiva, confusione generale, condizione fisica precaria. Aggiungo pure l’assenza del pubblico: per il Palermo è un fattore in negativo che conta più che in altre piazze. Conclusione: l’improvvisazione, nel calcio, non paga. Quell’uomo solo, seduto in gradinata, se ne sarà reso conto. La mascherina non la portava per coprire gli occhi. Ma sentire i ‘tifosi’ invocare Pergolizzi (fino a pochi mesi addietro il nemico numero uno), invitare Dario Mirri a farsi da parte e rimpiangere Zamparini, conferma quanto si era visto negli ultimi anni tra gli spalti del Barbera. Abbiamo una tifoseria da serie inferiori, disposta ad infiammarsi soltanto se si parla di SERIE A e di campioni come quelli che c’erano una volta. Il mio cuore Rosanero non ha mai battuto al loro unisono. I concorrenti di Hera Hora ci avrebbero portato in alto in men che non si dica!? Non credo proprio. Per quanto mi riguarda, l’unica cosa a lasciarmi perplesso è la realizzazione del centro sportivo in quel di Torretta. Un Palermo ospite nell’impianto di casa e fuori città per gli allenamenti: mi fa rabbrividire. Caro Mirri, continua pure a sbagliare: almeno, lo farai in buona fede. E complimenti all’Avellino, che ha cercato la vittoria, ha fatto due gollazzi e si è preso tre punti. Meritatamente.
Dario Romano
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RETI BIANCHE

Francesco Guidolin diceva che, ogni tanto, un bel risultato ad occhiali faceva bene alla salute. Una bella partita, con tanto di segnali incoraggianti. Il Palermo è sembrato più squadra rispetto a Teramo: scontato. Si può anche recriminare per quel rigore, chiaro come il sole. Ma attenzione: non è tutto oro quello che luccica. Spesso, nei giudizi, ci facciamo condizionare dal risultato. Un pari a Terni val bene la messa, ma a cantare ci sono andati più vicini i padroni di casa. Pelagotti santo del giorno, arbitro invece nei panni dell’asinello: contatti fuori ordinanza anche in area Rosanero. Mentre Falletti conferma quel che sapevamo (fuori categoria ma fuori mira), rimango folgorato dalla prestazione del prestante Rauti. Giovane e bello, ma vecchio stampo da attaccante: fa da sponda, aiuta il centrocampo, si muove bene. Obiettivo da spuntare, la porta: è quel che si chiede alla punta. Un’ultima considerazione sul modulo: abbondiamo di centrali difensivi ed esterni offensivi. In attesa del debutto di Luperini, prendiamo atto che il 3-5-2 si sposa con le caratteristiche della rosa a disposizione di Boscaglia. Potrebbe tornare utile, soprattutto nelle gare in trasferta. Se arriva un terzino, ci sarà l’imbarazzo: della scelta.
Dario Romano
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FORTE

Questa l’impressione che ci restituisce il Palermo che abbiamo visto in campo al Barbera. Una squadra forte, che attacca dal primo minuto senza perdere la pazienza, senza esporsi, sapendo che, prima o poi, la si sblocca e se proprio non la si spacca, si è dato comunque tutto. Il cuore oltre l’ostacolo sta divenendo il mantra dei Rosanero. Che si permettono di far entrare un Silipo o un Luperini nella ripresa: cambi decisivi. La qualità, nel calcio, paga. Che talentino, Andreino. Andreone ci mette la clava, lui il fioretto. La zampata vincente, quel lupacchiotto che, al top, alzerà ancora l’asticella. Siamo al tris, il poker non è un miraggio. Ma vogliamo la cinquina. Con questa squadra, sognare è lecito.
Dario Romano
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L’ATTENUANTE

Sarà una settimana cruciale, per le sorti del Palermo. Questo esordio in quel di Teramo, comprese tutte le attenuanti del caso (un campionato iniziato senza neppure un’amichevole oppure una gara di coppa disputata, è proprio storia) ci ha mostrato una squadra monca, con un timone in panchina privo della sua leva. Quando Boscaglia, alla vigilia del match, affermava ‘dobbiamo capire chi siamo’, non stava soltanto mettendo le mani avanti. Piuttosto, cercava di tirare a sé una coperta troppo corta. E se è pur vero che l’attaccante che possa fare la differenza ‘non c’è’, lo è altrettanto che a centrocampo manca un faro. Il modulo adottato è quasi obbligato: se aggiungi una pedina nella zona nevralgica, devi togliere uno dei trequartisti. Mi chiedo se Floriano non possa ridurre il suo raggio d’azione e ogni tanto provare qualche sortita. Potrebbe essere una soluzione, ma anche un azzardo: il suo fiuto del goal andrebbe strozzato. Non amo i giudizi affrettati, ma Valente non sembra valere Felici e ovviamente mi lascia scontento. Se TÚ SÍ QUE VALES, tira fuori i cogliones. La sensazione è che i nuovi arrivi abbiano portato una piccola dose di esperienza in più, ma poco sul fronte del talento e della personalità. La frase del Mister, ‘dobbiamo imparare a non perdere le partite che non possiamo vincere’, non è stata ascoltata. Gli avversari hanno giocato in coppa (noi, per un regolamento assurdo, quest’anno la saltiamo) e si sono concessi una vetrina con tanto di pubblico fuori ordinanza, partendo con il vantaggio del rodaggio, ma non mi sono sembrati uno spauracchio. Eppure, hanno tirato fuori gli attributi, una volta realizzato che i Rosanero non li avevano. Diavoli contro angioletti: non poteva finire diversamente. La fine del mercato, invece, ci dirà di più sul nostro campionato. Di transizione o di passione. Quella che può trasformarsi in maledizione, ma soltanto perché non è entrata dentro, anche se solo di un soffio.
Dario Romano
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SERIE D 2019-2020
IL TABELLONE

