UN GIOCO SEMPLICE

CANGINI E DI CARLO

Domenico Di Carlo arriva al Palermo nell’anno della rinascita. Resta per tre stagioni, lasciando i rosa per Vicenza: proprio in Veneto, arriveranno le maggiori soddisfazioni di una carriera onesta. Non solo una vita da mediano: c’è anche di più. Perché Mimmo, quando occorre, veste i panni del centrale. Lo abbiamo conosciuto così, nei campi polverosi della quarta e terza serie, compresi i terreni spelacchiati del Provinciale di Trapani e di una Favorita che si stava rifacendo il look: gli anni ottanta del nostro calcio, si chiudono con la rassegna iridata che ci riserverà le notti magiche. Ed un Palermo che ci prova, ma non ci riesce: per l’agognato ritorno in cadetteria, bisognava pazientare ancora un po’: giusto un annetto. Nativo di Cassino, in Provincia di Frosinone, Di Carlo si segnala per la correttezza, l’impegno profuso, il vizietto di qualche goal e quella parola che non è mai fuori posto. Un professionista esemplare, innamorato del pallone e di un mondo che continua a frequentare in prima fila: un posto in panca, non glielo si nega. Vent’anni al nord, senza un exploit e qualche flop di troppo: adesso è fermo, ma io ce lo vedo, al timone del Palermo. Dove adesso siede Silvio, che proprio a Mimmo, a bordo campo, ha riservato un bel calcione laddove non batte il sole e, per fortuna, meno duole. Incidenti di percorso: nel suo ruolo da giocatore, il laziale le avrà date e prese altrettanto. Silvio, invece, lo sa bene: per il fattaccio di quel giorno, non basterebbero neanche le scuse. Chiusa parentesi, si riapre il sipario. Nella foto, a portar palla non è un regista, ma un attaccante di quelli vecchio stampo. All’anagrafe, è Cangini Sandro. Un panzer come quelli belli di una volta: l’andamento è lento, ma che portento. Sarà che il calcio di una volta ti resta nelle ossa, ma con un centravanti così, mi son sentito sempre più tranquillo. L’area avversaria la voglio vedere messa a ferro e fuoco, con un carrarmato pronto a spaccare tutto. Il cross giusto e ci pensa il virgulto di turno. Cangini non va a referto spesso: tutt’altro. Undici reti in due stagioni fanno storcere il naso, più che strabuzzare gli occhi. Però mi si sloga la mascella, quando Massimiliano Favo chiude il triangolo e lo mette comodo comodo, a due passi da una porta difesa dal malcapitato portiere del malcapitato Catania di turno: che spettacolo e che boato. La sua annata d’oro era stata alla Vis Pesaro: in Sicilia, soltanto gli ultimi colpi di un certo rilievo. Sandro non avrà mai dimenticato la sensazione del Rosanero addosso. In un periodo dove il calcio era diverso e bastava poco, per affezionarsi ad un giocatore che non avrà reso come aspettato, ma che qualche gioia ti ha lo stesso regalato. Negli anni del tiki taka, delle squadre racchiuse in un fazzoletto, della corsa prima di tutto ed al diavolo tutto il resto, mi resta questo scatto. A ricordarci come il calcio, in fondo in fondo, è e soprattutto era un gioco semplice. Johan Cruijff chiude il concetto da lui espresso in prima battuta e spesso rispolverato a buon proposito, aggiungendo un piccolo dettaglio: che ‘giocare un calcio semplice è la cosa più difficile.’ In effetti, che ci vuole. Sei un mediano, vedi che il centravanti porta palla. Potresti restare a guardare cosa succede, se è il caso devi farti trovare pronto a coprire. Ed invece, Mimmo prende fiato e scatta, come una molla. Sta esercitando la massima espressione che il ‘Profeta del goal’ ci ha lasciato in eredità: il Calcio totale. Tutti che sanno fare tutto. La cosiddetta sovrapposizione creerà superiorità numerica, spazio per sé o per il compagno. Che potrà liberarsi più facilmente al tiro o scegliere l’assist. Questa è mentalità offensiva, vincente. La summa, potete rivederla a ben altri livelli in quel di Upton Park, tempio purtroppo demolito degli Hammers. Dove il Palermo di Francesco Guidolin espugna il salotto londinese del West Ham United con una rete dell’AironeAndrea CaraccioloFábio Simplício soffia di forza il pallone a Benayoun, serve Aimo Diana che scambia con Mattia Cassani. Il terzino si è appunto sovrapposto: ha tolto un probabile controllore al compagno, che adesso è libero per metterla ‘in the box’, proprio come dicono da quelle parti. La sovrapposizione dell’esterno, nell’evolversi dell’azione, è stata determinante. Quel goal è anche frutto del caso, ma di uno schema studiato, figlio della mentalità vincente inculcata da un allenatore che lo era altrettanto. Vedere per credere: in fondo, è così facile. Come giocare a calcio: come ci insegnano Sandro e Mimmo in uno scatto che, ormai, ha fatto i suoi trent’anni. Ma trasuda ancora di calcio: quello semplice. Il più difficile.

Dario Romano
ILPALERMO.NET

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