
Appartiene alla categoria dei giocatori a torto dimenticati, ma Héctor Pedro Scarone era soprattutto e non a torto un autentico fuori categoria. Semplicemente, un fuoriclasse. Lo stesso Meazza, suo compagno d’attacco all’Ambrosiana, lo definì il miglior giocatore del mondo. Chi mastica calcio, ricorda El mago accosciato nella foto che ritrae la Celeste Campione del Mondo 1930 al Centenario di Montevideo. Probabilmente, allora Scarone aveva già dato il meglio di sé. Sicuramente, aveva ancora da dare, poiché l’ultimo match ufficiale in Uruguay lo vede in campo a 55 anni suonati.
El Gardel del Fútbol oltre che Mago, si portava dietro anche un terzo ma non ultimo apelido: era soprattutto La Borelli. Sintetizzando i tre soprannomi: un giocoliere che balla, ti fa sballare e si può arrabbiare.
È permaloso, proprio come la diva del cinema. Ma Scarone è anche un vincente campione. Fa incetta di trofei in nazionale e con la maglia bianca del Nacional. Con i Bolsos, in patria, la sua parabola è egemonia e anche tragedia. Il suicidio di Abdón Ponte non lo sfiora: piuttosto, colpisce lui e tutto il mondo Tricolores (oltre il bianco, c’è di più: rosso e blu). Non siamo ancora al professionismo, non si guadagnano cifre da capogiro, eppure il fútbol in Sudamerica è già cosa seria, oltre che giusta. Attecchisce sui cuori e sugli umori: ti tira su che è un piacere, ma può portarti giù che è un dispiacere. Ma negli anni che precedono la seconda guerra, in Uruguay si sta spesso in vetta. Arrivano l’Oro alle Olimpiadi di Parigi e Amsterdam nel ’24 e nel ’28, quattro affermazioni in COPA AMÉRICA, idem per la LIPTON CUP (da non confondere con il trofeo celebre nel sud Italia: la competizione è antesignana della Rimet).
Héctor ci ha preso gusto: vuole vincere anche altrove.
Dura poco l’esperienza al Barcelona: vogliono ricoprirlo d’oro, ma Amsterdam ’28 è alle porte. Sbarrate ai professionisti. Per dire: la gloria al primo posto, la fame non fa arrosto. Nove gare e otto reti possono bastare, per la COPA DEL REY conquistare. Col Nacional si torna pure a segnare (porta lo score da 108 a 137, chiuderà in seguito a 153) ed in Europa si può tornare. All’Ambrosiana eroe puoi diventare: malconcio, tormentato dagli infortuni, Garibaldi (i soprannomi abbondano) realizza una doppietta alla Lazio con il volto tumefatto. L’esperienza più longeva la vive in Rosanero: è proprio il nuovo eroe dei due mondi. Con il Palermo, due salvezze e 11 reti a referto.
Se nel nuovo millennio al Barbera ci si lustra gli occhi con Miccoli e Pastore, per il secolo alla Favorita le palme vanno a Vernazza e a questo signore. Che si regala un’altra soddisfazione: sedersi sulla panchina del Real Madrid, anche se per una sola stagione.
Il campione ha passato il testimone. La Celeste ne abbonda a iosa.
Non è solo un caso: arriva il Maracanazo.
Dario Romano
ILPALERMO.NET