Una promozione annunciata, ancora non ratificata e non proprio sudata. Perché il peggio, anche sul campo, poteva arrivare. Sette punti di vantaggio soltanto un cuscinetto, non proprio un tesoretto. Otto gare da disputare, con tre incontri casalinghi e ben cinque trasferte. Abbordabile la prima a Corigliano, proibitiva contro i rivali diretti del Savoia, lo stesso impegnative a Messina e Acireale, probabilmente decisiva l’ultima contro il Troina. Gli innesti di Silipo, Floriano e Lucca ci hanno restituito una certa freschezza ai Rosanero, ma a Licata il campanello d’allarme ha destato preoccupazione. Resta comunque un dato di fatto: il Palermo era il team più forte del girone. Rosario Pergolizzi chiude la sua seconda esperienza, alla guida della prima squadra, centrando l’obiettivo, anche se resterà per sempre il dubbio sull’eventuale esito finale. Criticatissimo, ha avuto comunque il merito di aver reso vincente una compagine creata da zero, a tempo di record. Con un primo posto mai mollato, frutto di dieci vittorie consecutive che hanno messo in cascina tanto fieno. Gli infortuni di Santana, Ricciardo e Sforzini hanno rallentato la corsa, interrotta di fronte ad avversari di valore che ci hanno messo in difficoltà a domicilio. Le formazioni coatte, con precise regole da rispettare, relative agli under, hanno complicato le scelte. Una su tutte, mi ha lasciato perplesso: l’accantonamento (appena sette presenze per pochissimi minuti), di colui che ha realizzato la rete più importante di tutto il campionato. Raimondo Lucera a Marsala ci regala la prima vittoria del Palermo di Hera Hora, fondamentale per il morale e per quel filotto che altrimenti non ci sarebbe stato. Il tecnico, mai amato, lascia comunque da vincente, anche senza convincere. Lo SCUDETTO Primavera ed una promozione dalla D alla SERIE C, lo collocano su un piedistallo e non giù dalla torre. Pelagotti e Felici i più presenti, Ricciardo cannoniere ad un passo dalla doppia cifra. Abbiamo guadagnato la serie professionistica (scherzi a parte, dalla stanza dei bottoni) con un team ormai collaudato, a cui bisognerà aggiungere fosforo ed esperienza. Un Palermo con Felici e Silipo sulla trequarti e dietro un centravanti di categoria, ma con un allenatore coraggioso al comando: non sarebbe male, per ricominciare. Uno stadio da rinnovare. Un museo da visitare. Un centro sportivo da costruire. Le nostre abitudini, rivedute e corrette. Perché, dopo questa maledetta primavera, nulla sarà più come prima.
Dario Romano
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HERA HORA

Si ricomincia, ed Hera Hora. Da un campionato di SERIE D dove affronteremo squadre di cui non avevamo mai sentito parlare. Non possiamo dire lo stesso del Marsala, che al debutto stava per compiere pure lo scherzetto. Il rigore sprecato da Ricciardo, il bomber di categoria che dovrebbe fare la differenza (ma abbiamo pazienza), stava per costringerci al pari a reti bianche. Ed ecco la ciliegina che ci rende meno amara l’esperienza: entra Raimondo Lucera e spalanca una bella favola nella sua casa, mentre nelle nostre abitazioni cambiano le abitudini. Non vedremo stadi confortevoli, non sentiremo neanche nomi altisonanti, ma l’emozione per un goal, realizzato con caparbietà e furbizia da un giovanotto di belle speranze, resta sempre la stessa. Buona fortuna, ragazzo. Al Palermo, un in bocca al lupo doveroso. In campi dove si farà fatica pure a camminare, la risalita sembrerà ancora più ardua.
Dario Romano
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AL BARBERA

Partita in ghiaccio già nel primo tempo: stavolta, la si è chiusa presto. Altro dato confortante: si è sbloccato Ricciardo e l’ha fatto col botto. Bella doppietta per l’attaccante di categoria, prelevato per uccidere il campionato. Non inganni il risultato: la rete del San Tommaso, realizzata da Tedesco, non ha mai riaperto i giochi. Troppo tardi, infatti, l’autorete di Accardi che accorcia ulteriormente le distanze. Apparse consistenti e ben auguranti. Un Palermo ricostruito da zero, affidato da Hera Hora a Rosario Pergolizzi con un obiettivo ben preciso. Chiuderla al più presto, come avvenuto in questa prima al Barbera, da vera favorita del torneo. Ma stai attento, Palermo. La partita dura novanta minuti e bisogna restare concentrati. Due partite e due vittorie valgono il punteggio pieno ed il buon auspicio. Da registrare l’esordio di Ficarrotta: strappato al Marsala e già al debutto. La settimana scorsa ci ha fatto penare: in Rosanero, ci farà divertire.
Dario Romano
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L’ELIMINAZIONE

Non fa tanto rumore. Lo squillo, arriva più che altro dal talento di Marcellino. Una rete da antologia, che ci costa un posto non lusinghiero sugli almanacchi dei dilettanti. Ci ha provato, il Palermo, rivoltato come un calzino da un Pergolizzi concentrato sul vero obiettivo. La rete di Santana e l’approdo alla lotteria dei rigori non ci sorride. Poco male, ce ne faremo una ragione. L’occasione, è servita per il lancio delle seconde linee: non ne avranno un’altra. Come per Rizzo Pinna: ha sbagliato l’impossibile. Strano, perché ha piedi buoni, ma a guidarli, è la testa. Onore al Biancavilla, avversario di livello superiore, rispetto alle squadre fin qui affrontate. La rivedremo in campionato, nella speranza che non ci punisca un’altra rete di quelle che un tempo si definivano, semplicemente, ‘della domenica’. Buone le combinazioni dei Rosanero, che hanno sprecato troppo. Un segnale confortante, ma ci troviamo in una selva oscura: il fioretto, serve a ben poco, se poi non la butti dentro.
Dario Romano
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DALLE RETROVIE

Terza vittoria consecutiva, punteggio pieno in condominio con l’Acireale. Ma la notizia è un’altra: nel Palermo, va a secco il reparto avanzato. Il fieno in cascina arriva comunque dalle retrovie, con le reti di Doda e Ambro. La difesa tiene botta, con le botte del Roccella riservate dalla distanza o su calcio piazzato. Un attento Pelagotti, ma è ancora presto per dare giudizi. Quel che conta, è che le vittorie regalano punti importanti e soprattutto restituiscono morale. Non male, dopo l’inopinata eliminazione in coppa. Da sottolineare le intuizioni di Pergolizzi: così come a Marsala, si rivela determinante l’ingresso dalla panca. Prima Lucera, in Calabria ci pensa un altro giovane subentrato, Ambro. Rosario, anche stavolta, ci hai visto giusto.
Dario Romano
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MARIO ALBERTO

Sembrava tutto in discesa, dopo la rete di Ricciardo, che la sblocca ad una manciata dal via. Ma il Marina di Ragusa non ci sta e risponde con Mistretta. Non finisce qui, la reazione ospite. Che si dimostra una squadra ben quadrata e attenta. Nella ripresa, è il centrocampo Rosanero a prendere il sopravvento, illuminato dal talento di Santana. Bello e cattivo tempo, per Mario Alberto, che la chiude in un minuto caratterizzato da giocate sopraffine, con tanto di soddisfazione personale. Questa non è la sua categoria di appartenenza, ma si ci è calato a capofitto. Immenso: l’inevitabile ovazione alla sostituzione è la giusta conclusione, per una prestazione da incorniciare. Punteggio pieno: facciamo la voce grossa, ma è presto per parlare di fuga. Qualcuno storce il naso: manca ‘il bel giuoco’. Ma Pergolizzi ha intrapreso la sua strada ed è quella giusta: abbiamo un obiettivo da centrare ed il Palermo, fin qui, è stato puntuale. Con la vittoria.
Dario Romano
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NONOSTANTE TUTTO

Si continua a vincere, mentre a non convincere si perpetua altrettanto. Non lo interpreto come un campanello d’allarme. Il Palermo non può essere squadra, troppo presto. Intanto, si incamerano punti ed il morale è alle stelle. Se, come al San Filippo, manca Santana e Ficarrotta realizza da genio della classe, da fermo e da autentico dieci, vuol dire che anche a ricambi siamo messi bene. Male invece per Ricciardo, davvero scialbo. Con il talento alle spalle, Felici su tutti, basterebbe poco per incidere. Da sottolineare che il pareggio sarebbe stato più giusto. Il Messina visto contro i Rosanero può recriminare a ragion veduta. Ci ha provato fino all’ultimo, la formazione peloritana, che nel finale ci ha fatto tremare. Tremano invece le avversarie, a parte l’Acireale. Perché, nonostante tutto, il Palermo vola. Sempre più in alto.
Dario Romano
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I BOMBER

La partita che aspettavamo. Vittoria netta, gli attaccanti a segno, il punteggio largo. Finalmente, il centravanti a referto, compresa la riserva: il tagliagole Sforzini. Sarebbe titolare in qualsiasi formazione di questo campionato, compresa qualche squadra della categoria superiore. Alternativa di lusso, a dimostrazione del buon lavoro svolto in quel di Agosto, in fretta ma con tanto sale nella zucca. Bravo stavolta Ricciardo, freddo anche dal dischetto. Non c’è stata partita, al Barbera, nella giornata dei bomber, contro una Cittanovese che può soltanto accontentarsi del golletto. Pergolizzi lancia Ambro e lascia un solo trequartista: tutti Felici e contenti, soprattutto sugli spalti. E così Ficarrotta, decisivo col Messina, entra a pochi minuti dalla fine. Il risultato premia Rosario, concentrato in quella che è più di una missione: la promozione. Siamo alla sesta: se continua così, il Palermo potrà già pensare a programmare. Delle vittorie, non ci si può annoiare.
Dario Romano
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IL SETTEBELLO

Le premesse e l’inizio sono da incubo. Il Biancavilla ci ha fatto fuori in coppa, è passato da Pidatella a Mascara, un ex ma anche del Catania che ci espugna con la castagna assurda. Pensi alla rete di Marcellino, altra botta ma non della domenica e ci si mette pure Crivello, col Palermo che va subito sotto. Poi, nel giro di appena un minuto, la si ribalta, con Ricciardo e Santana e ci è andata buona. Inizio pirotecnico: il pallottoliere è pronto ed invece è finita. Tutto qui, o quasi. Perché la prima frazione si conferma frizzante, lasciando la sensazione che ancora qualcosa di interessante possa accadere. La ripresa, invece, lascia a desiderare, ma non è stato un male. Le acque si son calmate, le bandiere ammainate ed il Palermo cala il settebello. Più sei dalla seconda: se non è fuga, poco ci manca.
Dario Romano
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L’OTTOVOLANTE

La rete di Maltese ed il Licata ci spaventa. Ma al Barbera, per gli ospiti, è inutile volare troppo con la fantasia. Le ali le spiegano i Rosanero, che rispondono da par loro. Felici da posizione defilata, Santana a modo suo, con un bel pallonetto. Ed ecco il trionfo numero otto. Non si ferma più, questo Palermo, neanche quando non si parte col piede giusto. Si prende lo schiaffo e risponde col pugno, come aspettasse la sveglia. Ci sta bene così, alla faccia del bel gioco che, a queste latitudini, latita. Non potrebbe essere altrimenti, mentre è ben più probabile che il campionato si riveli una passeggiata, se si continua di questo passo. Rosario Pergolizzi, come sappiamo, si ritrova, suo malgrado, con le stampelle. Ma nulla gli impedisce di saltare, su quell’Ottovolante. Ne ha ben donde.
Dario Romano
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‘NOLA’ SINFONIA

Basta vincere, piuttosto che convincere. La ragione, è sempre dalla parte di Pergolizzi. Non piace, il Palermo che arriva a nove. Ci avrei messo la firma a prescindere. Una formazione riveduta ma non corretta, ha la meglio contro un Nola che si arrende soltanto quando a Lancini riesce quel che non riesce a Sforzini e a regalarci tre punti. Fuori Martinelli e Ricciardo, un lusso che soltanto il nostro Rosario, può permettersi. Le azzecca tutte, rischiando anche grosso, quando i padroni di casa, ad inizio ripresa, sfiorano il colpaccio. Poi la rete del difensore Rosanero ed il fattaccio. L’espulsione di Catavese è il segnale della resa. Ci ha provato, la formazione di Esposito, ma l’impresa è sempre dalla parte rosa. La capolista è sempre più indiscussa, ma è messa altrettanto in discussione. A pensar male spesso ci si azzecca: chi vuol la testa dell’allenatore, pecca. Di un peccato capitale.
Dario Romano
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LA DECIMA

Punteggio tennistico, per festeggiare la decima vittoria consecutiva. Un record di cui avrei fatto volentieri a meno: si tratta, pur sempre, di SERIE D. Quel che conta, sono i punti in cascina. Di questo passo, l’inferno sarà solo di passaggio. Più nove dal Troina: la capolista vi saluta. La vittima del Palermo, stavolta, è il malcapitato Corigliano: una gita al Barbera val bene l’imbarcata. Tre reti per tempo, due di Ricciardo, a segno anche Sforzini e Ficarrotta. Che la sblocca già al sesto minuto. Dice che ha rubato i segreti a Del Piero e fa il Pinturicchio: buon per lui, anche per noi. Anche il centrocampo contribuisce al bottino, con le realizzazioni di Martin e Martinelli. E dire che Rosario Pergolizzi, per molti, è da gogna. Vergogna: cosa dobbiamo rimproverargli. Che ci sta portando in SERIE C in carrozza. Questa è la realtà. Vi piaccia o, altrimenti, fateci il piacere.
Dario Romano
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PRIMA O POI

Doveva arrivare, la prima sconfitta stagionale. Ad opera di una squadra tosta e ben organizzata. Non è stato il classico incidente di percorso. Abbiamo assistito ad una gara da categoria superiore, dove i dettagli fanno la differenza e la forza conta. Il Savoia si avvicina e non spaventa, ma attenzione: questo è un avversario da prendere in considerazione. Il complesso di Parlato suona bene, con tanto di campanelli d’allarme che si fanno squilli. Il primo, arriva col rosso a Ficarrotta. Un’ingenuità colossale: uomo in meno ed ospiti ulteriormente rinvigoriti. Pochi minuti e arriva la rete di Diakité. Difficile, se non impossibile, riuscire a rimediare. Il valore di questi tre punti, si avverte al triplice fischio finale: la panchina dei campani è incontenibile. Si fermano a dieci, le vittorie consecutive dei Rosanero. Che perdono in un sol colpo l’imbattibilità generale e casalinga. Si spera, almeno, che abbiano imparato la lezione. Mai mollare, anche sui nervi. Senza quell’episodio, un pareggio tutto sommato giusto avrebbe accontentato entrambe le compagini. Ma dobbiamo farcene una ragione: non potevamo vincerle tutte. Dal boato per un goal annullato a Ricciardo nel primo tempo, all’esultanza di una panca. Palermo-Savoia è anche tutta qui.
Dario Romano
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REAZIONE NULLA

Si potrebbe parlare, senza esagerare, di crisi. Dopo la decima, una sconfitta casalinga ed un pari a reti bianche, contro il fanalino di coda, in trasferta. Beh, non sarebbe azzardato. Un solo goal subito, ma anche zero realizzazioni. Ma non è soltanto l’attacco, ad essersi fermato. Sta arrancando, il Palermo. Che tuttavia, a Palmi, ha mostrato il rovescio della sua stessa medaglia, quella che fino a due gare or sono luccicava splendidamente. Perché ci può anche stare, un pari contro una Palmese qualunque. Ma la classifica ci mostra una testa contro una coda lontana lontana. E allora bastava poco, per avere la meglio. Spettacolo indecoroso anche sugli spalti, dove i nostri ‘tifosi’ se le danno di santa ragione. Un film già visto, ai tempi della serie cadetta e sempre lontano dal Barbera. Qualcosa non va, tra i nostri supporters organizzati. Come per gli stessi Rosanero, davvero volitivi soltanto nella seconda frazione e comunque più convinti soprattutto nel finale, quando era già troppo tardi. Ci si aspettava un’altra reazione. Invece, solo un punto per ripartire: fa strano, dopo le famose dieci vittorie consecutive.
Dario Romano
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FELICI E CONTENTI

Due partite, per riprendere la retta via. Il pari di Palmi, ha lasciato il segno, più della sconfitta casalinga contro il Savoia. Perché, prima o poi, doveva capitare, di capitolare. Ma perseverare, mostrando scarsa vena con un avversario alla portata, rasenta il diabolico. E contro l’ACR Messina, nell’ennesimo e non ultimo derby siculo, il Palermo si riscopre satanasso. Un assedio progettato, con il risultato auspicato: tutti Felici e contenti. Mattia è la scheggia impazzita ed incontenibile del match: atterrato da Avella, chiede vanamente una sanzione che non avviene. La traversa colta precedentemente da Kraja è l’altro segnale, ma si chiude la prima frazione a reti inviolate. Occhio al contropiede, mentre i minuti passano. Poi, arriva la botta: di destro, dal limite dell’area. Finalmente, il boato è soltanto Rosanero. Grande prestazione del biondino, ma un’occhiata ai numeri è doverosa: dopo l’abbuffata col Corigliano, l’attacco risulta vano. A sorreggerci, il talento: che da Santana a Ficarrotta, fino allo stesso Mattia, nel Palermo, abbonda. Per la categoria, è tanta manna.
Dario Romano
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L’INSIDIA

Non cascarci nuovamente. Tenere a mente che l’insidia è dietro l’angolo, anche se sei più forte. La Palmese, insegna. E contro il Giugliano, il Palermo tiene alta la concentrazione e non cade in tentazione. La squadra di Agovino ha delle buone individualità e resta compatta, corta. Pronta a colpire, sfruttando ogni minimo errore. Pergolizzi ne è cosciente: lascia ancora Ricciardo in panca e gioca senza punta. Illumina Santana, con Felici pronto a ferire. Il morso arriva puntuale: è il suo momento. Chi l’avrebbe detto: anche in queste categorie, il falso nueve morde. Mattia si avventa dove Mola stenta e lo mette dentro, quel pallone vagante. Anche l’opportunismo, paga. E ci regala tre punti fondamentali. Perché si è ripreso a correre, dopo due passi falsi da campanello d’allarme. Squilla, questo Palermo: non bello, ma cinico e spietato. Pronto alla pugna, testimoniata dal cartellino che abbonda. Si lotta, almeno. Di questi tempi, non chiediamo altro.
Dario Romano
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LA SOFFERENZA

E sono due. Quando al Barbera cala la grande, il Palermo diviene piccolo piccolo. Il prezzo da pagare, per una squadra costruita in fretta e furia ma comunque ben amalgamata, come dimostra il filotto impressionante delle dieci vittorie consecutive dal debutto. Tuttavia, due confronti diretti in casa contro le avversarie più quotate o comunque più attrezzate del girone, mostrano come nulla è già scritto. La promozione, ovviamente più che alla portata, è tutta da guadagnare. E da sudare, come ci insegnano il Savoia e l’Acireale: che sofferenza. Centrocampo foltissimo per gli ospiti di Pagana, che prendono in mano le redini del gioco e la chiudono quando sembrava riaperta. Vana la rete di Kraja, con l’espulsione di Lancini che lascia i Rosanero in dieci ed ulteriormente scoperti per l’assalto finale. Non è girata bene, al nostro Pergolizzi, che lascia Ricciardo ancora in panca e lo getta nella mischia soltanto per l’infortunio di Santana: l’argentino rischia un lungo stop e ci mancava anche questo. Basterà fare i grandi con le piccole e soffrire con le grandi!? Può essere, ma per vincere bisogna buttarla dentro e lo score del Palermo si è abbassato in maniera preoccupante. Le avversarie si avvicinano: un altro filotto, sarebbe provvidenziale. Siamo sotto e senza attacco. Bomber, batti un colpo.
Dario Romano
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BOCCATA D’OSSIGENO

Invocato e materializzato. Torna al goal, il bomber, anche se soltanto dagli undici metri. Può bastare, per tre punti incamerare e per tenere a distanza quel Savoia sempre più protagonista. I campani son vicini, ma se il Palermo torna quello di inizio stagione, non sentirà più di tanto il loro fiato sul collo. Ad oggi, i concorrenti sembrano più in forma, rispetto ad una squadra che arranca e si è scoperta meno forte rispetto alla fase iniziale del torneo. La sensazione è che occorrano i dovuti innesti, per una rosa falcidiata da assenze pesanti, quelle di Santana e Sforzini su tutte. Intanto, ecco una boccata d’ossigeno. Contro il Castrovillari, la si spunta per un’intuizione felice di Mattia Felici. Crede su quel pallone, lo fa suo e subisce il fallo in area di rigore. L’occasione, per Ricciardo, era troppo importante: si sblocca, il cannoniere, che aveva bisogno di veder gonfiare la rete come tutta la banda Rosanero, popolo compreso. Al Barbera, arriva l’ennesimo derby, contro quel Troina che ai più dice poco, ma del gruppo la prossima compagine ospite rappresenta una delle più attrezzate. Attenzione, abbiamo visto com’è andata a finire, contro i campani stessi e l’Acireale. Occorre una prova di forza, alla chiusura del girone d’andata, per tornare a fare la voce grossa.
Dario Romano
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LO SPRECO

Si chiude così il girone d’andata: con un pari e due punti buttati al vento. Due rigori sprecati, da coloro che il goal lo avrebbero nel sangue. Ma l’anemia, ormai, nel Palermo è di casa. Ricciardo e Sforzini che non vanno a referto e quindi al Barbera la vittoria si fa chimera. Si rischia anche di peggio, perché il Troina ha finito col crederci, rischiando anche di rimetterci le penne a pochi secondi dal fischio finale. E dire che ‘il Tagliagole’ era appena entrato: fresco, ma ancora freddo nei muscoli e non nella testa. Pergolizzi ha provato anche la carta Rizzo Pinna, ma non era questa la pugna giusta per il giovane talento, finito troppo spesso dietro la lavagna. La reprimenda non risparmia il resto della rosa: dopo un inizio col botto, adesso si arranca ed il Savoia si fa sotto. Meno tre è una distanza troppo corta. Non me lo aspettavo, visto il vantaggio incamerato, ma i Rosanero pagano il deficit nei confronti diretti, la crescita dell’avversaria più organizzata e la crisi del reparto avanzato. Il rimedio, è alla portata: forze fresche, altrimenti l’affanno ci metterà poco, a trasformarsi in paura. I fischi che abbiamo sentito indicano anche questo. Nel girone di ritorno, bisogna cambiare passo: perché ce la giocheremo, più che altro, fuori casa. E la paura fa novanta, come i minuti e passa che ci attendono partita dopo partita. Anche il tifo, dopo tanto spreco, sente il fiato sul collo.
Dario Romano
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IL RITORNO

Si comincia bene, con una vittoria sofferta e tre punti nel carniere. Sorride anche lo score, con tre reti tutte in una volta, come la manna venuta a mancare. Non mancano ancora gli undici metri, decisivi da entrambe le parti e con Pergolizzi che finisce con le mani in quei capelli che non ha. Stavolta trasforma Mauri, tra i più positivi in campo. Ma, nella ripresa, il Marsala ci restituisce la pariglia dal dischetto ed il pari e patta. Stavolta, nei capelli ci finiscono le mani di tutti. Passano i minuti e vediamo le streghe. Poi, la svolta, dalla panca. Entrano Langella ed il giovane Silipo, solo omonimo dell’ex Rosanero Fausto. Andrea, di proprietà giallorossa, porta nuova linfa ed una rete da manuale, a chiudere il match dopo la provvidenziale del nuovo vantaggio. Sarebbe bello, ripetere nel girone quanto fatto all’andata: dieci vittorie consecutive, a tener lontano quel Savoia che proprio non molla. Sono in forma, i campani. Indecifrabili, i nostrani. Si ha la sensazione che nel Palermo certe sconfitte abbiano lasciato il segno. Da cancellare, col ricordare come tutto era iniziato: proprio col Marsala, dai fatidici undici metri. E con Ricciardo: il bomber che vorremmo ritrovato, nel girone di ritorno appena iniziato.
Dario Romano
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DOCCIA FREDDA

L’uomo della provvidenza, Christian Langella. Determinante anche contro il Marsala al Barbera, ci mette anche qui la firma ma non basta. La sbloccava ad inizio ripresa e la strada sembrava in discesa. Col debutto di Roberto Floriano a fare da contorno gustoso e speranzoso. Poi, la gelata. Una doccia fredda a pochi minuti dallo scadere, questa rete di testa di Alleruzzo che trafigge Pelagotti e manda in barca i nostri sogni. Per tenere il passo e l’avversaria diretta a debita distanza. Sarebbe stato un segnale importante, visto l’impegno dei campani di domani. Difficile che manchino all’appuntamento con la vittoria: li vedo già ad un punto appena. L’aspetto più preoccupante non è soltanto la classifica che si accorcia pericolosamente. Diciamolo francamente: onore al San Tommaso che ci ha creduto, ma questi avversari, soprattutto ad inizio campionato, il Palermo li batteva anche quando davano il massimo. Un blocco psicologico, quindi, per gli uomini di Pergolizzi. Che devono ritrovarsi e credere nei propri mezzi, aiutati dalle fresche leve come Silipo e Langella e dall’esperienza dei vari Crivello, Martin e lo stesso Floriano. Al servizio dei due bomber perduti: Ricciardo e Sforzini. Servono le loro reti: una pioggia, non più una doccia fredda.
Dario Romano
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LA FRECCIA

Un calcio alla paura. Le notizie che arrivano dal Barbera e dalla Campania scacciano i fantasmi e restituiscono fiducia. Il futuro, in questo campionato, è più rosa che nero. Ancora una volta, è il dischetto a chiudere il cerchio: rigore in curva per il Roccella, nel sacco per Floriano, che risulta decisivo nel procurare l’occasione dagli undici metri e quindi trasformarla di giustezza. Il pari del Savoia contro il Marina di Ragusa la ciliegina sulla torta: divisa in cinque porzioni, tanti quanti i punti di vantaggio. Il Palermo mette la freccia e saluta, con la svolta più che salutare di un modulo rivoluzionato e l’aggiunta di forze fresche, giovani ed esperte. Impressiona Silipo per la qualità, utile nei minuti finali, quando gli avversari son sfiancati. Le prove opache delle punte vengono mascherate dagli uomini con caratteristiche offensive, che in rosa abbondano. Come i frequenti falli in area, che ci consentono almeno l’opportunità dagli undici metri. Stavolta la scampiamo e la mettiamo. Meritatamente, poiché il match ha visto un Palermo con un buon fraseggio e padrone del campo. Risultato un po’ stretto, ma si è rischiato di andare sotto e di vedere tutt’altro spartito. Meno fiato sul collo, un calendario alla portata e, dopo la freccia, una bella accelerata.
Dario Romano
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TUTTO IMMUTATO

Tre punti fondamentali, che consentono al Palermo di mantenere le distanze. Vince anche il Savoia, osservata sempre più speciale poiché ci avviciniamo alla fase decisiva del campionato. Un passo falso, a questo punto, potrebbe risultare fatale ad entrambe le pretendenti per la promozione. Resta tutto immutato, ma a dire il vero una novità c’è: ecco che torna a referto la punta, nello specifico Ferdinando Sforzini, quell’omone dal soprannome che non mi fa di certo impazzire. Tuttavia, ci fa gioire, rilasciando anche un buon segnale: il contributo del reparto avanzato, spesso a digiuno, che resta fondamentale. Tiene bene il campo, il Palermo, su un terreno di gioco troppo ‘duro’ che falsa i rimbalzi di una sfera che a tratti sembrava del tutto impazzita. Abbiamo visto di peggio, quest’anno: magra consolazione. La sospirata realizzazione del centravanti arriva ad inizio ripresa e sopisce le velleità di un Marina di Ragusa volenteroso e giudizioso. E speranzoso di agguantare il pari fino all’ultimo: i fantasmi li abbiamo già visti, ma stavolta ci siamo risparmiati le streghe e la doccia fredda.
Dario Romano
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UNA IN MENO

Vittoria per entrambe, ancora una volta. Tutto immutato, ma con il centravanti ritrovato ed una gara in meno da disputare. La strada è ancora lunga, ma questo Palermo che trova una rete per tempo e resiste stoicamente alla veemente reazione avversaria, ha dimostrato che non è in affanno. Era questo il pensiero che ci attanagliava, viste le recenti prestazioni ed i punti persi che hanno permesso ad uno scatenato Savoia di ridurre le distanze. Una ribattuta su una parata e l’invito a nozze da parte del subentrato Ficarrotta, permettono a Sforzini di realizzare una doppietta che, a questo punto, muterà le gerarchie. Dispiace per Ricciardo, ma la punta indiscussa dei Rosanero, in questo momento, è indubbiamente ‘il Tagliagole’. Notevole anche l’apporto del fantasista, che ha aiutato i compagni nel momento più difficile, spaventando un Messina mai domo fino all’acuto finale a spegnerne ogni velleità. Un’altra risorsa preziosa per Pergolizzi, che si aggiudica l’ennesimo derby e ringrazia per la tanta abbondanza. A turno, ci si mette in luce a rotazione e a togliere le castagne dal fuoco, si fa a cambio: il sogno, per ogni allenatore.
Dario Romano
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GARA CHIAVE

Partite come questa restano nella storia, anche nel piccolo mondo del calcio minore. Succede di tutto, a Cittanova: sei reti, due rigori, l’espulsione di Lancini nel finale e ben otto minuti di recupero, con tanto di botto. I fuochi d’artificio vengono legittimati dal pari del Savoia: siamo a più sette. Picciotti, qui si va davvero in fuga. Ha rischiato non poco, tuttavia, il Palermo, andato sotto e poi maramaldo. Gli uomini di Pergolizzi ribaltano la Cittanovese andata subito in vantaggio e subiscono il pareggio nel momento apparentemente topico. Ma dicevamo, poco tempo or sono, del cambio tra i protagonisti: stavolta tocca a Floriano, determinante per due volte, tanto quanto la rete di Peretti. Si passa in dieci, con l’acuto del quarto goal a scacciare le paure: non si può mai sapere. Esultanze d’altri tempi, compreso un Mirri più che raggiante: ne ha ben donde. Tuttavia le preoccupazioni restano, ma per motivi che travalicano lo sport. Abbiamo un nuovo nemico da affrontare, anche dopo una gara chiave che ci sorride: si chiama Coronavirus.
Dario Romano
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DALLA PANCA

Temevo il Biancavilla, dove in panchina alberga Beppe Mascara, un ex col piede avvelenato: ricordi di un derby tra i più assurdi. La formazione etnea ci ha eliminato in coppa, ma tra andata e ritorno rende sei punti. Il risultato non inganni più di tanto, poiché non è stato facile spuntarla. Con Ricciardo ancora relegato, tra una condizione non ancora al meglio ed un compagno di reparto tirato a lucido e col piede caldo, ci si aspetta che a buttarla dentro ci pensi il nuovo ‘segna sempre lui’. Ed invece le reti non arrivano da Sforzini ma dai subentrati: nel Palermo, la panca canta. La musica per le nostre orecchie è tutta opera di Andrea Silipo, che la mette alla Dybala e fornisce l’assist a Lorenzo Lucca. Un lungagnone molto interessante, che potrebbe rinverdire i fasti di Luca Toni. L’ho sparata grossa, ma ciò che più conta sono i numeri di un giovane talentuoso che spacca la partita come fanno i veri campioni e la scoperta di un altro centravanti che può tornare utile. Si rimane a più sette, ad una distanza di relativa sicurezza. Cinque vittorie consecutive: il Palermo di Pergolizzi ha fatto anche di meglio, a dimostrazione del fatto che questo campionato ha un solo padrone. Matematica permettendo e ci mancherebbe altro. Buone nuove, dal Barbera, mentre tutto intorno si respira un’aria pesante: i numeri riguardo al virus destano preoccupazione. Non sentiamoci invincibili: facciamo attenzione.
Dario Romano
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MEA CULPA

Una sconfitta indolore, dal momento che cade anche il Savoia. Reduce proprio dall’aver strapazzato il buon Licata ammirato al Dino Liotta. Ogni partita ha la sua storia e la vittoria dei padroni di casa la dice lunga: per il Palermo, imbattuto da un bel po’, s’interrompe anche la striscia delle nuove vittorie consecutive, fermate a cinque. Realizzare un filotto come all’andata, adesso risulta impossibile. Più realizzabile l’obiettivo finale, sempre più alla portata. A Licata, Pergolizzi recita il mea culpa: mischia le carte, ma dal mazzo non pesca il jolly. Se lo gioca nella ripresa, ma quello che non ti aspetti. Non Ricciardo, ormai davvero un oggetto misterioso, non Sforzini, da uomo della provvidenza ad una strana assenza: ma sceglie Lucca, nel tentativo di sfruttare almeno le palle alte. Sotto di un goal, i Rosanero hanno la palla buona con Floriano ma i miracoli, nel calcio, sono anche disgrazie altrui. Ci si mettono pure i legni, a sintetizzare una giornata storta. Ciliegina di una torta a noi indigesta, la stecca di Lancini: per Convitto, la rete del raddoppio è un gioco da ragazzi. I guai, purtroppo, non finiscono mica qui: parliamo di quelli seri. Questo torneo, giungerà a conclusione!? Resta anche da vedere con quale soluzione: il dubbio, è lecito.
Dario Romano
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QUESTA È STORIA

Si conclude qui, il campionato della seconda rinascita. Anche stavolta è promozione al primo tentativo, ma più che sorridere viene da piangere. Non era mai successo e ci è andata pure bene. Il Palermo chiude a più sette dal Savoia mai domo e festeggia il ritorno anticipato tra i professionisti per motivi che purtroppo non hanno nulla a che vedere con lo sport. Siamo in emergenza: anche il calcio è costretto ad arrendersi. Ebbene sì: questa è storia. Gli ulteriori commenti, sull’esito di un torneo che ci vedeva in vantaggio ma pur sempre in bilico (il calendario non scherzava affatto), li dirotto al tabellone finale. Riguardo la gara al cospetto del Nola, il Palermo cancella la disfatta di Licata e cala il poker: è tripletta per un Floriano in gran spolvero, che si rende protagonista anche per la rete che la sblocca: Felici ringrazia contento. Pergolizzi rispolvera tutto l’attacco, compreso Ricciardo, ma le gioie arrivano dai trequartisti. Tanta qualità, nel reparto a supporto delle punte: è uno dei motivi di un successo ben programmato. Ma attenzione: questa squadra non è male, ma i ritocchi son da fare. Godiamoci la promozione, intanto. Visto il male invisibile che aleggia intorno. A fare novanta, non saranno più i minuti di una partita: ma la paura che avanza. Brindate, ma a casa restate: un augurio ed una raccomandazione.
Dario Romano
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